Valentina Berengo e la poesia

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14 Dicembre 2023

 

Valentina Berengo, veneziana, scrive di narrativa su quotidiani e riviste online, tra cui «Il Foglio», «minima&moralia» e «Il Bo Live», magazine dell’Università di Padova. Laureata in Ingegneria nel 2006, ha ottenuto un dottorato in Ingegneria geotecnica nel 2010. Nel 2016 ha pubblicato con Cleup il volume di racconti L’incanto dentro. È giornalista professionista dal 2021.

 

·       Dopo quale percorso di studi, e assecondando quale inclinazione personale, è arrivata a occuparsi di giornalismo culturale?

Al liceo classico ho capito che l’umanesimo è la mia dimensione interiore: ho iniziato allora a subire la fascinazione del mondo greco antico, dal mito alla tragedia. Quando, nel mezzo di un lutto emotivo molto grosso, cercavo qualcosa che potesse darmi un po’di sollievo, ricordo di essere salita su un treno per Firenze diretta a Palazzo Strozzi dove c’era una mostra sul Verrocchio e di aver respirato per qualche ora. Certo, sono laureata e ho un dottorato in ingegneria geotecnica: la matematica è un linguaggio che tutti dovrebbero poter parlare, e la pratica dell’ingegneria mi ha mostrato che c’è chi riesce ad abitare il mondo senza sentire il bisogno di speculare sull’interiorità umana. Ma non io: la letteratura è per me una chiave di accesso al senso dell’esistere, quindi a trent’anni ho deciso che la lettura e la scrittura, che coltivavo da sempre, sarebbero dovute diventare il mio lavoro. Ho iniziato così la gavetta nel mondo editoriale. Ho inventato progetti di diffusione del libro, rassegne letterarie, lavorato in redazione e all’ufficio stampa per due case editrici, iniziato a presentare autori in libreria e contemporaneamente a scrivere di narrativa sui giornali: ci ho messo un po’ a decidere di prendere il tesserino, ma credo che, a un certo punto, far coincidere il titolo con il mestiere possa aiutare – quantomeno gli altri – a capire chi sei. La domanda: “Che lavoro fai?” mi mette ancora in crisi, perché mi occupo di molte cose diverse, anche se tutte in ambito editoriale, ma la risposta: “Sono una giornalista culturale” è quella che ne comprende la massima parte.

·       Quali iniziative e progetti ha ideato e vorrebbe perseguire, sempre in ambito culturale ed editoriale?

Ho iniziato con un progetto di consigli di lettura in radio, Personal Book Shopper: dimmi chi sei e ti dirò cosa leggere, che segue l’adagio secondo cui ogni libro ha il suo lettore ed è importante che libro e lettore si incontrino nel momento giusto, filosofia che oggi sviluppo con il gruppo di lettura che coordino da anni alla Feltrinelli di Padova; mi batto per divulgare l’idea che non ci sia conflitto tra il sapere umanistico e quello scientifico-tecnico con una rassegna che ho fatto nascere a Padova e ora vive a Torino: L’anima cólta dell’ingegnere, e dal lockdown in avanti “porto” scrittori e scrittrici nelle case di chi ama leggere con Scrittori a domicilio, un canale online di presentazioni di libri. Poi organizzo rassegne per le Biblioteche, sono la editor di una collana di saggi divulgativi per il giornale dell’Università di Padova, e ho in animo di continuare a fare tutto questo, senza smettere di presentare autori e scrivere di libri, ma anche di ampliare l’orizzonte. La filiera del libro mi affascina tutta. È un settore complesso, sempre in sofferenza dal punto di vista economico, in cui le persone si muovono chiamate da una vocazione e da una punta di narcisismo. Voglio scandagliarlo ancora e fare del mio meglio per portare il mio contributo alla causa. Sto lavorando su un paio di progetti, ma per scaramanzia non dico ancora nulla. Incrocio le dita e continuo!

·       Nello spazio che i media dedicano ai libri, la poesia ha sempre un ruolo marginale. La diffidenza verso la forma poetica è dovuta a una scarsa diffusione, frequentazione ed educazione al testo letterario in versi, o al suo linguaggio non facilmente approcciabile? In che modo si può incoraggiarne la fruizione? Secondo la sua esperienza, i lettori di poesia in Italia sono in aumento, e in quale fascia d’età?

La forma poetica ha per sua natura una dose di ermetismo che credo chiami chi legge a mettere molto di proprio. Questo è il suo grande elemento di fascino, il suo segno di libertà, ma richiede allenamento e una certa disponibilità alla fatica intellettuale. In un mondo che abitua i fruitori a contenuti già interpretati da assimilare in modo quasi sostanzialmente passivo e molto immersivo e seriale, la poesia nella sua forma pura viene a essere penalizzata. Credo abbia a che fare, in certa misura, con la brevità, in una sorta di rapporto costi-benefici molto alto perché, un po’ come accade per i racconti, la fatica d’immergersi del testo viene a reiterarsi a ogni componimento, a ogni racconto, mentre nel romanzo, superate le prime cinquanta pagine, il processo di lettura è in discesa: conosco i personaggi, mi appassiono alla storia e vengo trascinato nella lettura senza quasi accorgermene. La poesia non ha come alleato l’arma più potente di cui dispone il romanzo: la trama. Anche chi ama sopra ogni altra cosa la lingua viene portato nelle spire della lettura di opere di narrativa dalla storia! Inoltre, c’è poco da fare: più si conosce ciò che esiste e più si apprezza ciò che di nuovo s’incontra, per rintracciare echi o anche, molto banalmente, comprendere il significato primo del testo, perché espresso in una forma “nota”. Lettori, di romanzi o di poesia, non lo si diventa a scuola, ma dopo: quando si intuisce quanto letteratura e poesia innervino la vita vissuta. A scuola però si impara come maneggiare quel materiale. I nuovi media offrono una possibilità inedita alla poesia e non al romanzo: la citazione. La poesia può essere diffusa “in pillole”. Certo, non in purezza, ma in questo modo, per frasi aforistiche, raggiunge il grande pubblico. Sui giornali le recensioni di sillogi sono molte meno di quelle dei romanzi perché i giornali hanno, oggi più di una volta, bisogno di coltivare i lettori e credo lo facciano, in parte, inseguendone i gusti (che, appunto, prevalentemente non si direzionano sulla poesia), ma su Instagram, per esempio – che pure è un social fatto d’immagini delle quali il testo è servo – la poesia trova spazio e like. I social danno spazio alle nicchie. Non ho dati a disposizione, ma direi, a intuito, che sì: i lettori di poesia stanno aumentando, anche perché nascono nuove case editrici che la pubblicano e che riscuotono successo (penso a Interno poesia o a Molesini Editore) ma non vorrei essere fuorviata dal fatto che io stessa negli ultimi anni ne leggo molta di più!

·       Le è capitato di intervistare poeti e poete, magari durante un festival o nel corso di una premiazione? Ha un ricordo particolare, un episodio simpatico, un’emozione suscitata dall’ascolto dei loro versi da raccontare?

Purtroppo solo due volte: centinaia e centinaia di romanzieri, e due soli poeti. Ma che poeti! Mariangela Gualtieri, online, che mi chiedeva di guardarla negli occhi (alle volte, mentre ascolto l’autore, ho la testa – letteralmente – nel libro, perché scelgo riferimenti, citazioni per offrirli alla domanda successiva) e mi sono emozionata sentendola recitare i suoi versi, e Imre Oravecz che, prima di ogni altra cosa, m’è sembrato profondamente umano.

·       Personalmente, lei legge poesia? Preferisce testi classici o contemporanei, italiani o stranieri?

La leggo, sì, e ancora con quella felicità della neofita: di chi non ha esagerato, non sa i retroscena, non conosce i trucchi del mestiere e può permettersi il lusso di seguire l’inclinazione e il momento. E si vede anche dalla varietà e dal disordine di ciò che leggo. Amo Szymborska, Gualtieri, Saffo, Saba, Tasso, Dickinson, Achmatova, Donne, Shakespeare, Hikmet, Merini e di recente mi sono innamorata di Alicia Gallienne, morta a vent’anni nel 1990, “scoperta” due anni fa in Francia da Gallimard e portata in Italia qualche mese fa da Molesini con la traduzione di Francesco Zambon. Quando leggo i poeti sento che sono, in qualche modo, baciati da Dio. Come sarebbe possibile, altrimenti, scrivere così a diciassette anni?

Ogni eloquenza del tuo cuore / Ti condurrà a ciò che Dio creò di più bello. / Il tuo viso ramificato extra-lucido / Sotto il vento degli alberi /  È certo già la vita che ricomincia. // Il mare sulla sabbia, / Posato come una conchiglia / E il tuo viso ancora su carta da lucido / Dietro la bruma delle acque, / È certo già uno sguardo nella notte. // Ma sempre la vita che fugge / Ma sempre la stessa immagine. / Ogni eloquenza del tuo cuore / Ti farà annegare / Nelle nuvole profonde / Dove si dimenano i pazzi. // Ma sempre la stessa immagine / Ma sempre la vita che fugge. // Non dimenticare che il mio amore rimane / Sulla neve del passato, / Sul vento degli alberi, / Sulla bruma delle acque, / Nelle nubi profonde, / In tutto ciò che mi ricorda l’eloquenza del tuo volto dimenticato. // È certo già la vita che ricomincia.”  Alicia Gallienne, 6 dicembre 1987

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Foto di copertina di Amleto Sartorato

 

 

 

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CAT: Letteratura

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