Odio di Daniele Rielli. I meccanismi tribali del nostro presente

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5 Ottobre 2020

Per capire il tempo in cui viviamo, abbiamo bisogno di pensieri nuovi, categorie nuove. Continuando ad usare quelle esauste del nostro passato, non arriveremo nemmeno a sfiorare l’essenza di ciò che stiamo attraversando. La frase che ho appena scritto è la premessa di ogni riflessione pubblica sul presente, tanto ribadita quanto disattesa.

Daniele Rielli nel suo Odio (Mondadori, 2020), invece, l’ha presa molto sul serio, e l’ha posta a base di un  un romanzo lungo, denso, riflessivo.

Il suo protagonista, Marco De Sanctis, ha grosso modo quarant’anni. Ha vissuto molte vite: accusato da giovane di un omicidio, incarcerato e poi assolto; laureato in filosofia; organizzatore di serate musicali; blogger; ghost writer e consigliere a stretto contatto con politica, terrazzi e generone romano; fondatore di startup di successo nell’ambito della previsione dei comportamenti in base all’analisi dei big data.

Tante esperienze diverse, che gli permettono di confrontarsi con fenomeni tecnologici e sociali nei quali siamo immersi ma che fatichiamo a decifrare, e dei quali, soprattutto, non abbiamo il coraggio di ammettere l’irreversibilità.

C’è una bella intervista rilasciata a Esquire in cui Rielli li riepiloga accuratamente, ma facciamolo anche qui.

Innanzi tutto, l’orizzontalità del dibattito nella sfera pubblica. E’ banale ripeterlo, ma i social media consentono a ciascuno di esprimere la propria opinione su tutto, e non c’è alcun tipo di autorevolezza che possa essere rivendicata. L’impiegato discute di politica estera, la cassiera di vaccini, l’idraulico di politiche fiscali. Il medico, ovviamente, si giudica esperto di clima. Io, che non ho alcun titolo, sto scrivendo la recensione di un romanzo. Online l’ignorante è misura di tutte le cose, dice Rielli: lapidario e spietato, ma indubbiamente realista.

Certo, va sottolineato, e Rielli lo fa, che accanto a questo asse spaziale che tutto appiattisce ne esiste un altro verticale, quello del potere e del denaro, che separa chi sta in alto e chi sta in basso. Un asse verticale lungo il quale, aggiungiamo noi, si sono delineati i conflitti populisti degli ultimi anni, lo scontro fra popolo ed élite. Uno scontro, a dirla tutta, un po’ bugiardo: i sedicenti difensori del popolo hanno individuato con cura le élite da combattere: i politici, gli esperti, gli intellettuali; il divario di ricchezza e di potere, al contrario, e stato quasi sempre ignorato, e forse non per caso.

Anche la pervasività della tecnologia, ovviamente, è un tema, forse quello principale, attorno a cui ruota il romanzo. Ed è significativo che quasi tutti i potenti incontrati da De Sanctis nel periodo trascorso nei palazzi romani siano incapaci di comprenderla, occupati come sono a mantenere le grandi o piccole posizioni di privilegio che sono riusciti a raggiungere.

Un vero peccato,  perché questa pigrizia intellettuale impedisce di cogliere quella che forse è la più definitiva, e inquietante, fra le scoperte di De Sanctis, ovvero che la raccolta e l’analisi dei dati disseminati da una persona nel corso delle sue attività online permette di tracciarne un profilo più preciso di quanto saprebbe fare lui stesso, di prevederne e in qualche modo di determinarne i comportamenti futuri con altissima probabilità di successo. Possiamo immaginare questa attività come una specie di psicoanalisi, automatica e senza lettino, che permette di accedere ai desideri e all’inconscio di una persona rivelandone la “verità”.

E lo stesso, in forma aggregata, per quanto riguarda la società nel suo complesso: una capacità di analisi e di previsione enormemente superiore a quella di qualsiasi lettura sociologica, antropologica o politica.

Questo tipo di osservazione della collettività peraltro, mette in evidenza i meccanismi tribali che scorrono sottopelle anche nel tempo nostro, e sono forse impossibili da superare per il genere umano. In particolare, accogliendo la lezione di René Girard, due di questi meccanismi sono particolarmente presenti: il desiderio mimetico, ovvero la tendenza di ogni essere umano a desiderare ciò che è desiderato dagli altri, o almeno dalla maggioranza degli altri; e il sacrificio del capro espiatorio, necessario per riportare l’ordine in una società rabbiosa e violenta, proprio a causa del desiderio mimetico, che spinge tutti a desiderare le stesse cose che, per ovvia conseguenza, diventano risorse scarse.

Insomma, Odio dipinge un mondo, il nostro, che ha dinamiche evolutive autonome e inarrestabili, verso le quali la conoscenza filosofica, sociale, religiosa politica accumulata nei secoli è cieca e impotente. “Enterthedistopianow”, del resto, è il nome del blog che De Sanctis ha gestito in una delle sue molte vite.

Speriamo, certo, che Rielli sia troppo pessimista, e si sia capaci di inventare un futuro meno plumbeo e deprimente. Ma il bisogno di sperare è un inganno che vive nel DNA umano, direbbe De Sanctis. E l’algoritmo sa individuarlo con millimetrica precisione, e trovare le risposte che ci placano.
E fotterci, in buona sostanza.

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CAT: Letteratura, relazioni

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