Cristina Battocletti: Pasolini tra temporali e primule

17 Ottobre 2015

Quale il rapporto tra Pasolini e la sua terra d’origine, il Friuli? Dopo l’intervista a Walter Siti abbiamo incontrato a Milano Cristina Battocletti, nata a Cividale del Friuli, autrice del libro intervista Figlio di nessuno con Boris Pahor. Il suo ultimo libro è La mantella del Diavolo (Bompiani, 2015): un romanzo sul ritorno alla terra d’origine – quella friulana – visto attraverso gli occhi di una giovane donna che ha slacciato ogni legame con la sua terra, salvo poi riscoprirli come tracce di una memoria ancora pulsante .

 

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In quale opera di Pier Paolo Pasolini riluce di più l’identità o meglio l’origine friulana?

Un lettore, digiuno del rapporto tra Pier Paolo Pasolini e il Friuli, può avvicinarsi a questo legame speciale del poeta con la terra materna con Un Paese di temporali e di primule, a cura del cugino e letterato Nico Naldini. Questo libro, recentemente ripubblicato da Guanda, raggruppa  scritti, poesie, riflessioni significative sull’identità linguistica e politica, le esperienze da insegnante, le emozioni che Pasolini trascrisse tra il 1945 e 1951, anni incisivi e a livello personale (per la sua formazione professionale e la maturità dell’orientamento sessuale) e storico. Questi brani sono commentati in maniera preziosa, affettuosa, lucida e alta da Nico Naldini.

Sono fondamentali le poesie in friulano e sul Friuli pubblicate nel 1942 con l’editore bolognese Libreria antiquaria, poi ricomprese ne La meglio gioventù, il romanzo Romans, ambientato nella bassa della regione, sui travagli di un giovane prete, e Il sogno di una cosa – inizialmente intitolato I giorni del lodo de Gasperi, poi La meglio gioventù, titolo migrato nelle poesie in friulano – in cui due ragazzi ancora della bassa friulana decidono di passare clandestinamente il confine per realizzare il sogno socialista, pentendosene subito amaramente.

Importante è anche l’opera teatrale, pubblicata postuma, Turcs tal Friûl, che riporta i dialoghi dei paesani sul portico di Casarsa nel 1499 aspettando l’approssimarsi del conquistatore turco. Un antenato di Pasolini, tale Zuane Colus, come segno di riconoscenza per lo scampato pericolo – i turchi si fermarono sul ponte prima di entrare nella cittadina, edificò la chiesa di San Rocco. Un dramma che rispecchia nell’insieme l’atmosfera funebre e luttuosa della seconda guerra mondiale, soprattutto l’orrore provocato dalle impiccagioni dei partigiani.

Va poi considerato che i genitori parlano in italiano a Pier Paolo e a suo fratello Guido e con i parenti, per distinguersi dal contado, in veneto. E solo di tanto in tanto Susanna, la madre, condisce la sua parlata con il friulano. Pier Paolo scrive i primi versi in friulano a Casarsa, dopo aver letto i provenzali e li manda agli amici di Bologna tra cui Luciano Serra. La prima poesia in friulano è il Nini Muàrt. “Fino ad allora non avevo alcun rapporto che non fosse fantastico con il Friuli. Ho dovuto studiare più freddamente la lingua poetica… Un Eden linguistico che mi si é dischiuso ai margini dell’italiano”. Legge Ermes da Colloredo, Pietro Zorutti, su cui innesta una polemica sulla lingua, Caterina da Percoto, che ama in modo particolare, perché romantica ma “impiantata su di una salute popolana”. Lo scambio vero sulle lenghe però è con la poetessa Novella Cantarutti. Il 18 febbraio del ‘45 fonda l’Academiuta di lenghe furlane in cui Pasolini si trova con amici e ciascuno legge i propri componimenti.

 

Il rapporto con la madre, quello con il fratello e la sua morte e quello con il PCI e la sua fuga dal Friuli. Quale è il rapporto tra Pasolini e la sua terra prima e dopo questi eventi? Come muta?

Pier Paolo avverte per la madre Susanna – secondo quanto riporta la preziosa biografia del cugino – un amore eccessivo, mostruoso. È ricambiato dalla madre che ha un’ammirazione totale per il primogenito, tanto che quando, durante la seconda guerra mondiale suona l’allarme per i bombardamenti, mentre le altre donne nei rifugi friulani si portano i rosari, Susanna trascina le valigie con i manoscritti del figlio.

Susanna è piccola, ha i capelli castani, ha molta cura di se stessa, Pier Paolo la guarda rapito mentre si prepara alla toeletta. È cattolica, non praticante, aliena dai sentimenti bigotti. Trasmette ai figli non tanto i valori cristiani, quanto la solidarietà nei confronti dei deboli, l’altruismo e la lealtà. È distante da ogni forma di fanatismo, è dolce ma combattiva, sempre al fianco del figlio, soprattutto quando è contestato. Conserva però anche una certa soggezione per l’autorità tipica dei friulani (sottanità), un conformismo e un obbedienza, di cui Pier Paolo fa fatica a disfarsi soprattutto nella scoperta dell’identità omosessuale. Susanna è oculata e gestisce lo stipendio del marito in modo che i figli possano godere di tutte le agiatezze. Pier Paolo ha tutti i libri che desidera , giocattoli, vestiti di buon taglio, una bici ultramoderna con il cambio.

Quando i Pasolini si trasferiscono definitivamente a Casarsa per sfuggire ai bombardamenti Guido è molto felice. Presto Guido inizia azioni di disturbo, molto coraggiose, contro i tedeschi. Presa la maturità scientifica va in Carnia per poi raggiungere la brigata partigiana Osoppo.  Guido muore durante la strage di Porzus, il 12 febbraio 1945, per mano dei partigiani comunisti. Non è presente nel momento dell’imboscata, ma torna indietro per aiutare i suoi compagni. Pier Paolo dirà del fratello:  “Non ha potuto sopravvivere al suo entusiasmo. Quel ragazzo è stato di una generosità e di un coraggio, di una innocenza che non posso credere. E’ tornato ad aiutare gli amici”. In una lettera al direttore del Mattino del popolo Pasolini spiega:  “Io non so affrontare quella difficoltà di infinito che protegge la vita di mio fratello Guido  e il suo volontario sacrificio, dalle nostre disordinate interpretazioni”.

 

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Il 28 gennaio del 1950 il cugino e amico Nico Naldini accompagna Pier Paolo e Susanna alla stazione di Casarsa. È notte e si salutano al buio. La destinazione è Roma. A metà ottobre del 1949, dopo la sagra di Ramuscello, tre ragazzi con cui Pasolini aveva avuto un incontro al buio litigano tra loro e si rinfacciano l’esperienza. Un paesano li ascolta e fa partire la denuncia ai carabinieri. A metà ottobre Pasolini è accusato di corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico. A denunciare non sono mai i parenti dei ragazzi abusati e anche un onorevole democristiano, su spinta dei parenti, si reca dal vescovo di Portogruaro per sostenere il poeta. I genitori della scuola media di Valvasone, dove Pasolini insegna Lettere dal primo ottobre del ‘47, firmano un appello per non farlo allontanare dalla scuola.

A dargli contro è  un certo mondo della politica che teme la sua abilità oratoria e il suo ascendente sulla gente più umile. Nel 48 dopo il grande sciopero contadino della bassa friulana per l’applicazione del beneficio di guerra (assicurazione dei disoccupati) – con occupazione delle ville latifondiste e scaramucce contro la polizia padronale –  Pasolini entra nel PCI e diventa segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa. Quando il PCI lo espelle lui stesso si esprime così sulla sezione locale del suo partito: “Quella giungletta di cobra e di jene che è la provincia di Udine”. Il processo durera anni, prima a San Vito e poi a Pordenone. Pasolini viene assolto dall’accusa di atti osceni in luogo pubblico. Nessun giudizio invece per la corruzione di minori, perché non è stata mai sporta querela. Pasolini, amareggiatissimo, non farà più della questione friulana una questione dell’anima.

 

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ph. Mario Dondero

 

Nel rapporto successivo con le borgate quanto vi è del Pasolini amante del mondo contadino? C’è una tipicità contadina friulana che Pasolini coglie?

Pasolini è attratto dai giovani contadini. Regala a uno di loro un volume, rilegato con impressioni in oro del Viaggio sentimentale di Sterne e la dedica è: “Jo che soj garzon di libri” (“Io che sono apprendista di libri”). Il giorno dopo il giovane ricambia con una bottiglia di grappa. Si innamora di Bruno che lo maltratta, è violento, rozzo. A Versuta scatta la passione per Giani, ragazzino biondo. “Ha – spiega Naldini – l’amore per l’umile e l’autentico,  l’occhio spietatamente lucido e miracolosamente buono”. Il film Pasolini di Abel Ferrara con il bravissimo Willem Dafoe,  ha questo pregio: restituisce la sua bontà e il suo amore per l’umile. La passione per il mondo contadino gli apre la strada verso le borgate e si porta dietro quell’amore per le allitterazioni e risonanze onomatopeiche che aveva in Friuli  (Buti buti, viri viri; per richiamare oche in friulano) e i vocaboli che usa in Una vita violenta “Breccone/Uno tutto allaccato/Rimbonito, mordendo il gioco/ Urtosa (per dire arrabbiata)”

 

Che terra è oggi il Friuli? Con quali occhi la vedrebbe Pasolini?

Quando Pasolini lascia il Friuli ha legami di lavoro ramificati in tutta Italia e ha già in cuore di spostarsi. L’opposizione feroce della borghesia casarsese non fa che agevolargli la decisione. Il Friuli già non gli apparteneva più. È rimasta la forza dei luoghi, l’aria romanza, di terra marginale “Viers Pordenon e il mond”, “Ossessione di una felicità immediata e sensuale”. Il paesaggio è di pura natura “Non fa che violentare i sensi con i massicci, muraglioni di monti contorti nel cielo e negri di boschi”. L’umanità profonda e malinconica del tratto paesaggistico esiste ancora. Ma in Friuli, come in ogni luogo d’Italia- salvo forse qualche paese di montagna – la civiltà contadina per emanciparsi socialmente ha distrutto  la civiltà antica, che Pasolini tanto ama. E di questa emancipazione fanno parte anche i centri commerciali, sempre strapieni, da cui Pasolini probabilmente sarebbe rimasto sconvolto. Oppure li avrebbe frequentati come vere e nuove borgate italiane.

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CAT: Letteratura, Storia

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