“I fuoriposto” di Cosimo Buccarella: un romanzo storico e d’avventura da leggere

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30 Giugno 2023

Sono incline a pensare che certi libri ti vengono a cercare. Almeno così è stato per questo romanzo di Cosimo Buccarella. Del suo ‘I fuoriposto’, edito da Corbaccio, ho letto la prima volta in un articolo di Stefano Massini su Robinson. Subito, dalla descrizione che ne veniva fatta, ha attirato la mia attenzione. E nell’incipit del libro ho trovato anche un luogo che riguarda da vicino la storia di mia moglie. Pietra Spaccata, mi ha raccontato lei, era il posto dove andava nel mese di luglio al mare quando era bambina. E già nella descrizione di quel luogo a lei caro ho colto la capacità dell’autore di introdurmi nel suo mondo, un piccolo fazzoletto di terra dentro cui succedono tantissime cose. Il testo mescola realtà e finzione, vicende realmente accadute e fantasia, riportando il lettore all’interno di un luogo esistito veramente, il Displaced Persons Camp n. 34, il campo profughi di Santa Maria al Bagno. Siamo nel 1946 nel Salento. La guerra è terminata, e ovunque si possono vedere solo macerie. I protagonisti sono quattro ragazzi tredicenni.

Il romanzo di Buccarella può essere letto su diversi livelli, quelli che a me sembrano più appropriati per descriverlo sono i seguenti: storico, sociale, anagrafico, biografico. La parte storica racconta di questi campi profughi allestiti dagli alleati per accogliere gli sfollati dei campi di concentramento nazisti, ne sono stati allestiti vari in Germania, Austria e Italia. Per molti profughi ebrei potevano essere il ponte per un ritorno in Israele. Il libro si concentra su uno in particolare, il numero 34. Per gli ebrei sopravvissuti all’olocausto questi campi sono stati sicuramente per vari anni luogo di accoglienza e di riscatto. Nelle immediate vicinanze del campo di Santa Maria al Bagno si svolge la storia di Tommaso, Umberto, Marcello e Giovanni, quattro amici che trascorrono le loro giornate tra le pinete arse dalla calura estiva, in un vagabondare assorto e inconsapevole. Le vicende narrate porteranno questi ragazzi presto a contatto con alcuni degli ospiti del campo profughi, un mondo a loro sconosciuto. E il motivo per arrivare fin lì è legato al cadavere di un uomo che ritrovano nel bosco.

Cosimo Buccarella mescola sapientemente la cronaca dei fatti storici, quella del campo profughi allestito dagli inglesi in Salento, con le vicende di fantasia, quelle dei quattro tredicenni. Tommaso, Umberto, Marcello e Giovanni sono personaggi inventati, le cui vicende poggiano su uno strato di realtà, la voglia di riscatto e di cambiamento, la miseria e le privazioni che hanno accomunato tutti coloro che in quegli anni sono vissuti nelle terre di Puglia e del sud Italia, dentro uno dei passaggi storici più difficili per la nostra nazione. E’ questa la parte sociale del racconto, l’analisi delle vicende di persone rimaste senza niente, la storia di ragazzi disposti a tutto pur di fuggire dalla miseria della famiglia di origine, la cronaca della vita di tantissimi ‘fuoriposto’. Ne viene fuori il racconto di un continuo contrasto, quello esistente tra la terre fuori del campo profughi n. 34, posti dove non si trova niente, né il cibo, né i medicinali per la cura del tifo, e il campo degli alleati, dove tutte queste cose sono presenti in abbondanza, infermeria compresa.

Il racconto è ben circoscritto nello spazio e nel tempo. Gli eventi che si raccontano si svolgono tutti in un arco temporale di pochi mesi, e tutto accade all’interno di un piccolo fazzoletto di terra di cui l’autore fornisce anche la mappa. E’ questa dimensione estremamente circoscritta a rendere ‘I fuoriposto’ un grande libro. E’ la sua dimensione anagrafica a renderlo estremamente interessante. Leggendolo ho avuto la sensazione di vedere scorrere davanti ai miei occhi la lista dei cognomi, dei nomi, dei comuni di nascita e delle date di nascita di tutte le persone evocate dal racconto. Uomini, donne, bambini, ognuno con la propria storia di dolore e di speranza, come quella del ragazzo in copertina, che fuma una sigaretta, come Umberto, che non è Umberto, ma potrebbe benissimo esserlo. Ragazzi resi già grandi, forse in parte adulti, dalla vicende della vita e della guerra. Ragazzi a cui niente è dovuto, e che sanno il fatto loro, abituati, proprio per questo, a prendersi da soli ciò di cui hanno bisogno.

E’ quasi un romanzo storico e d’avventura quello di Cosimo Bucarella, in parte biografico. Ne emergono tante figure concrete, come quelle di un film. Volti che restano nella mente, accendendo una riflessione sulla condizioni in cui si è vissuto in un periodo storico di cui oggi resta poco o niente. La guerra che dal febbraio 2022 stiamo sperimentando non è qui, in Italia, ma da un’altra parte. E qualcuno in Ucraina potrebbe ritrovarsi a vivere in una delle condizioni evocate nel romanzo. A qualcuno laggiù potrebbero mancare i medicinali per curare uno dei suoi cari. E’ il processo di immedesimazione a renderci vicino il dramma, e ad aprire l’ultimo livello del libro, quello biografico. Perché le storie contenuto lì dentro, anche se in parte inventate, da qualche parte sono accadute, e purtroppo continuare ad accadere. E la sorella di Tommaso, malata di tifo, alla fine guarirà, e tornerà in carne. E’ uno dei lieti fine del romanzo. Inevitabilmente il ricordo di Pietra Spaccata, il fatto che mia moglie andasse al mare da bambina proprio lì, in quel posto, ha reso la mia lettura più viva, più interessata, sicuramente biografica, anzi sicuramente auto-biografica.

TAG: 1946, Corbaccio, Cosimo Buccarella, Displaced Persons Camp, I fuoriposto, salento
CAT: Letteratura, Storia

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