Storia di una passione che diventa professione

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21 Gennaio 2015

Fare della propria passione una professione non è cosa da poco, specie di questi tempi. Tempi di statistiche impietose sul mercato del lavoro (soprattutto giovanile) e in cui anche chi ha un’occupazione deve adattarsi a svolgere le mansioni più disparate. L’orizzonte, insomma, è piuttosto fosco. Ed è forse anche per questo che le storie di chi riesce ad andare avanti, nonostante tutto e tutti, colpiscono ancora più profondamente. In positivo, s’intende.

Il caso è quello di Antonio Romagnolo, giovane uomo di 32 anni, che da bambino sognava il calcio. Un sogno ricorrente nel Paese in cui tutti, e dico tutti, sono stati almeno una volta il commissario tecnico degli azzurri nel salotto di casa o seduti a un bar.

Antonio in questo non ha fatto eccezione anche se, per dirla tutta, lui non sognava la gloria sul campo, ma la panchina. E oggi che in panchina siede per davvero, racconta della fatica e dei sacrifici prima di diventare un preparatore atletico professionista. “Del calcio – racconta – si conosce solo l’aspetto mediatico: ragazzi miliardari, modelle mozzafiato, capricci da star. Il mio percorso – continua – è stato davvero lungo e ho fatto molta gavetta prima di poter avere un contratto da professionista. Ho pensato di mollare molte volte cammin facendo, ma la mia passione è sempre stata più forte della fatica. Sono stato anche fortunato –ammette – ma senza una grande dose di determinazione non ce l’avrei mai fatta”. Il punto della sua storia comunque è questo: per avere dei risultati apprezzabili bisogna lavorarci su. Spesso moltissimo.

Andiamo con ordine. Dei sogni in calzoncini abbiamo già detto, così arriviamo al diploma e alla scelta dell’Università. “A 18 anni avevo le idee un po’ confuse – sorride. Ho valutato diverse possibilità, tra cui anche ingegneria. Poi però la mia passione per lo sport ha vinto e decisi di iscrivermi al corso di laurea in Scienze motorie”. Di pratica però ne vede pochina. Così decide di integrare la sua preparazione sul campo con dei corsi esterni. “Lo studio mi interessava – dice – anche se ammetto che sarebbe stato utile avere dall’Università anche delle indicazioni più pratiche”. Vecchia storia quella del collegamento fra sistema dell’istruzione e pratica professionale.

Comunque ha la testa dura e, soprattutto, una gran voglia di sperimentare. Così nel 2005 “ho avuto la mia prima esperienza lavorativa da preparatore atletico: uno stage di un mese circa per la squadra di rugby della mia città (Milazzo, ndr) durante l’estate”. Non gli chiedo se fosse prevista una qualche forma di retribuzione, così lui può anche evitare di rispondermi. Quello che conta, infatti, è che quel breve periodo è per lui una vera e propria “epifania”.

“Dopo quell’esperienza – dice – ho preso consapevolezza di due cose: avevo i mezzi per poter fare questo lavoro e soprattutto volevo assolutamente farlo”. Torna dunque sui libri sempre più determinato fino a quando ancora un corso esterno gli dà l’opportunità di farsi notare. “Nel 2007 ho partecipato a un corso su tre livelli presso la Juventus University che mi ha poi permesso di lavorare per  otto settimane presso i camp della Juventus Soccer School. Sapevo che avrei dovuto impegnarmi, ma non potevo immaginare quanto. Le giornate cominciavano alle 7,30 del mattino per terminare dopo mezzanotte. Allenamenti, riunioni tecniche, lezioni fontali: quello era il mondo dello sport professionistico”. Nel frattempo arriva anche la laurea con il massimo dei voti e, con essa, la possibilità di lavorare per il centro sportivo universitario di Palermo. Qui Antonio è l’allenatore della squadra  dei pulcini ma anche il preparatore fisico delle squadre maschile e femminile di calcio. “La mia giornata era molto intensa: cominciava alle otto del mattino per terminare dodici ore dopo. Infatti, lavoravo come anche per uno studio professionale e mi occupavo di ginnastica posturale. Ho sempre pensato che fare molte cose vuol dire imparare molte cose”.

Regge questi ritmi per circa tre anni fino a quando, nel 2011, arriva la prima chiamata importante. Il Palermo Calcio, squadra di serie A, lo vuole nello staff tecnico del settore giovanile dal momento che il suo lavoro è stato notato. “Era un’occasione imperdibile – ricorda – e sono andato a occhi chiusi con il ruolo di preparatore dei ragazzi. È stata un’esperienza molto formativa”.  Da quel momento in poi anche la sorte ci mette lo zampino. Infatti, ha la possibilità di lavorare con l’allenatore ed ex giocatore Giovanni Tedesco con il quale instaura un sodalizio che continua fino a oggi. “C’è stato subito un feeling professionale molto intenso. Inizialmente – ricorda – mi metteva in soggezione. Ma poi ho trovato una persona molto preparata, con tanta passione, umile, ed è stato facile adeguarsi”. Segue Tedesco anche a Foligno, dove il tecnico disputerà un campionato di serie C2. Quando l’esperienza si conclude Antonio riceve dalla Juventus la proposta per un ruolo come allenatore nel progetto Juventus Academy.

“Era un bel lavoro e mi permetteva conoscere le realtà calcistiche di molti altri paesi. Però sentivo la mancanza del campo, dell’adrenalina che solo la competizione riesce a darti. Così, quando sono stato contattato da Giovanni per una nuova sfida non ho esitato a rigettarmi nella mischia”.

E siamo ai nostri giorni. Antonio adesso si trova al Floriana F.C., squadra di Premier League maltese attualmente quinta in classifica. Quando gli faccio notare che molti al suo posto sarebbero rimasti alla corte della vecchia signora mi riprende. “Sono e sarò per sempre grato per tutto quello che ho imparato, ma giocare per vincere è un’altra cosa. Quello che cercavo – precisa – è di dimostrare ciò che so fare come preparatore atletico. Qui sto avendo una buona possibilità e il team funziona”.

Che riesca o meno a sollevare la coppa dei campioni, ha già vinto la sua personale partita.

TAG: lavoro autonomo, sport, Università
CAT: Liberi professionisti

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