Lo scrittore Maurizio de Giovanni accusa: «L’Unità voleva censurarmi su Renzi»

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13 Agosto 2015

Succede che un pomeriggio pre-ferragostano uno si balocchi con uno tra i siti culturalmente più attrattivi del  mondo del calcio e che riguarda il Napoli squadra e la città più in generale. Il sito si chiama «Ilnapolista.it» ed è diretto da Massimiliano Gallo, già vice direttore al Riformista, e uno tra i fondatori de Linkiesta, giornalista con cui ho avuto il piacere di condividere due anni straordinari di lavoro (e di amicizia). Lo dico in premessa, perché da questa condizione sentimentale proprio attraverso “Ilnapolista.it” ce ne andremo da un’altra parte, molto meno divertente e forse anche un po’ angosciosa. Parleremo di giornalismo, di censura, di potere.

Dunque, scorrendo il giornale diretto da Gallo, mi imbatto in una polemica che a Napoli tiene banco da parecchio e che riguarda il presidente De Laurentiis, nei confronti del quale c’è una divisione profonda: se sia cioè da considerare un furbone di tre cotte che fa solo i suoi interessi ai danni dei tifosi che vorrebbero molto di più (ma molto più di cosa?), o se in realtà abbia dimostrato negli anni, da imprenditore attento ai bilanci, che si può anche portare a casa qualche soldo facendo una buonissima squadra, comprando fior di giocatori (non tutti), insomma un mezzo virtuoso in un campo sostanzialmente di ortiche. E proprio in questa ottica, Gallo nota sul Mattino un articolo di Maurizio de Giovanni, scrittore ormai molto noto e già collaboratore del Napolista, creatore di un commissario che ha fatto editorialmente fortuna, il commissario Ricciardi. Un pezzo nel quale Gallo identifica un notevole cambio di prospettiva da parte del de Giovanni, che sino alla scorsa stagione, quando ancora c’era Benitez, aveva nei confronti del presidente un atteggiamento molto critico, sostanzialmente da tifoso che paga e che pretende (anche al di là dell’attenzione ai bilanci). Nel pezzo “nuovo”, che il Mattino titola già indicativamente «La formica Napoli tra le cicale della serie A», de Giovanni sembra lodare proprio il suo opposto, cioè la misurata conduzione economica del Pres. rispetto agli spendaccioni folli del mercato. Per Gallo, materia sufficiente e succulenta per fare un pezzo vivace in cui mettere in controluce le contraddizioni dello scrittore. Il quale, come sempre fa, tirato in ballo risponde con lo stesso piglio, tenendo la posizione e negando le contraddizioni. Fin qui buonissima materia per passare lietamente il pomeriggio.

Per dare forza alla sua risposta, e qui le questioni si fanno più gravi, Maurizio de Giovanni introduce la sua assoluta autonomia intellettuale (che Gallo peraltro non aveva messo minimamente in dubbio) rispetto ai molti giornali per i quali ha collaborato e collabora. «Ultima cosa, stavolta seria – scrive al Napolista – non consento a nessuno al mondo di darmi indicazioni su quello che devo scrivere. Non sono un giornalista e nemmeno lo voglio diventare, ho entrate ben più congrue di quelle che mi vengono dagli articoli che i giornali mi chiedono (non solo il Mattino, ma anche Corsera e Repubblica, Espresso e Panorama, La Stampa e Il Fatto Quotidiano) e questo mi consente di non accettare nè censure nè quella che tu chiami “linea editoriale”. Giuro che mai nessuno mi ha chiesto di usare certi argomenti o di mantenere certe linee di pensiero, altrimenti avrei rifiutato immediatamente di scrivere. Così farei se un mio pezzo qualsiasi non fosse pubblicato integralmente, o peggio se fosse cambiato in qualche parte».

Insomma, sin qui ci sarebbe da essere confortati dal panorama editoriale esposto da de Giovanni, se non fosse che nel passo successivo della sua risposta, arriva un’accusa molto circostanziata di censura. E il giornale che ne è protagonista è quello che meno ti aspetteresti: «Recentemente un giornale, L’Unità per non fare nomi – così bastona Maurizio de Giovanni – prima mi ha chiesto un lungo articolo su Napoli e la Campania, poi mi ha chiesto di smussare l’opinione negativa che esprimevo sulla politica di Renzi per il Sud. Io ho ritirato ovviamente il pezzo e non collaborerò mai più con quella testata».

A questo punto, la palla – visto che siamo partiti da questioni calciofile – passa nel campo di Erasmo D’Angelis, direttore dell’Unità. Inutile ribadire che il giornale è renziano, ultrarenziano, bla bla bla. D’Angelis è nel pieno diritto di farlo, di confezionarlo come cacchio gli pare. Quello che non sarebbe lecito – se l’accusa grave di De Giovanni fosse confermata – è modificare la testa degli altri, la loro autonomia intellettuale, la loro libertà. Che poi sarebbe anche la nostra, non crede D’Angelis? Qui davvero c’è in ballo la democrazia. Ci faccia sapere, grazie.

Ps. Intorno alle ventidue, il direttore D’Angelis si fa vivo con questo tweet: “Ciao, mai visto nè letto e se me lo rimanda glielo pubblico volentieri e senza alcun problema”. Sembra opportuno, a questo punto, un confronto tra i due.

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