Se l’inchiesta di Report sulla farmacovigilanza diventa un regolamento di conti

19 Aprile 2017

Farmacovigilanza. Una parola non tanto astrusa ma che probabilmente è difficile da far passare, visto che l’attenzione dei media ha preferito sintetizzare con l’espressione “falsità sui vaccini” il contenuto dell’inchiesta di Alessandra Borella andata in onda lunedì 17 aprile nella nuova edizione di Report, condotta da Sigfrido Ranucci. Un’inchiesta che ha sollevato un polverone, con l’aiuto di politica ed alcuni giornalisti e divulgatori più o meno schierati, più o meno in buona fede. La puntata di Report e dell’inchiesta sulla farmacovigilanza e la trasparenza di alcune procedure ha riguardato due vaccini contro il papilloma virus: Cervarix e Gardasil. Due vaccini che, secondo gli scienziati intervistati dalla Borella, avrebbero causato delle reazioni avverse dopo la loro somministrazione.

Farmacovigilanza si diceva. Perché c’è un evidente problema di incoerenza di dati raccolti durante questi anni di vaccinazioni HPV. Numeri che non coincidono tra livello regionale, sistema sanitario nazionale e l’Agenzia del Farmaco (AIFA). Molte Regioni non hanno inviato a Report questi dati. Li manderanno? Non si sa. Ma pare non essere il problema per tutti quelli che oggi raccontano il possibile “stop” della Rai al programma di Ranucci.

Molti di quelli che si sono scagliati contro il programma di Raitre hanno chiesto a gran voce il “contraddittorio”, vecchio tormentone del ventennio berlusconiano. Dal video è molto chiaro che proprio l’EMA – Agenzia europea per i medicinali – e la sua direttrice per la Ricerca e lo sviluppo Enrica Alteri si opponevano alla denuncia del ricercatore danese Peter Gøtzsche di Cochrane Nordic, ente che si occupa di controllo e sicurezza delle pratiche sanitarie e che è parte della rete mondiale Cochrane Collaboration. Da questa organizzazione mondiale, di ricercatori indipendenti, è partito un reclamo indirizzato al Mediatore europeo, Emily O’Reilly, che ha proprio il compito di analizzare le denunce fatte nei confronti di enti dell’Ue. Un fatto, questo. Che l’inchiesta di Report ha raccontato tramite interviste alle persone coinvolte nella vicenda.

Chi è entrato nel merito dell’inchiesta – pochissimi a dire la verità – ha contestato l’intervista dell’immunologo Yehuda Shoenfeld, dipinto come “uno scienziato” di poco conto o ancora peggio antivaccinista. Strano! Mai trattato così nelle docenze tenute nel mondo e in Italia (con una lectio magistralis a Reggio Emilia ad esempio). Lo stesso Shoenfeld, nel suo intervento a Report dice senza giri di parole: “Sono a favore dei vaccini, penso che siano la migliore rivoluzione degli ultimi 300 anni. Ma non sono convinto che il vaccino contro l’HPV possa prevenire il cancro”. Solo quel vaccino, solo perché i dati sono contrastanti, solo perché – ad una analisi esatta del contenuto dei medicinali – si riscontrano tracce di “alluminio, silicio magnesio, polveri di rame stagno piombo, ferro cromo, acciaio, calcio zinco”, come dice in camera il fisico e bioingegnere Antonietta Gatti. Insomma nessun “ciarlatano” (cit. Elena Cattaneo) o persona senza almeno laurea e specializzazioni. Solo scienziati che oggi vorrebbero semplicemente più trasparenza da parte di aziende farmaceutiche pronte a somministrare al posto dei placebo non sostanze inerti come l’acqua salina, ma sostanze come l’alluminio, presente appunto nei vaccini come adiuvanti: “Così non è più un placebo! – ha detto a Report Peter Gøtzsche di Cochrane Nordic – Non si distingue dal farmaco e potrebbe causare le stesse reazioni avverse e quindi i dati ottenuti non sono attendibili”.

Dati attendibili. Questo vorrebbero alcuni scienziati. E anche noi, semplici cittadini, che della scienza ci fidiamo e per questo continuiamo a vaccinare i nostri figli. Perché una notizia fake si riconosce, perché non siamo davanti ad una bufala, ad un caso di post-verità, perché forse non abbiamo sentito le scuse dei direttori di Tg e degli autori dei programmi che hanno “pompato” negli anni passati il “metodo Di Bella” e il metodo “Stamina” di Vannoni.

Solo Il Fatto quotidiano e Il Mattino, dopo le infuocate polemiche di queste ore, hanno chiesto una intervista a Silvio Garattini, farmacologo di indubbia indipendenza, ricercatore, medico e docente in chemioterapia, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”. Garattini – comparso anche nell’inchiesta di Report – ha sottolineato dopo la messa in onda del servizio: “Da sempre sono assolutamente favorevole ai vaccini. Sono a favore di quelli raccomandati e di quelli obbligatori. Occorre oggi una farmacovigilanza più attenta, seria e attiva. Il vaccino Hpv che agisce contro il virus è efficace, però ancora non sappiamo quanto poi, effettivamente, il suo risultato finale lo sia. Per vedere se i tumori diminuiranno ci vorranno anni. Per il vaccino Hpv quindi, bisogna stare attenti e vedere bene gli effetti collaterali. C’è una grave carenza perché gli effetti collaterali vengono raccolti sulla base di rapporti spontanei e non su ricerche specifiche. Sono persuaso, dunque, che ci voglia una farmacovigilanza attiva per vedere bene quali siano gli effetti tossici. I benefici sono quelli che sono ma dobbiamo capire le conseguenze tossiche e in questo, ritengo che non si stia facendo ancora un lavoro sufficiente. Ma sia chiaro, succede anche con i farmaci in generale. Io sono convinto che manca una farmacovigilanza seria”. “Report non ha mai messo in dubbio l’utilità dei vaccini, né ha fatto alcuna campagna contro: chi lo asserisce non ha visto la trasmissione – dice Sigfrido Ranucci nelle interviste rilasciate alla stampa – Ho detto subito, all’inizio della puntata, che i vaccini sono utilissimi, rappresentano la scoperta più importante per la prevenzione”.

Oggi su La Repubblica, che dedica le prime quattro pagine alla vicenda Report, c’è anche una intervista ad Elena Cattaneo che parla di “scienziati ciarlatani”, come dicevamo. In prima si dice che gli esperti assicurano “il 100% di riuscita del vaccino”. Ma la lettura dell’intera vicenda forse si trova a pagina 4, quando si parla di chiusura del programma e di uno stop alla Gabanelli, incaricata come vice direttore di Rai24 (con contratto a tempo determinato) di lavorare alla preparazione del piano per l’informazione sul digitale Rai. Si apre insomma un versante che poco ha a che vedere con l’inchiesta sulla farmacovigilanza, soprattutto leggendo l’intervista a Guelfi, membro Cda Rai, che chiede “veloci e proficui approfondimenti con Campo Dall’Orto”. Report non è il tema centrale dell’intervista, ma è la scusa per parlare di “ammodernamento dell’azienda, piano editoriale e criteri di ripartizione delle risorse”. Poi si passa alla domanda sul programma di Ranucci: “Sui vaccini, sui nostri figli, non si scherza. Che queste stupidaggini finiscano a Report fa parte del dibattito sul confine tra la responsabilità e la battaglia per decimi di audience”. Nessun riferimento al servizio pubblico insomma. Accusando mica tanto velatamente la redazione di Report di rincorrere l’auditel.

Sui giornali si parla pochissimo del revisore dell’EMA Pasqualino Rossi, già conosciuto al pubblico di Report dopo l’inchiesta sul rapporto tra aziende farmaceutiche e approvazione dei farmaci per un presunto caso di corruzione, decaduto durante il processo per prescrizione. Si parla pochissimo degli strumenti di segnalazione da parte delle Regioni, di una regia unica e coordinata, di una banca dati accessibile, trasparente e magari online, di processi di verifica dei dati inseriti.

I giornalisti di Report sono eroi senza macchia? No. Non è così. Sono professionisti e qualche volta pure chi fa il proprio lavoro con professionalità può sbagliare. Non è questo il caso, molto probabilmente. Ma la buona fede, la ricerca della verità, il racconto del reale è intatto. “Mancavano le voci delle istituzioni” ha affermato oggi Ranucci alla domanda sulla parzialità del pezzo. Ma come si fa quando l’Aifa, il Ministero della Salute, l’Istituto superiore della Sanità respingono al mittente la richiesta di intervista? C’era comunque l’EMA. Non c’era la ministra Lorenzin (che ha a cuore la vicenda vaccini almeno quanto quella della obiezione dei medici sulla legge 194) che dopo Report ha subito tuonato: “Diffondere paura propugnando tesi prive di fondamento e anti scientifiche è un atto di grave disinformazione! Senza alcun contraddittorio”.

Facile per molti chiedere inchieste, approfondimenti e informazione di qualità durante i convegni, i talk, gli eventi, i festival. Ma alla prima inchiesta, al primo scricchiolio che mette in dubbio un intero sistema, succede l’impossibile. E una intera redazione rischia di rimanere sola contro tutti. Certo, Report quest’anno ha puntato davvero in alto: il pezzo sul controllo del quotidiano dell’Unità del Pd, le acque e le ombre della multinazionale Coca-Cola, gli affari mondiali dell’Eni, le fonti di finanziamento dei produttori del cinema (pure un grande attore come Benigni, da sempre contro i bavagli dell’informazione e a favore di Report che stavolta però ha preferito mandare una diffida, trasformata in querela, attraverso il suo avvocato Gentiloni), e le aziende farmaceutiche di due vaccini contro HPV. Insomma forse ha toccato il 70% degli inserzionisti classici dei media e i guadagni degli editori dell’informazione.

Forse la più grande “leggerezza” di Report, a mio modestissimo avviso, è aver dedicato solo 20 minuti ad una inchiesta che ne richiederebbe almeno il triplo. Ma sono certo che Ranucci e la sua redazione, un mix di giovani reporter e giornalisti d’esperienza, tornerà sull’argomento. Su Report. Su Raitre. In prima serata. Perché Report non si tocca.

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CAT: Media

6 Commenti

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  1. magda-morlinette 7 anni fa

    Io penso che all’autore dell’articolo non è molto chiaro il problema reale dietro questa vicenda: il problema reale è che rai 3 non è seguita solo da scienziati, che sanno come funziona il metodo scientifico e sanno fare un’analisi critica della vicenda. Questi sono dibattiti da riservare con serenità alle sedi competenti, non alla TV.
    Nella scienza non c’è accordo su tutto, è ovvio, altrimenti come progredirebbe se tutti fossero d’accordo con ciò che oggi si sa? Le nuove ed eccezionali scoperte da colpi di genio che rivoluzionano tutto sono poche al giorno d’oggi, in cui la scienza sa quasi tutto; la maggior parte del progresso si basa sull’affinamento di vecchie conoscenze.
    Tuttavia il progresso e l’accordo sulle singole questioni è una questione graduale.
    Far emergere, su un tema di sanità pubblica, una apparente confluttualità data in pasto all’utente medio, che a malapena sa comprendere una favola di Walt Disney, per di più con un piccolo condimento di “guarda il cattivo di turno che mangia alle tue spalle” (se non è il politico, è big pharma) è sbagliato, perché il pubblico non ha le competenze per capire la scienza. Questo significa esattamente che in tema di scienza il pubblico non ha diritto di sapere tutto, come se fosse la politica; il pubblico deve sapere quella che è la corrente predominante e comunemente accettata in medicina, non la miriade di ipotesi alternative, delle quali solo una minima percentuale in futuro diventeranno scienza ufficiale. È chiaro che il progresso parte da qualche parte, ma è anche chiaro che non si può accettare qualsiasi ipotesi a priori, altrimeni distruggiamo l’intera scienza medica; serve tempo, servono dati, servono evidenze che mettano d’accordo la maggior parte della comunità scientifica su un dato argomento.

    Ad esempio, la questione sui dati di efficacia del vaccino è dibattuta, ma esattamente come scritto nell’articolo, la verità si potrà sapere solo fra anni. Perché quando vai a prevenire una malattia che ci mette in media 30-40 anni per generarsi, devi aspettare 30-40 anni per vedere l’influenza dell fattore protettivo (o di rischio) sui grafici di incidenza: è come la relazione “diffusione fumo di sigaretta – k. del polmone”. C’è uno sfasamento di circa 30 anni fra i due elementi (ad esempio il fumo fra le donne ha avuto un boom nel dopoguerra, prima fumavano quasi solo gli uomini, e solo negli anni ’70-’80 si è avuto un significativo aumento di incidenza di k. nelle donne). Per cui questo non è un argomento da dare in pasto al pubblico, perché il pubblico non ha i pre-requisiti per analizzare e soprattutto tende a generalizzare: “sul vaccino dell’HPV non c’è accordo? significa che non c’accordo su nessun vaccino”, così ragionano le persone.
    Un problema enorme è anche che nello spettatore si è generata una confusione, che andava assolutamente evitata, fra una questione strettamente FARMACO-ECONOMICA (il disaccordo è: costa più curare il cancro o prevenirlo?) con una questione di efficacia, intesa come reale ATTIVITÀ del vaccino nel prevenire l’infezione (che è indubbia! chi la nega dovrebbe andare in galera). Perché un medico sa come stanno le cose, ma lo spettatore medio no: il vaccino non protegge da tutti i sierotipi di HPV, dunque comunque una certa percentuale di cancro residuerà. Allora, economicamente, la vaccinazione conviene o tanto varrebbe curarli tutti, sia i prevenibili che i non prevenibili? Se devo vaccinare X persone, e prevengo la malattia in Y persone, l’intervento conviene oppure no? Se X è 50 milioni e Y sono 10 persone, è chiaro che non conviene e non sarà fatto, ma quando i dati sono più equilibrati come ci si comporta? Attenzione: nelle linee guida della medicina, spessissimo, si aprono anche dilemmi etici, fra l’economia, che va gestita oculatamente per poter curare tutti, e la salute del singolo, che spesso trarrebbe un vantaggio maggiore dall’opzione più costosa (per esempio chi lo va dire a quei 10 che si sono ammalati perché costava troppo vaccinare 50 milioni di persone solo per loro? Loro moriranno e da un punto di vista socio-sanitario è giusto così; ma da un punto di vista etico? Avete una remota idea per quante terapie, non solo vaccini, si pone questo problema del singolo vs. la comunità?).

    Allo stesso modo lo spauracchio dei metalli pesanti: cosa significa dire “ci sono tracce di questo e di quello” (sostituendo “questo e quello” con nomi paurosissimi di cose a caso)? Quelle cose ci sono pure nel nostro cibo quotidiano (e tra l’altro per alcune di quelle sostanze abbiamo addirittura un “fabbisogno giornaliero”, se non lo sapeste), e poi per esempio l’alluminio è un adiuvante importantissimo per molti vaccini.
    Il problema è “quanto”: supera i limiti di sicurezza? Altrimenti di cosa stiamo parlando? Su PubMed non esiste nessuna voce in merito, quindi direi di no.
    Ma ovviamente nel servizio hanno accuratamente omesso quella parte sulle quanittà, sui numeri che sono l’unica cosa che conta nella medicina e che, penso (o spero?), il prof. non abbia trascurato. Mi sa tanto di intervista tagliata e rigirata a piacimento, insomma.
    Oppure, se così non fosse, mi ricorderebbe quella storia di Wakefield e del vaccino trivalente MPR contente tracce di mercurio, che a suo dire era correlato con l’autismo. Che paura la parola “mercurio” vicino a quella “vaccino” per il cittadino medio, no? Ancora oggi paghiamo i danni di quella bufala. Ora vogliamo dare in pasto all’opinione pubblica anche il cromo, lo zinco, il silicio e bla bla bla?

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  2. luis-aramao 7 anni fa

    Il peggior serivizo di Report che ricordi di aver visto, aperto da una sorta di “Siamo favorevoli ai vaccini, ma…” che mi ha ricordato molto quel “Non sono razzista, ma…” che precede sempre l’opinione del leghista di turno.
    In ogni modo, le consiglio di leggere quest’articolo dell’ottimo Salvo Di Grazia a proposito di Antonietta Gatti.
    http://medbunker.blogspot.it/2017/02/i-vaccini-inquinati-unesperta-dice-di-no.html

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  3. silvia-bianchi 7 anni fa

    Sul “regolamento di conti” non so dire, ma in tempi di propaganda antivaccinista un servizio che adombra verità nascoste su un vaccino ha un effetto facilmente prevedibile e, dal mio punto di vista, decisamente indesiderabile

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  4. saul-lagan 7 anni fa

    Concordo su ogni virgola.

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  5. marco-baudino 7 anni fa

    Report non si tocca!!!

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  6. marco-baudino 7 anni fa

    Riprendo un commento di un articolo passato relativo alla questione vaccini, che mi pare pertinente: “Ci si è mai chiesti del perché avviene il fenomeno della diffidenza verso i vaccini? Chiedo alle case farmaceutiche di farsi un grosso esame di coscienza, per avere considerato il popolo come gregge da mungere. E siccome il popolo non è tutto gregge, qualcuno nel suo piccolo si incazza! Se finalmente si riportasse il tema a livello umano e non di difesa di brevetti che se ne fregano della salute del popolo in sé, ma incentivano business non etico e speculazione, allora credo che anche la gente tornerebbe ad avere fiducia, ad ascoltare chi ne sa, ad avere fiducia della prevenzione e a farsi di nuovo curare. Siamo persone, prima di gregge da spremere!”
    Qui sta un po’ il punto: suddividere gli aspetti di necessità al servizio dell’umanità e la endemica attrattiva dei soldi che porta a scelte purtroppo legate al pericolo della corruzione. Report non deve morire, anzi, aumentiamo la vigilanza. E’ un bene che ci siano discussioni e dibattiti così. Tanto più girano soldi, tanto più esistono verità nascoste… Ditemi se non e’ vero.

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