Di Maio al Senato vota «Ghedini con la gonna» e Travaglio va a teatro da Grillo
Sul Fatto Quotidiano, domenica, il giorno dopo l’accordo M5S-Salvini, scorrono titoli che fanno finta di niente sul fatto che la Casellati – «La scudiera di B. che ha trovato ancora un posto per la figlia» – sia stata eletta con i voti del M5S, mentre l’imbarazzo dei parlamentari grillini per averla dovuta votare viene confinato in un piede relegato a pagina 6. Ecco che invece quello stesso giorno in prima pagina Marco Travaglio sembra parlar d’altro e scrive un lungo pezzo su Beppe Grillo per raccontare che, nelle ore concitate delle trattative tra Di Maio e Salvini, Grillo se ne stava beatamente altrove, in teatro, ben lontano dalle mediocrità della cucina politica – «miserie di Palazzo», scrive Travaglio – a cui è oramai addetto lo stesso Di Maio.
«Riecco l’artista-utopista che la politica aveva rubato al pubblico», racconta Travaglio a proposito di un Grillo tornato sul palcoscenico, libero, a parlare di «nuove tecnologie e cambiamenti del pianeta» o a progettare di andarsene sul pack a inseguire gli orsi polari poiché il futuro è anche lì che lo si dovrà inventare. Tutto molto bello, sì, ma intanto il presente è tutt’altra cosa e si dipana nel rapporto tra Di Maio e Salvini e in un fatto inaudito come l’elezione di un personaggio come la Casellati – la Casellati! – con i voti del M5S.
Capitò ai leghisti di dover ammainare la canottiera di Bossi per indossare la grisaglia. Ed ecco, adesso, anche la grisaglia di Di Maio, ecco il compromesso col nemico di sempre, ecco tutto ciò che non si sarebbe mai neppure immaginato di poter fare e che adesso invece sì, adesso che il potere è lì a un passo sì che si può e che si deve fare a ogni costo e, anzi, diventa persino giusto farlo poiché è ciò che conviene.
È ciò ch’è appena accaduto. Poi, dietro l’angolo il rischio è sempre più quello del tradimento di ciò che si era in nome di ciò che si pretende di diventare, poiché la realpolitik è una bestia feroce e si dev’esser capaci di restare in groppa quando si decide di cavalcarla.
E, allora, finiti i grillini anch’essi a fare i conti col potere, come prima di loro eran finiti tutti gli altri e persino i leghisti duri e puri di romaladrona che poi li trovavi al night in certe sere tristi a far finta che fosse ancora la Dolce vita, diventa difficile però immaginare che ancora si possa stare come se niente fosse sul ponte della nave che punta verso nord, inseguendo gli orsi polari, se la realtà è che si sta seduti alla buvette in Transatlantico con Salvini; e diventa difficile anche illudersi di potersi smarcare dall’abbraccio delle Casellati e di tutti coloro contro i quali in questi anni s’era combattuto senza risparmio. Diventa difficile persino far finta di non aver mai avuto nulla a che fare con l’attitudine democristiana dei tanti Di Maio che ora popolano il M5S.
Meglio, allora, andare a teatro a sentire Beppe Grillo; meglio restare a cena «con un po’ di amici nelle segrete del teatro dove un tempo facevano notte Flaiano, Fellini e altri geni»; meglio così e, anzi, molto meglio, poiché ci si potrà illudere di ritrovare almeno alcune delle ragioni della diversità che il movimento legittimamente vantava rispetto a quel tragico Pd che faceva accordi con Verdini e Alfano e persino con Berlusconi. Meglio il teatro, insomma, ché a vedere il M5S votare alla presidenza del Senato quella che Travaglio considera «l’avvocato Ghedini con parrucca e gonna», vien forse da rimpiangere certi «vaffa» di qualche anno fa.
E allora quell’articolo scritto nel giorno dell’accordo tra Salvini e M5S, quell’articolo ch’è una lunghissima pacca sulla spalla di Beppe Grillo e che invece tace su Di Maio, quell’articolo che in molti aspettavano di leggere per capire qualcosa di più, quell’articolo, insomma, inizia a definirsi come una sorta di messaggio per i tanti Di Maio sbocciati nel frattempo nel movimento. E il messaggio è lo stesso poi ripetuto – e questa volta in modo molto diretto – nell’articolo uscito oggi: dio ci scampi da Salvini, giacché persino il Pd sarebbe preferibile. Può darsi, certo. Ma forse per molti il teatro di Beppe Grillo resta senz’altro l’ipotesi più desiderabile.
Un commento
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Si vede che una brava figlia consulente al ministero è meglio di una figlia sventata che usa impropriamente il telefonino. Altrimenti non si capisce la ratio della scelta.