L’influenza è una cosa seria, meglio vaccinarsi oggi che accorgersene domani

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6 Ottobre 2015

“Mi sa che ho un po’ di influenza”, diciamo e sentiamo dire, molto spesso, durante l’inverno, tra amici e colleghi, quando abbiamo un po’ di tosse e qualche linea di febbre. La frase di senso comune, però, contiene spesso un’inesattezza e anzi presuppone una confusione piuttosto grave. Già, perché l’influenza non è un’infreddatura, un mal di gola, un raffreddore qualsiasi. L’influenza è una malattia vera che, a certe condizioni di debilitazione generale, particolarmente accentuate nella popolazione anziana, può portare anche a complicazioni serie e perfino letali. Abituati a confondere sintomi e malesseri nella stagione fredda, portatrice di malattia per eccellenza, finiamo col perdere di vista un dato significativo: l’influenza, appunto, è una malattia, e come tale dev’essere combattuta, con la cura, quando arriva e, ancora meglio, con la prevenzione.

Alla base di ogni prevenzione, anzitutto, sta la consapevolezza della serietà della minaccia. In questo caso, bisogna assolutamente sapere che trascurare la minaccia dell’influenza, oppure prendere farmaci “a caso”, potrebbe portare a delle complicanze inaspettate e parecchio serie: la tosse che non passa, la febbre alta, il mal di gola, un indebolimento generale del corpo destinato a trascinarsi anche quando i sintomi più acuti si attenuano. Tutte conseguenze serie, evitabili con un semplice gesto preventivo: la vaccinazione.

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Una prevenzione, quella vaccinale, importante per chi lavora, magari in proprio e senza le tutele della previdenza sociale, perché vaccinarsi vuol dire non avere stop improvvisi e non calcolati nella propria attività quotidiana. Ma se per qualcuno non vaccinarsi può significare perdere giornate di lavoro, per gli anziani più rappresentare una questione ben più seria, dato che l’influenza può portare a lunghe ospedalizzazioni e, perfino, alla morte. In proposito, parlano chiaro i dati: dei circa ottomila decessi annui causati dall’influenza, oltre il 90 per cento riguardano proprio gli anziani. Per i quali, quindi, la vaccinazione risulta più che mai fondamentale ed è proprio in queste settimane che bisogna organizzarsi: dando il tempo al vaccino di agire immunizzando l’organismo prima che l’epidemia esploda con l’arrivo del freddo. Con percentuali di efficacia che, secondo i più recenti studi clinici, possono raggiungere tra il 70 e il 90 percento. Numeri che risultano tanto più rilevanti se si considera l’incidenza statistica dell’influenza nella vita degli italiani: nella stagione 2014/2015, ad esempio, secondo i dati raccolti da Centro nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute con il Centro Interuniversitario per la ricerca sull’influenza di Genova, si sono ammalati 108 persone ogni mille assistiti.

PRIMA GLI ANZIANI
“Gli anziani sono quelli che hanno un rischio maggiore di complicanze, anche gravi – conferma Gianni Rezza, epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità – . È chiaro che coprendo con la vaccinazione gli anziani si evita il peso delle complicazioni. Certo, il virus circola soprattutto nelle scuole – negli Usa si prendono in considerazione per le vaccinazioni proprio queste – ma in Europa si prende soprattutto in considerazione la categoria degli anziani, perché sono quelli che rischiano maggiori complicanze. Una scelta che ha anche un altro aspetto positivo: ridurre l’ospedalizzazione e l’eccesso di mortalità che circola quando ci sono di mezzo soprattutto coloro che fanno parte di questa categoria. Le persone che non si vaccinano possono acquisire l’influenza e svilupparla in forma grave – mette ancora in guardia l’epidemiologo – . Ci sono polmoniti direttamente attribuibili al virus, persone che hanno disturbi cardiovascolari, problemi conseguenti”. Tutti disturbi seri, statisticamente più diffusi nella popolazione anziana, che rendono particolarmente serie le conseguenze potenziali di un’influenza. Vaccinarsi significa rendere gli eventi avversi rarissimi e per lo più di modesta entità”.

MA COS’È L’INFLUENZA?
I tre ceppi dell’influenza, A, B, C, sono stati isolati la prima volta nel 1933 e ogni anno presentano delle mutazioni. È proprio grazie a queste mutazioni, ogni anno, i virus sono in grado di aggirare l’immunizzazione eventualmente acquisita l’anno precedente all’interno del corpo umano. Proprio perché il virus si attrezza ogni anno per vivere nei nostri corpi scavalcando le nostre difese acquisite, si rende necessaria la vaccinazione che, naturalmente, è studiata di anno in anno per “incorporare” le mutazioni dei ceppi e per sbarrare loro la strada dei nostri corpi. Peraltro, l’85 percento delle morti per complicanze respiratorie e cardiovascolari negli over 65 è causato dal ceppo A dell’influenza, ovvero da uno dei due ceppi tradizionali del virus, che provocano i classici sintomi della malattia. Questo conferma l’opportunità della vaccinazione per gli anziani. Una domanda, tuttavia, di fronte a chi raccomanda la vaccinazione, resta spesso sospesa, e non sempre viene posta esplicitamente: “È pericoloso? C’è da temere?”
Non c’é motivo di temere, assicurano gli esperti: quello che accade facendo questa scelta è molto semplice: vaccinarsi, infatti, vuol dire permettere alle sostanze contenute nel vaccino di stimolare la produzione di anticorpi che ci proteggono dal contrarre influenza. Rezza sceglie tre termini chiave per dire sì alla vaccinazione: “Protezione; Niente ospedale; Risparmio economico sul ricovero”. Effetti positivi, insomma, sia per i cittadini che evitano di diventare “pazienti”, sia per il sistema sanitario nazionale.
La sicurezza dei vaccini, in ogni caso, è garantita da diversi passaggi: in Italia il controllo è affidato all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. E prima di arrivare nel nostro Paese ricevono il bollino di qualità dall’Ema, che è l’ente regolatorio europeo. Sono validati da esperti, sia prima di essere messi in commercio sia durante la commercializzazione e sono l’unica strada per costruire una barriera nel proprio colpo contro la malattia. Senza la quale, una volta contratto il contagio, l’unica difesa è quella dei farmaci che combattono il virus, una volta radicatosi nell’organismo. Un radicamento che la vaccinazione può prevenire ed evitare.

 

TAG: antibiotici, gianni rezza, influenza, vaccinazione
CAT: Medicina

2 Commenti

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  1. andrea.gilardoni 9 anni fa

    Grazie. Un ottimo articolo. Il nucleo dell’argomentazione antivaccinale è che i vaccini comportano dei rischi. La risposta è nell’evidenziare i rischi, questi sì, gravi, della non vaccinazione.

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  2. aldo-ferrara 9 anni fa

    Concordo, giornalisticamente è un articolo ben assemblato. Se fosse una mia studentessa potrebbe anche superare l’esame di Malattie Respiratorie che appunto insegno. Peccato che non ci dica:
    1) la vaccinazione entra nell’equilibrio immunologico Th1-Th2 relativa all’immunità cellulo-mediata ed umorale e tende a squilibrarlo, specie in alune fasi dell’età.
    2) il problema di tutte le vaccinazioni, specie quelle dedicate alle prime fasce di età, è che non c’è controllo medico su ” quando ” vaccinare, sull’anamnesi dei 45 gg precedenti la vaccinazione, l’esplorazione anamnestica di eventuali piccole patologie virali, batteriche, assunzioni di farmaci etc.
    3) le categorie indicate dal Ministero e dall’ISS, che in questo momento , ha attivato la ” solita” campagna vaccinale, anziani , asmatici, soggetti in dialisi, sono proprio quelle clinicamente indicate come ” a rischio vaccinale” proprio per quello squilibrio Th1/Th2 dianzi indicato.
    3) queste campagne vaccinali non riferiscono poi alcuni aspetti clinici deille sequele post-vaccinali come i focolai broncopneumonici post-vaccinali nell’anziano.
    4) il vaccino è un farmaco e va somministrato dietro ricetta o indicazione del medico di base che dovrebbe visitare il paziente prima della somministrazione. Non lo fa nessuno e da qui nascono dubbi, perplessità e legittime preoccupazioni che i suoi bei grafici tratti da internet non dissipano. Prof. Aldo Ferrara, Università di Siena

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