Guerra? Per la Francia in Siria 6 raid al giorno, a Belgrado nel 1999 erano 52

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2 Gennaio 2016

Le feste quando arrivano giungono per tutti o quasi, portando con sé anche l’esigenza di bilanci completi o parziali, stagionali o solari, insomma si volta pagina e c’è necessità di guardarsi in faccia per riassumere il lavoro. Non hanno fatto eccezione i militari francesi impegnati nella controffensiva ad Isis -o Daesh, come secondo nuova nomenclatura-, che come racconta il giornalista Jean Dominique Merchet sulle pagine de l’Opinion uscito lo scorso 27 dicembre, hanno ricevuto la visita del generale Pierre de Villiers, Capo di Stato Maggiore transalpino. Il generale ha voluto portare gli auguri del paese agli uomini impegnati a largo della Siria sulla fregata Courbet e a quelli che operano presso la base aerea francese in Giordania. Al termine di questa visita Villars ha dichiarato che l’Areonautica francese in tre mesi di impegno militare siriano ha effettuato circa una decina di incursioni. Sì, soltanto dieci. Lecito d’altronde aspettarsi di più, soprattutto se con la mente si torna a quel “à la guerre” annunciato da Hollande all’indomani degli attacchi del 13 novembre che aveva scatenato pesanti e accese diatribe tra interventisti d’inizio secolo e pacifisti di fine millennio. Bene, da quel 13 novembre in cui Raqqah pareva essere il luogo dove spazzare via il terrore come se fosse un nido di calabroni sul balcone, la Francia in Siria interviene in tre occasioni, l’ultima delle quali il 23 dicembre. Scrive Merchet:

Per replicare gli attentati di Parigi, il Pentagono permette all’aviazione francese di guidare tre raid, qualificati come “massicci” contro bersagli specifici come i centri di comando, la formazione, il reclutamento e i depositi di logistica a Raqqah, la ” capitale “della Stato islamico. Questo fuoco di ritorsione dura tre giorni, dal 15-17 novembre, seguito da una nuova incursione contro obiettivi simili il 23 novembre. Ad oggi -continua Merchet- secondo il personale degli eserciti, due operazioni hanno avuto luogo nel corso del mese di dicembre (il giorno 5 e il giorno 19), questa volta contro installazioni petrolifere. 

Insomma, a considerare dalla veemenza con cui l’Eliseo sembrava reagire all’indomani del più brutto dei venerdì 13, la sostanza non conferma certo tutta questa propulsione nella risposta. Possiamo dire che la tipologia delle incursioni come quelle condotte dalla Francia in Siria dovrebbe avere l’obiettivo di indebolire il sistema economico-strutturale di Daesh, e non sono certo interventi di supporto aereo a combattimenti di terra, per capirci.

Passando invece da ciò che capiamo a ciò che non capiamo bene, continuando ad approfondire gli sforzi transalpini in Medio Oriente scopriamo i retroscena di un teatro bellico che vive il suo clou non certo in Siria, ma là tra il Tigri e l’Eufrate, in Iraq: «meno pubblicizzato in Francia, ma militarmente più importante, la maggior parte dello sforzo si sta facendo in Iraq, dove l’aviazione e la marina sono impegnati sia nel sostenere le forze di terra (esercito iracheno e peshmerga) che per le operazioni più strategiche», scrive Merchet.

A questo ci affianchiamo la notizia ancora calda che proviene da Bruxelles, là dove c’è Dio -come ci ricordano le recenti uscite cinematografiche-, là dove le inchieste partite dopo gli attacchi di Parigi stanno concretizzando la pista secondo cui quegli attentati avessero il centro organizzativo in Belgio, e non a Raqqah, città quest’ultima divenuta obiettivo più mediatico che militare, come ci raccontano i numeri. Sicuramente gli obiettivi in Iraq sono di diverso spessore, se si giustifica l’uso da parte dell’esercito francese di missili da crociera Scalp, lo scorso 16 dicembre, arma che «dato il suo costo – di circa 850.000 euro a testa, compresi i costi di sviluppo –  viene usato contro obiettivi di alto valore», come racconta il collega de l’Opinion.

Riassumendo, per bocca del generale Villars dall’inizio dei bombardamenti francesi in Siria-27 settembre- al 23 dicembre l’aviazione transalpina ha condotto 2.701 operazioni contro obiettivi in Iraq e in Siria, stimati in circa 6 raid al giorno. Questo il contributo della Francia nella lotta all’Isis, e se i numeri non lasciano spazio a interpretazioni quantomeno lasciano riflessioni: «Per confronto, durante la guerra contro la Serbia in Kosovo nel 1999, l’aviazione francese era in media di 52 uscite quotidiane, è uno sforzo quasi nove volte superiore a quella attuale», ricorda Merchet. Cinquantadue incursioni al giorno contro sei, curioso soprattutto perché a nessuno risulta che la Yugoslavia o la Serbia abbia mai attaccato il suolo francese, per intenderci. Ma poi, come ricorda Merchet, «quella guerra era durata 78 giorni. Contro Daesh sono passati più di quindici mesi».

TAG: 13 novembre 2015, bataclan, daesh, François Hollande, guerra all'isis, raid raqqa
CAT: Medio Oriente, Terrorismo

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