Bello FiGo: l’irresistibile attrazione del trash

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14 Dicembre 2016

Il trash ha qualcosa di straordinario: per quanto tu voglia tenerti alla larga, ti inghiotte. Solitamente arriva quando meno te lo aspetti, come la settimana scorsa quando dopo Più Libri Più Libri, a cena in una pizzeria trasteverina, Gianni Miraglia – da poco in libreria con Ritornello al Futuro (Baldini&Castoldi) e in tv come forzuto in Provincia Capitale, il bellissimo nuovo programma di Edoardo Camurri in onda su Rai3 la domenica mattina – ha tenuto banco per l’intera serata parlando di Bello FiGo. Prima di allora non ne avevo sentito mai parlare. Non con così tanto entusiasmo, almeno.

Avevo visto degli scatti che lo riprendevano in un programma di Rete4 accanto ad Alessandra Mussolini, avevo letto dei post che lo insultavano e altri che invece lo osannavano; non avevo capito chi fosse, liquidandolo come l’ennesimo rapper italiano di periferia caduto nelle maglie di qualche autore televisivo amante delle strumentalizzazioni gratuite. Mai superficialità fu più dannosa. L’intera serata con Miraglia – e il giorno dopo, e quello dopo ancora – sono stati colonizzati da questo ragazzo di 21 anni, ghanese, da dieci anni a Parma, che nel 2005 aveva raggiunto il successo sul web come Gucci Boy (la cui hit, un po’ ripetitiva a dire la verità, è Mi faccio una Segha).

Ascoltare Bello FiGo è stata una sorpresa. I suoi testi sono un’incredibile e spassosissima reinterpretazione di tutti i luoghi comuni che gli emigrati si portano sulle spalle. Pezzo emblema è Non pago affitto – rigorosamente cantato con voce sparata su una base presa gratuitamente online, come tutte le sue canzoni – che ha delle perle destinate a diventare cult come: “non paghiamo l’affitto, siamo neri” e “io non faccio opraio” e “non mi sporco le mani, perché sono già nero” e “è stato Materella, a dirci che noi possiamo venire in italia, e quindi io ho portato tutti i miei amici con la barca-o, anche mateo renzio ha detto che è casa nostra-o, quindi tutti i miei amici votiamo tutti pdi-o” e “noi vogliamo le fig*e bianche sco****e in bocca poi vogliamo wifi, anche stipendio” e “io dormo in un albergo a quattro stelle perché sono bello ricco e negro”. Pura poesia, per chi ha senso del comico e dell’ironico. Meno per tutti gli altri. Soprattutto per i bresciani che hanno dato l’ennesima gloria a questo giovanotto che ha Hello Kitty tatuato sul petto, e a Oliver Dawson su Rolling Stone ha confessato “non devo sbagliare, se sbaglio non si divertono più” (e, lezione di moderna coscienza politica: “Io sto sempre con Matteo Renzi, in ogni caso. Già nel 2014 gli avevo dedicato una canzone ancora prima del referendum. Se lui dice vota “No”, io mi fido e voto “No”. Se lo dice lui allora va bene”).

I bresciani, dicevamo, sono riusciti a far annullare il concerto di venerdì 23 dicembre alla Latteria Molloy. La motivazione? Semplice: “Al di là delle possibili polemiche, che erano state messe in conto, abbiamo ricevuto vere e proprie minacce che non ci permettono di far svolgere il concerto serenamente e garantire la sicurezza per il pubblico”.

Ed è subito epica del trash. Qualcosa di bellissimo. Naturalmente non mi riferisco al concerto annullato, o alle minacce. Ma è bellissimo sapere che esista ancora qualcuno in grado di fare delle provocazioni con le parole, e di riscuotere successo. Ed è bellissimo anche sapere che tutto sia nato sul web (e probabilmente sul web rimarrà, perché immaginare una casa discografica che si prenda in carico Bello FiGo senza snaturarne l’anima così politicamente scorretta all’italica maniera è impensabile). Ed è bellissimo perfino ritrovare la forza dei luoghi comuni, anche quelli che riguardano le donne che nei testi di questo ragazzo ghanese sono frutto di una sineddoche: una parte (immaginate quale) per il tutto. Ed è bellissimo vedere la gente che inveisce, che avvampa, che si sgola e che pensa che sia serio. E’ bellissimo e paradossale, uno splendido regalo di Natale: il trionfo del trash nella sua forma più cosciente, sintetizzabile in un gruppo di bianchissimi ragazzi che cantano “non mi sporco le mani, perché sono già nero”. 

 

Tracklists: Andrea Diprè (con uno straordinario B-video), Sembro Francesco Totti (per una vocalità insospettabile), Mussolini (“Io sembro Mussolini, perché io sono troppolini” diventerà il vostro ritornello preferito, e se avrete sense of humor apprezzerete anche il resto), Pasta con il tonno (per scoprire quello che presto sarà un cult internazionale), Referendum Costituzionale (perché Bello FiGo è un grande preveggente), Sono tutte bianke (futuro pezzo femminista, ma di un femminismo molto postmoderno).

TAG: alessandra mussolini, bello figo, gianni miraglia, Latteria Molloy, trash
CAT: Musica

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