#IoRestoACasa e ascolto i Led Zeppelin

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12 Marzo 2020

Mai come in questi giorni c’è bisogno di tanta musica, ad alto volume, nelle proprie case, nelle proprie “tane”. Abbiamo bisogno, tutti, di prenderci un po’ di tempo e di ascoltare davvero, con cognizione di causa, dischi, concerti e sessione acustiche. Nulla della musica è da buttare.

Così, quando senti dall’alto cadere macigni di pietra che rotolano senza fermarsi, quando ti appendi forte ad una fune per non cadere assieme a loro, quando senti tra le tue mani il peso della vita scivolarti sino a diventare sabbia, prova a non chiedere più da dove arriva quella voce roca, quella chitarra tesa, dimentica l’immagine che ti sei fatto di una musica che piange o del tuono che arriva. Ci sono i Led Zeppelin che stanno suonando nella stanza. Ogni libro, ogni strumento prende luce e inizia a muoversi come se nell’aria non avesse peso, attraverso il sole, dentro la pioggia, sollevato dalle note di dischi che non hanno nemmeno un nome, che possono solo essere suonati ad alto volume, il più alto possibile.

È il 1970 e 12 dopo anni sarei nato io. Non avrei mai avuto la lunga chioma bionda di Robert Plant, avrei provato a suonare come Jimmy Page e avrei persino pianto leggendo la biografia della band, nel momento in cui Bonzo muore, preda dell’alcol, come era solito addormentarsi dopo aver abbandonato le droghe. Si dice che in quell’esatto momento i Led Zeppelin avessero deciso di non esistere più e sebbene negli anni successivi avessero tradito quel loro stesso patto, in effetti non sarebbero più stati loro stessi, nemmeno con il figlio di Bonzo a tenere le bacchette in mano, nonostante tutti e 3 i superstiti siano rimasti in un salute e abbiano continuato a godere di un ottimo favore di pubblico oltre che dei fans. Insomma i Led Zeppelin sono vissuti poco più di un decennio e all’interno di esso è come se avessero rinchiuso l’esperienza più bella e folle del rock, una storia che non si sarebbe mai ripetuta, che non avrebbe alcun senso ripetere oggi, con le solite forme e i soliti cliché, anche perché ogni band che si rispetti deve qualcosa agli Zeppelin come se fossero i padri putativi di un mondo che è venuto dopo di loro, dalla terra al cielo, passando per la terra.

Con tutto il rispetto verso le altre band, nessuna come gli Zep ha saputo cogliere e coltivare i semi del blues di oltreoceano per far crescere arbusti rigidi con cui poi vergare e scuotere il mondo della musica a loro contemporanea risvegliandola dal torpore. La voce di Plant, primordiale, è come un incantesimo nero che avvolge ogni brano e lo rende permeo di un’enfasi quasi epica e poeticamente superiore a qualsiasi altro canto, ma non basta, perché i ritmi di Bonzo e John Paul Jones dilatano il tempo e lo rendono disomogeneo, come se le storie ancestrali di maghi ed elfi potessero prendere parte alle cavalcate di canzoni inafferrabili attraverso praterie di note mai suonate con tale vigore. E che dire di Page? Nessuno può avvicinarsi a lui quanto a carisma e tecnica nel maneggiare la 6 corde, è lui a guidare la band nei territori più impervi e sconosciuti della musica, è lui ad aver compiuto davvero le magie e saperne più degli altri quanto a simbolismo e stregoneria, Jimmy sghignazza e ride dietro i suoi capelli neri come l’inchiostro, coinvolge gli dei e ascolta i loro suoni facendoli suoi, rendendoli terreni.

Nessuno dopo la morte di Bonzo ha pensato di poter prendersi la briga di suonare negli Zeppelin. È come se la sua dolorosa uscita di scena avesse scritto anzitempo la parola fine ad uno dei capitoli più belli della storia del rock. Ma gli Zep sono stati davvero la più grande band mai esistita. Potete provare a chiederlo a chiunque: esiteranno, tentenneranno e alla fine diranno “si, però”, e solo allora capirete che è la verità. Nessuno ha pubblicato dischi come IV o come Physical Graffiti, nessuno ha scritto canzoni come Stairway To Heaven o Rock’n’roll, nessuno ha mai pensato anche solo minimamente di raggiungere i loro livelli dal vivo, incantando folle oceaniche e piccoli club, o quantomeno mai nei loro stessi modi.

C’è chi dice e ha scritto che i Led Zeppelin siano stati il “martello degli dei”, in un certo senso hanno scosso più di una vita. Lo hanno fatto bene. E i loro battiti risuonano ancora con ancora più vigore, con ancora più frastuono.

Oggi vi invito, assieme a me, a mettere sul piatto il quarto disco dei Nostri, ed immaginare, per attimo di essere lontano, dove la musica è tutto. (Mi raccomando, per questi giorni, ascoltate buona musica, ma restate a casa!)

TAG: Jimmy Page, John Bonham, John Paul Jones, led zeppelin, Robert Plant
CAT: Musica

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