La musica bisestile. Giorno 13. Loreena McKennitt

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12 Settembre 2018

Un amore perfetto, vissuto in perfetta solitudine, due cuori oltre il Circolo Polare Artico, e poi la morte e la necessità di incontrare l’umanità per trovare un motivo per esistere, resistere, andare avanti

LIVE IN PARIS AND TORONTO

 

Il suo compagno, Ronald Rees, era appena morto in un incidente aereo. Lei, Loreena McKennitt, si era chiusa nella sua casa di Stratford, al confine tra l’Ontario e le fabbriche di Detroit. Quando l’aereo era caduto, lei si trovava in Inghilterra, negli studi di registrazione di Peter Gabriel. Per ore, ancora ed ancora, lei lo aveva chiamato, lui non aveva risposto. Lei era rimasta in piedi tutta la notte, finché non arrivò la notizia ufficiale, alle 3 del mattino del 19 luglio 1998.

“Live in Paris and Toronto”, 1999

Quella mattina ero a Parigi, nelle ore precedenti la Polizia Francese aveva sequestrato quintali di medicamenti proibiti e materiali tecnici negli hotel in cui dormivano gli atleti che stavano partecipando al Tour de France, dovevo scrivere un articolo. Avevo inutilmente tentato di chiamare una donna in Turingia, che mi odiava quando partivo (e per tutta la vita avrà paura a farlo) ed ancora di più quando tornavo, vestito di un sorriso e pieno della gioia di rivederla.

Loreena McKennitt e Ronald Rees

Parlare di sentimento era proibito. Ascoltavamo questa meravigliosa artista canadese mentre cucinavamo, o giocavamo con i bambini, oppure lei cuciva ed io leggevo un libro, nella quiete di una meravigliosa e sprecata estate di venti anni fa, quando ancora non avevo idea di quanto la vecchiaia e la solitudine fossero vicine. E lacrimavo, segretamente, quando Loreena cantava Greensleves, che era la canzone preferita della mia mamma, morta pochi anni prima, senza che avessi potuto spiegare, chiedere, fare pace – il destino di quasi tutti noi, che ci crediamo unici ed invece siamo gocce di un fiume gelato, difficilmente distinguibili l’uno dall’altro, banali, che quando il caldo dell’amore ci scioglie tendiamo a sparire, essere il fumo che meritiamo di essere.

Questo disco uscì nell’autunno dell’anno dopo, ed io volevo regalare, a costei, un concerto di Loreena, che però non cantava più, era morta dentro, perché lui non c’era più. Di notte, la musica a volume sommesso, mi tornavano in mente le immagini delle mie giornate nella steppa canadese, in riva all’oceano, aspettando le balene, che non vidi mai, e capendo che in quel punto estremo dell’universo una donna dalla voce fata che rincorre i lupi sia l’unico vero amore possibile, un amore che trascende la bellezza ed è fatto di memorie ataviche di popoli vichinghi, stagliati nel grigio del gelo e nel rosso delle stanze scaldate dal fuoco d’inverno. Quindi regalai a quella donna il CD e lo ascoltammo di notte, in silenzio, dopo che le avevo detto che mi ero innamorato di una ragazza di Lipsia, e che non sarei mai più tornato. Lei, con gli occhi rossi di ansia e di pianto, come sempre disse che era felice per me. Io non avevo più nulla da dire. Ma Loreena McKennitt riusciva a costruire quel ponte impossibile tra le nostre impotenze, perché l’onda quieta e gonfia, nera e glaciale, di questa musica, ci abbracciava entrambi.

Quella notte ho imparato che il vero amore resta incompiuto, avvolto come sei nello Skagerrak della tua anima, stupidamente immerso nel grigio e nel nero che non si fermano un momento, e che ti portano per sempre via da lei, come gli anni. Se avete un’anima malinconica ed un amore mai nato per lo spavento, questo è il capolavoro che vi accompagnerà, con una tazza di tisana fumante ed il sudore misto al pianto, mentre il Caronte della vostra età vi consegnerà alla consapevolezza.

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CAT: Musica

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