La musica bisestile. Giorno 170. Luigi Tenco

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28 Novembre 2018

Cantautore politico prima che esistesse la nozione di qualcosa di simile, musicista poliedrico, autore di testi stupendi ed intensi in un periodo in cui cuore faceva rima con am0re, morì poco prima che il suo stile divenisse la grande moda del momento. In questo disco alcune delle canzoni più belle.

 

TENCO

 

Ho iniziato ad occuparmi seriamente di lui quando il giornale per cui lavoravo, “Facts”, trovò un documento dei servizi svizzeri che sostenevano che il cantautore genovese fosse stato ucciso da una sua ex fidanzata, una cantante che non nomino perché è molto famosa, e che era sposata con un ufficiale dei servizi segreti francesi, che partecipò, nottetempo, alla rimozione delle prove ed all’immensa caciara che venne organizzata per far creder a tutti che Tenco si fosse ammazzato. Ebbene, se credete a questa bugia, gli rendete un torto.

“Tenco”, 1968

Seguendo il materiale a disposizione sia delle autorità svizzere, che delle autorità francesi ed infine il poco rimasto dalla penosa inchiesta italiana, ne veniva fuori un quadro chiarissimo. Tenco era uno sbalestrato, che si ubriacava e sniffava, e quella sera era inferocito dal fatto che fosse rimasto fuori dalla finale di Sanremo perché la censura lo aveva obbligato a cambiare il testo di “Li vidi tornare”, una splendida ballata sulla migrazione clandestina dei meridionali al nord, in una scema canzonetta chiamata “Ciao amore ciao”, nella quale, della veemenza originale, non era rimasto quasi più nulla.

Finì a sbronzarsi ed a giocare al casinò, e poi, al ritorno, disse alla signora in questione che era stufo, che stava per sposare una ragazza di un paesino, completamente fuori da ogni sfera pubblica, e che col mondo della musica aveva chiuso. La donna sbroccò e gli sparò, ma non con la pistola di Tenco. Ne aveva un’altra. Dopodiché spararono anche dei colpi con quella di Tenco, per mischiare le carte. L’omicidio aveva avuto un testimone oculare, un altro cantante estremamente famoso e recentemente scomparso. Costui non venne mai interrogato, e si è sempre rifiutato di commentare quanto avesse visto.

La trasformazione dell’omicidio Tenco in un suicidio fu un’opera di gruppo, quasi una cospirazione. Ma prima o poi qualcosa salta sempre fuori. L’omicida si è poi suicidata anni dopo, il giorno dell’anniversario della morte del cantautore genovese. Una tragedia che ci ha tolto uno dei compositori più stupendi ed incredibili della nostra storia, che pure, in pochissimi anni, ha scritto canzoni indimenticabili. Inizialmente Tenco, che suonava il sax nella prima band di Adriano Celentano, componeva con i fiati, e poi cercava le armonie sulla chitarra o sul piano. Ma a partire da questo disco cambiò completamente direzione: scriveva prima i testi, poi cercava una melodia “giusta”, perché, primo in Italia da Petrolini in poi, si era accorto che il paese avesse bisogno non di un altro, di un ennesimo sdolcinato cantore dell’amore eterno, ma di una voce critica che desse forza alle proteste (che ancora non c’erano, Tenco è morto nel 1967) e puntasse il dito contro l’ipocrisia e le contraddizioni della nuova società del benessere emergente.

Non so se fosse cosciente del fatto che fosse un precursore e che altri, già in quel momento, stavano iniziando a seguirne l’esempio. La tradizione ce lo descrive come un uomo solo. Ombroso, sempre scontento, antipatico, a volte persino cafone. Questo suo terzo disco, invece, il disco della svolta, ce lo propone come un visionario allegro ed ottimista, pieno di voglia di vivere, di entusiasmo, di forza per battersi. Un motivo di più per piangerlo, perché il pubblico che lo avrebbe davvero amato e capito non era ancora nato, sarebbe arrivato solo qualche anno dopo, e fa tanta tenerezza immaginare che, se non fosse morto così stupidamente a Sanremo, sarebbe divenuto immortale.

 

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CAT: Musica

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