La musica bisestile. Giorno 226. Talking Heads

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26 Dicembre 2018

Gli anni 80 portano una muisca robotica, alienata, che parla di cose insopportabili, dell’incapacità di convivere con la società come è, con il consumismo

STOP MAKING SENSE

 

Ricordo che era sera, che avevamo preso un cappuccino all’angolo del Pantheon, e stavamo discutendo di calcetto. Francesco sentì una musica che veniva da chissà dove e mi disse: Talking Heads. Sono nuovi. Sono il massimo che ci sia mai stato. Porgendo l’orecchio sentivo solo un suono robotico ed un tizio stonato, quindi annuii con disinteresse, perché io diffido sempre delle novità, ho bisogno di avere tempo e silenzio per imparare ad accettare qualcosa che vada al di là del mio esiguo recinto mentale.

“Stop making sense”, 1984

Poi, naturalmente, la cosa non è finita lì, perché su Videomusic c’erano già tre clips di questa nuova band americana, e mi sembrava un nuovo attentato contro la buona vecchia musica dei bei tempi, che gli anni 80 stavano finendo di seppellire. In realtà, qualche anno dopo, sono stato costretto a riconoscere la grandezza di David Byrne e dei suoi colleghi. Ho visto il film di “Stop making sense” ed ho capito che la band è nata come un gruppo di designer ed architetti, che la loro musica newyorkese fosse sempre estremamente concettuale, che le apparenti stonature erano volute, e che si vede bene, specie in questo disco, che abbiano iniziato suonando con i Ramones e, ben presto, siano stati presi sotto l’ala protettiva di Robert Fripp e Brian Eno.

Il risultato è rock d’avanguardia, ma non indie rock, quanto qualcosa di estremamente particolare, più vicino ai Devo che ai Soundgarden, nessuna commistione con il grunge, ma aristocratica meccanicità. E sempre una grande rilevanza dell’immagine, tant’è vero che ogni disco importante è stato accompagnato dall’uscita di un film omonimo. Anzi, quando arrivarono a “True stories”, l’album venne pubblicato dopo il film come colonna sonora. La vita e la morte della band sono state condizionate dall’umore di David Byrne, che ha scritto quasi tutte le canzoni e che pare che abbia un caratteraccio. Anche lui, come Elvis Costello, nasce come nerd, come sfigato, ma uno sfigato narcisistico e snob, uno che ripudia, in gran parte, l’umanità, e si ammorbidirà solo molti anni dopo, quando la frustrazione adolescenziale e l’hype del successo verranno superati dalla serenità di guardarsi indietro e scoprire che, in fondo, la vita non è stata affatto ingenerosa.

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CAT: Musica

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