La musica bisestile. Giorno 240. King Crimson

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2 Gennaio 2019

La musica prog ha il suo primo vero, grande simbolo, un gruppo guida, un punto di riferimento, un album che diventa il punto di passaggio necessario per chiunque voglia percorrere le vie dell’avanguardia

IN THE COURT OF THE CRIMSON KING

 

All’inizio di tutto c’è un chitarrista classico, Robert Fripp, che si mette in testa di scrivere ballate con armonie complesse come quelle del suo idolo, André Segovia, e che abbiano ugualmente il sapore di musica celtica, o comunque profondamente anglosassone, ed aprano una via ad un nuovo modo di interpretare la musica, il più lontano possibile dai 45 giri del rock’n’roll e dai due minuti e mezzo per sviluppare un tema. Insieme a lui, in quell’inizio, vissuto nei pub inglesi, ci sono i due fratelli Giles e, subito dopo, un altro chitarrista estroso e con una formazione classica, Greg Lake.

“In the Court of the Crimson King”, 1969

Dopo due anni di studio, di prove e di piccoli concerti, Fripp si sentì pronto per andare a bussare ad una grande casa discografica e spiegare come, in pochi mesi, lui ed i suoi musicisti avrebbero rivoluzionato la scena musicale. Ed ecco nato “In the Court of the Crimson King”, un disco in cui lavorano una dozzina di persone, tra cui Pete Sinfield, che scriveva i testi, in una guisa mutuata dai Procol Harum, che avevano un autore di testi che non suonava (e più tardi sarà il modello scelto da Lucio Battisti con Mogol, da Lucio Dalla con Roversi, da Elton John con Bernie Taupin).

Il disco, ed ancora di più la gigantesca versione dal vivo, in cui Fripp e soci potevano aggiungere sorpresine, trucchetti, assoli di flauto e di strumenti medievali, o magari giocattoli, dai cucchiaini ai più improbabili strumenti a corda. I King Crimson riuscivano a dare al tutto una “maestà” inusitata, l’impressione che si stesse facendo musica importante, roboante, non importa se veloce e ritmata, o semplicemente tanto strutturata da sembrare di un altro mondo.

Ascoltandoli oggi, naturalmente, facciamo fatica a percepire ciò che allora era nuovissimo e sorprendente, e visto che siamo abituati a sentire l’intervento di loops, dubs ed altri giocattoli presi dall’elettronica, forse abbiamo l’impressione che la musica dei King Crimson sia pacchiana, fin troppo lenta, senza mordente. Io stesso faccio fatica ad amare i nuovi dischi. Usciti nell’ultimo decennio, perché mi sembrano uguali alla robaccia fatta dai Pink Floyd da “Animals” in poi. Il prog ha bisogno di gioventù, di una follia creativa che gli artisti maturi, pare, non posseggono più. Sicché Robert Fripp è tuttora uno dei più importanti musicisti del mondo, e guadagna fior di quattrini lavorando nelle produzioni altrui, ma sembra non avere più tanto da dire. Forse perché quei primi dischi, così straordinari ed intensi, hanno già detto tutto.

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CAT: Musica

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