La musica bisestile. Giorno 25. Francesco De Gregori

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17 Settembre 2018

L’incontro tra Dalla e De Gregori, insieme alla rottura con Venditti, creano il corto circuito necessario alla nascita del più grande capolavoro della musica cantautorale italiana

RIMMEL

 

Non avevo baciato nessuna. Un’altra estate passata, ed ancora nulla. Non importa cosa immagini ora, pensando a quei tempi, in quell’autunno credetti che tutti avessero baciato, almeno una ragazza, tranne me. Passavo interminabili pomeriggi osservando il sole passare sul balcone dei nostri vicini, che erano così simpatici, che li chiamavamo Maillini Mallotti & Gheghet, non so dirvi perché, e che andarono via perché una mattina il loro papà, stanco di tutto, si buttò di sotto dal quarto piano. Avevo finalmente trovato una bella fotografia a colori di Anouk Aiméee, l’avevo ritagliata (per chi mi conosce, non è impressionante la sua somiglianza con Barbara?), e la guardavo ogni sera prima di andare a dormire, e sognavo di partire con lei, e dimostrarle che non fossi troppo piccolo, che avessi grandi idee, chiarezze cristalline, energia e coraggio da leone, fedeltà ultraterrene.

“Rimmel”, 1975

Immaginavo dialoghi, di cui oggi mi vergognerei, ma Cristo, allora avevo 15 anni, e va benissimo così. Quando nuotavo, sognavo di vivere nel Deserto di Gobi, e che allenarsi in acqua fosse la peggiore infrazione possibile contro un Dio violento e rancoroso. Quando ero a casa, con il libro di greco aperto sulle ginocchia ed il subbuteo ben disposto sulla scrivania, sognavo di fare il calciatore. Quando papà mi dava il permesso di pizzicare la sua chitarra, sognavo di essere uno dei Cyan, un complesso di solisti strepitosi, che invece di fare dischi propri, suonava in tutti i dischi dei miei cantanti italiani preferiti: Patty Pravo, Mina, Nico Fidenco, Mia Martini, i Rokes, Nino Ferrer, Gabriella Ferri, Rita Pavone, Renato Zero.

I Cyan all’inizio degli anni 70

Dopo Natale papà e mamma iniziarono ad esercitare pressione, perché gli insegnanti avevano detto loro che non ce l’avrei fatta a passare l’anno. ed io ricordo che pensavo che sarebbe stato bello se avessi potuto saltare dieci anni in un solo salto, e trovarmi già 25enne, fuori di casa, con un lavoro ed una famiglia, i soldi per comprarmi tutti i dischi che mi fossero piaciuti, tutte le domande finora senza risposta ormai chiarite per sempre, e mi chiedevo come avrei parlato, come sarei stato, cosa avrei pensato dieci anni dopo, nella Primavera del 1985. Sarei mai riuscito a farmi accettare come sesto componente degli Anno II di Daniele Bevar ed Andrea Dellepiane? Sarei diventato il prossimo Renato Campanini, il più grande cannoniere di sempre dell’Ascoli (non ero ancora romanista)? Avrei girato il mondo, e visto la Scandinavia?

Che scemo, che tenerezza. A giugno, al mare, baciai una ragazza che abitava a Piazzale Clodio, e che resta un ricordo simpatico di un pomeriggio imbarazzato tra amici adolescenti. Una tacca sulla to-do-list, un sospiro di sollievo, Nemmno ricordo se sia stato piacevole. Scoprii la pallavolo e la pallanuoto, e dimenticai il calcio. Lessi Asimov e cominciai a comprare gli Urania, a dozzine. La scoperta di John Steinbeck mi portò via dagli italiani più amati (Pavese, Fenoglio, Gadda, Verga, Pirandello), e mi sconvolsi leggendo George Orwell e Dino Buzzati, “Cronache marziane” di Ray Bradbury mi impressionò e donò nuovi colori alle mie nostalgie.

Da sinistra: Antonello Venditti, la (ex) moglie Simona Izzo, Francesco De Gregori e Riccardo Cocciante nel 1973

Infine, ad agosto, Francesco Morabito iniziò a suonare in Piazzetta le canzoni di Rimmel. E niente fu più lo stesso. Il disco me lo regalò mamma. Guardando Francesco ci misi nemmeno una settimana ad imparare a suonarlo. Tutto. A memoria. Con la macchina da scrivere di Nonno Enzo avevo trascritto i testi, li so ancora a memoria. Incredibile, visto che nemmeno oggi ho imparato le canzoni che ho scritto io stesso. Francesco suonava un disco meraviglioso degli amati Cyan, con la voce ed i testi di Francesco De Gregori, le musiche di Lucio Dalla, una canzone su Marco Pannella (Robin Hood), una su un lavoratore spagnolo morto in un incidente sul lavoro in Svizzera (“Pablo”), e poi le leggende metropolitane sulla morte della ragazza di De Gregori atterrando a Punta Raisi (“Buonanotte Fiorellino”), ed il regolamento di conti con quella merda di Antonello Venditti (“Piano Bar”).

Se non lo sapete ancora, un disco così non l’ha mai fatto nessuno, né prima né dopo. Persino la critica musicle, ancora oggi, lo considera il miglior disco di musica italiana che sia mai stato registrato. Lo amerete se siete impegnati politicamente, o pipparoli semplici. Lo amerete se suonate, o anche se siete sempre stati suonati di brutto. Lo amerete se siete adulti, ma molto di più se siete adolescenti, e le infantili frasi di De Gregori vi sembreranno colme di eloquenti presagi e di rimandi a cose che siete ancora troppo piccoli per capire. Se vi diranno che Claudio Baglioni era l’adolescenza (i Cyan suonavano anche per lui), rispondete che non siete femminucce e mammaluccchi debborgata, che schifo. E, nei meravigliosi, noiosi, solitari pomeriggi di fine estate, con il cuore pieno di un futuro, che finalmente è promessa, fra le pagine chiare e le pagine scure, ascoltate “Rimmel”. Va tutto bene. La vera vita comincia adesso.

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CAT: Musica

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