La musica bisestile. Giorno 298. The Thrills

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31 Gennaio 2019

Sono passati come una cometa, creando una nuova musica che mescola le tendenze più arcaiche del folk anglosassone, il rock e l’indie nato negli anni 90 dal punk. Un disco indimenticabile, poi il nulla.

SO MUCH FOR THE CITY

 

Quando sono stato a vivere in Irlanda io, per un breve periodo di quattro mesi, la gente era in miseria. Ricordo con nostalgia di aver suonato all’angolo del mercato, la mattina presto, e di avere intorno a me, tra gli altri, banconi che vendevano calzini spaiati o sigarette fumate a metà. Avevo conosciuto subito tante persone, perché ogni giorno rischiavo mille volte la vita attraversando la strada e guardando dalla parte sbagliata, sicché qualche persona gentile mi strattonava e poi, essendo tutti disoccupati, si andava insieme in chiesa a prendere un caffè dell’oratorio o alla mensa pubblica a prendere qualcosa da mangiare per nulla o poco più.

“So much for the city”, 2003

Ricordo tanta rassegnazione ed un poco di rabbia, ricordo che andavo una volta alla settimana a vedere i lavori di Neil Simon a teatro, sempre per pochi spiccioli. Vent’anni dopo, di quell’Irlanda, almeno a Dublino, non è rimasto nulla. L’intera città, che era un meraviglioso intrigo di stradine e vicoletti, assomigliava sempre più a Londra, e la gente, la sera, andava ad ubriacarsi o peggio in locali osceni di musica demoniaca. Per strada non conoscevi più nessuno, il mercato non c’è più. Conor Deasy e Daniel Ryan sono cresciuti nel benessere, ed hanno iniziato a suonare al liceo, come tutti. Dopo la maturità, nel 2001, i genitori hanno pagato loro una vacanza in California, e laggiù i due hanno visto un’altra musica ed iniziato a scrivere le canzoni per la propria band, The Thrills.

Il materiale lo hanno affinato durante le settimane passate nelle località marine della California, suonando dove potevano. E siccome la fortuna esiste, una volta a guardarli c’era un produttore della Rough Trade, che gli promise la registrazione di un demo professionale una volta che loro fossero tornati a Dublino. Conor e Daniel tornano a casa, mettono su una band, provano per tre mesi e poi chiamano la Rough Trade. Il materiale è buonissimo, perché i Thrills hanno belle melodie, una musica a metà strada tra il pop ed il cajun (quindi estremamente di moda in quegli anni di Wilco e Mark Knopfler), e dei testi intelligenti. A ciò si aggiunge che, in quel preciso momento, dall’Irlanda non venga nulla. Le cose esplodono: Rough Trade passa il contratto alla Virgin, che chiama la band a registrare questo album a Los Angeles con i produttori e turnisti più famosi in circolazione.

Il risultato è un disco che va al primo posto in Irlanda, al terzo nel regno Unito, che entra in classifica in oltre 50 paesi del mondo, che vince un disco di platino dopo l’altro e si afferma come la migliore band emergente al mondo del 2003. Un anno e mezzo dopo escono con un nuovo album, che ripete il successo del precedente. Poi basta. Lavorano per mesi in costose sale di registrazione di tutto il mondo. Registrano oltre 30 canzoni, ma nessuna soddisfacente. Non riescono a trovare un nuovo sound, essendo quello originale, alla lunga, un po’ noioso. Vanno in tour in Australia, e dopo l’ultimo concerto decidono di non tornare a casa. Da allora (sono passati undici anni) nessuno ne ha saputo più nulla. Sono tornati a Dublino, hanno iniziato una nuova vita normale, la band non è mai stata ufficialmente sciolta, ma è rimasta sospesa nel limbo delle cose dimenticate. Peccato.

 

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CAT: Musica

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