La musica bisestile. Giorno 359. Gli 883

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3 Marzo 2019

Gli anni del berlusconismo hanno portato con sé un primo, profondo imbarbarimento della società italiana. Due ragazzetti di Pavia sono stati gli epigoni di quegli inizi

HANNO UCCISO L’UOMO RAGNO

 

Confesso di aver compilato una scheda su Max Pezzali solo per il legame affettivo che ho con mia figlia. Musicalmente, l’intero progetto è debilitante, e per quanto riguarda i testi, solo il primo album, con questa struggente noia del fancazzismo della provincia milanese dà voce e volto ai vitelloni degli anni 90, una generazione che non aveva più miti positivi e che tra Jerry Calà e Sabrina Salerno rideva solo dei truculenti doppi sensi degli albori dell’analfabetismo di ritorno e dei primi anni del berlusconismo. Ma Valentina non andava nemmeno all’asilo, ancora, e per lei l’Uomo Ragno era stata una grande scoperta (e, per una bambina di 5 anni, il testo ritmato così veloce era una vera sfida), salvo poi considerare “Sei uno sfigato” ancora più divertente, perché a quell’età di parolacce non se ne conoscevano, ed a casa mia un insulto del genere era comunque al di là del lecito.

“Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, 1991

Già a cinque anni, Valentina aveva compreso fino in fondo cosa rendesse la musica degli 883 particolare e piacevole: “Fa tanto bang che mi devo muovere”. Il principio base della musica tecno, in cui il volume delle tastiere elettroniche sostituisce tutto, banalizza ogni singola nota, la rende puro ritmo da elettrochoc, e non più ritmo etnico, misurato sul cuore di ognuno di noi, ma fatto per prendere il sopravvento, come una droga sintetica. Quanto a Pezzali, di lui manterrò in mente solo l’immagine di sé che, spesso, dà nel salotto di Fazio: occhi spalancati sul nulla, privi di contenuto, se non un sorriso finto e timido, che lo rende, come le sue canzoni, piacevolmente inoffensivo.

Per il resto, l’intero progetto è l’ennesimo prodotto commerciale di Claudio Cecchetto, un professionista che, nella sua carriera, è riuscito a dare un contributo decisivo ad un’operazione culturale importante: dare una musica identificativa a coloro che, negli anni 30, 40 e 50 ascoltavano il trio Lescano, Nilla Pizzi, e tutte le voci stentoree ed i testi vacui di quei tempi là – una musica che, sostituita dal prog (intellettualismo musicale) e dai cantautori impegnati (intellettualismo testuale), aveva perso il treno per l’uso commerciale della produzione musicale italiana. Eros Ramazzotti e Laura Pausini non bastano per coprire quell’immensa quantità di sensibilità semplici e bisognose di conferme – hanno bisogno di qualcosa di più ritmato ed ancora più semplice.

Qualcosa che, nella generazione attuale, è stato sostituito dal rap di Fedez e di tutti quei personaggi che, pur avendoli ascoltati una volta o due, sono ampiamente al di là di ogni confine di tollerabilità, perché, con la lingua dei Teletubbies, incitano alla violenza, alla brutalità, alla distruzione, all’egotismo preanale. In questo senso gli 883 sono stati l’ultima barriera prima della barbarie, un estremo tentativo di mettere un argine alla fine della civiltà, e comunque, esteticamente, sempre un passo in avanti rispetto al Sanremo dei babbioni, in cui, se non hai almeno 75 anni e sei stato completamente rifatto chirurgicamente, non si ha diritto a mettere piede.

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CAT: Musica

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