La musica bisestile. Giorno 61. Deep Purple

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5 Ottobre 2018

MADE IN JAPAN

 

Questo è il miglior album dal vivo mai registrato. Ve lo giuro. Lo dicono anhe i critici e le riviste specializzate, da Bilboard a Ciao 2001. I Deep Purple erano una band manieristica di hard rock (allora ci sembrava suonassero sveltissimi, oggi li situerei a metà strada tra la polka e la mazurka), estremamente rigida e “di destra”, chauvinista, nazionalista, addirittura compassata, ma con musicisti di grandissima bravura individuale: Ian Gillan alla voce, Ritchie Blackmore alla chitarra, Jon Lord alle tastiere, Roger Glover al basso e Ian Paice alla batteria. Erano comunque una band di successo, che costruiva il proprio sound in una rincorsa di assoli dei singoli strumentisti, con Jon Lord a dare un suono diverso e tipico grazie al suo uso “basic” dell’organo elettrico.

“Made in Japan”, 1972

Tra le loro hit ci sono brani rubati a George Gershwin (Burn) e ad altri classici più o meno noti. Una splendida cover di Joe South (Hush), quella sì che mi piaceva… ma per il resto, insomma, bah. Dal vivo erano ancora più compassati degli eagles, tutti introversi, con il chitarrista che suonava dando la schiena al pubblico, tutto preso dalla sua tecnica ed attentissimo a non avere sbavature. Finché non hanno fatto questo tour estivo in Giappone, e tutto divenne diverso. Si dice che, per la prima volta, la band aveva fatto uso di LSD, e che quindi i musicisti erano fuori di testa tutto il giorno, e peggio ancora di notte. Se paragonate la versione “giapponese” di uno qualsiasi dei loro pezzi, con una versione live registrata prima o dopo, scoprirete che la velocità è completamente diversa, ma soprattutto che a Tokyo e ad Osaka la band fu capace di generare una “pressione” sul palco, che esaltò i musicisti e li portò a dare delle versioni dei loro brani che sono veramente indimenticabili.

La ragione tecnica, ve la dico subito, è che i giapponesi spesero uno stonfo in yen per avere sul palco e tra il pubblico, il miglior materiale allora esistente sul mercato, e fecero due giorni di sound-check, prima ancora che la band arrivasse in città. Anche le registrazioni sono di una qualità incomparabile con il livello medio di allora. Per questo motivo, ancora oggi, 46 anni dopo, quello è il miglior album live che io abbia mai sentito, e lo ascolto ancora volentieri, non è invecchiato per niente. Poco importa che i componenti della band, in “Smoke on the Water”, se la prendano con Frank Zappa, o che negli anni successivi spesero tanta energia per sputtanarsi come punto di riferimento della cultura giovanile da renderli sempiternamente antipatici. La musica vale di per sé, e resta per sempre.

 

 

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CAT: Musica

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