La musica bisestile. Giorno 85. Santana

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17 Ottobre 2018

ABRAXAS

 

Mi immagino che effetto abbia fatto, a quel bambino messicano, i cui genitori erano scappati a San Francisco, e lo avevano lasciato indietro, preoccupati di non guadagnare abbastanza per crescerlo, e che aveva imparato a suonare il violino e la chitarra come un mariachi, il giorno che, in un bar di Tijuana, ascoltò Django Reinhardt alla radio per la prima volta. Lui racconta di essere stato come fulminato. Lui che aveva, come punto di riferimento, Ritchie Valens, quello de “La Bamba”.

“Abraxas”, 1970

Così, a 14 anni, era andato anche lui a San Francisco, suonava nei parchi pubblici, lavava i piatti, studiava dai missionari, che lo avevano raccolto dalla strada mentre alcuni bianchi cercavano di violentarlo. E amava tutto: il rock, il folk, la musica hippie, il surf, il jazz, la musica etnica, quella messicana, insomma: proprio tutto. Sicché la sua band mischiava tutto, e faceva un sound tex-mex che non aveva mai sentito nessuno, condito al rock californiano, e che arrivava dappertutto – anche senza dischi e radio, perché Santana suonava ovunque. Tutti lo conoscevano. E nel 1966, ad uno dei grandi concerti oceanici organizzati da Bill Graham, l’icona del blues Paul Butterfield si fece male da non poter suonare, Graham mise sul palco alcuni dei Grateful Dead, alcuni dei Jefferson Airplane (la crema della musica californiana), e scelse Carlos Santana come chitarrista.

Lui sconvolse tutti, era così bravo che non c’era bisogno di dirgli nulla, lui improvvisava degli assoli belli, ispaneggianti, malinconici, pulitissimi, variegati – e la mattina dopo aveva un contratto in tasca. Un contratto che stava per finire in una bolla di sapone, perché i musicisti da studio non avevano il soul necessario per la sua musica. Lui cercava di spiegare loro cosa si aspettasse, questi lo guardavano attoniti e non capivano. Due anni dopo, però, Bill Graham lo mise sul palco a Woodstock con la sua vecchia band di strada, più alcuni percussionisti famosi come José Areas, e Santana ebbe un successo travolgente, insospettato, magnifico. Quindi lo riportarono in studio e gli fecero registrare la sua roba al suo modo.

Il risultato è stato “Abraxas”. Se non lo conoscete, lo amerete, specie se lo ascoltate con le orecchie del pubblico bianco e nero d’America di allora, che dei messicani non si era mai reso conto. Ritchie Valens, con “La Bamba”, era morto per nulla, aveva cantato per nulla. Voleva essere più bianco dei bianchi. Carlos “Devadip” Santana, invece, che nella sua vita ha suonato di tutto ed ha avuto sempre una mente apertisima e profondamente spirituale, ha cambiato la storia della musica giovanile. Per sempre.

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CAT: Musica

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