La musica bisestile. Giorno 88. Lucio Battisti

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19 Ottobre 2018

IL MIO CANTO LIBERO

 

Non c’è bisogno di presentare Lucio Battisti, c’era solo da scegliere, nell’imponente e meravigliosa produzione, quale potesse essere il disco di riferimento. Non ho avuto dubbi. Perché io ho scoperto Battisti con questo album, che era stato regalato per Natale a mia cugina Laura, e che io avevo requisito ed ascoltavo continuamente, finché mi cadde di mano e lo ruppi, e poi faticai tantissimo per ricomprare e restituire a mia cugina. Su quel disco, come su “Rimmel” di De Gregori, ci sono solo capolavori, nessuna traccia che, se non fosse stata di Battisti, non sarebbe divenuta il grande successo di qualcun altro.

“Il mio canto libero”, 1972

Un album, scritto interamente insieme a Mogol, di una qualità incredibile, dagli anni in cui Battisti ancora suonava praticamente da solo tutti gli strumenti, perché non si fidava e non era mai contento di nessuno, prima di andare in sala di registrazione e poi spiegare a ciascuno dei convenuti, con precisione certosina, cosa avrebbero dovuto suonare. Per la sessione di registrazione di questo disco venne la crema dei musicisti di allora: Mario Lavezzi alla chitarra, Giampiero Reverberi alle tastiere, Alberto Radius alla chitarra elettrica, e poi Vince Tempera, che suona il piano, più tanti altri. Un disco di cui, ancora oggi, ognuno di noi è in grado di cantare i momenti salienti, i ritornelli, le parole più poetiche. Certamente uno dei cinque migliori dischi italiani di sempre.

Ma quello che ancora di più stupisce, è l’attualità dei temi trattati nei testi, che varia dalla storia d’amore nella ex Jugoslavia, o la confusione generata dall’emtrata delle parole dell’industria e dell’economia nel lessico affettivo di ciascuno di noi. Per poi raggiungere una vetta epica, che è tra i momenti più appassionanti della storia della musica popolare italiana, il crescendo di “Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi”, in cui “Io” scala, volando, spinto dalla passione, tutte le forze della natura, perché uno scoglio non può arginare un mare… Conosco una sola canzone che abbia una simile potenza, ed è un brano di Marc Lavoine, che amo soffrendo per ciò che signigìfica per me, e che vi offro in calce a questa lista, perché Lavoine non si merita una scehda, ma questa canzone, come quelle di Battisti, con un vocabolario semplice e diretto, senza pathos, vanno a colpire la parte più delicata e spaventata di ciò che siamo.

 

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CAT: Musica

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