Le dieci canzoni più belle del 2014, secondo me

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10 Dicembre 2014

Una transizione. Questo è stato, musicalmente, il 2014. Un anno senza picchi assoluti, ma anche denso di prodotti di qualità e sperimentazione. E ora che siamo arrivati quasi alla fine, è il momento di tirare le somme: quali sono le canzoni più belle dell’anno?

Una risposta oggettiva, ovviamente, non c’è. I dieci brani che troverete in questa lista sono solo quelli che io, personalmente, ho ritenuto più meritevoli di farne parte. Quelli che hanno attraversato più volte il mio iPod e il mio profilo Spotify, ma anche quelli che hanno saputo esprimere al meglio quelle che ritengo le cinque potenzialità fondamentali della forma-canzone, al di là dei generi: raccontare una storia, disegnare un panorama emotivo, farci sognare, farci riflettere, farci cantare. Prendeteli come dei “consigli per gli ascolti”, nulla più di questo.

E se volete rivelarmi cosa sta in cima alle vostre classifiche, e dirmi quali sono i vostri brani fondamentali dell’anno in conclusione, aspetto suggerimenti e pareri sul mio profilo twitter @valeriobassan o su quello degli @stati_generali. Non vedo l’ora di scoprire nuovi orizzonti sonori insieme a voi.

X. Alvvays – Archie, Marry Me

Certe chitarre riverberate sembrano dire: eccomi, sono l’estate. Le atmosfere, quelle della brezza che soffia sul mare calmo d’agosto. L’innocenza, quasi adolescenziale. Se esiste una ricetta per la felicità, gli Alvvays sono davvero vicini a tradurla in musica.

IX. Tobias Jesso Jr. – Hollywood

Sospeso tra le montagne ed il mare di Vancouver, questo giovane cantautore ha fatto delle ballad intimistiche il suo marchio di fabbrica. Non fa eccezione “Hollywood”, il suo singolo di debutto. Una linea vocale semplice, un giro di pianoforte quasi banale: eppure c’è qualcosa di non detto, nel silenzio di una strofa che muore e lo squarcio luminoso del ritornello, che ti spalanca il cuore.

VIII. FKA Twigs – Two Weeks

I suoi detrattori sostengono che la 26enne inglese di origini giamaicane sia più un fenomeno di marketing che una vera artista: a me FKA Twigs sembra invece una star moderna, che prima di conoscere il successo si è fatta le ossa pubblicandosi su Bandcamp e YouTube. La sua formula mescola R&B, trip hop, elettronica e un impeccabile gusto pop. E questo pezzo, non si può negare, spacca.

 

VII. Hooray for the Riff Raff – The Body Electric

All’età di 13 anni, Alynda Lee Segarra prese la metropolitana per andare a vedere con i suoi occhi il Lower East Side, “il quartiere di New York dove vivevano quelli strani e i punk”. Da lì, in un certo senso, non è più tornata: oggi, questa Cat Power di origini portoricane dispensa gemme folk-blues alla testa di un collettivo musicale basato a New Orleans. Canzoni che sono racconti, come questa “The Body Electric”, che sembra uscita da una locanda di una città di confine narrata in un libro di Cormac McCarthy.

VI. Marianne Faithfull (feat. Anna Calvi) – Falling Back

La voce rotta dall’età, la bellezza corrosa dal tempo: nonostante l’ingresso nel sesto decennio di attività musicale, Marianne Faithfull non ha perso un briciolo del suo fascino artistico, che diventa quasi devastante in questo pezzo arricchito dalle chitarre di Anna Calvi.

V. Thomas Azier – Red Eyes

Occhi rossi e ciuffo biondo, l’urgenza di un ventenne e la maturità artistica di un veterano: chi pensa che il sound di Stromae sia cool, ascolti Thomas Azier e questo brano in particolare, perfetto esempio di synth-pop colmo di richiami agli anni ’80 di Depeche Mode e Moroder. La canzone – già anticipata con un video ufficiale nel 2013 – fa parte dell’album di esordio di Azier, Hylas, pubblicato nel corso di quest’anno.

 

IV. Damien Rice – The Greatest Bastard

Damien Rice è tornato sulle scene dopo otto anni di silenzio assoluto con due singoli pressoché perfetti, “My favourite faded fantasy” e “I don’t want to change you”. Ma il suo immenso talento si vede soprattutto in versione bare bones, chitarra e voce: ed è qui che il cantautore irlandese non tradisce, dimostrando che – quando produzioni e ricami sonori si riducono al minimo – il più grande bastardo è ancora lui.

III. Future Islands – Seasons (Waiting on you)

Vedendo Samuel T. Herring tarantolato sul palco del David Letterman Show in molti avranno sgranato gli occhi. Signore e signori, un frontman: la sua magnifica interpretazione è già nella leggenda della televisione americana, così come questo brano è un pezzettino di storia musicale contemporanea. Senza tempo, come solo poche canzoni riescono ad essere, un intreccio perfetto di significato e significante che non stanca mai.

II. Angel Olsen – Windows

“Cosa c’è di così sbagliato nella luce?”, si chiede Angel Olsen in questo pezzo, un affresco nitido di depressione e speranza. Mi piacciono le canzoni che raccontano una storia; questa ci riesce benissimo usando poche e misurate parole, suoni eterei e taglienti, un crescendo struggente; la ciliegina di un disco altrettanto bello, “Burn Your Fire for No Witness”.

I. Josef Salvat – Shoot and Run

Un primo climax, il silenzio rotto da una voce sommessa come un singhiozzo. Poi la cavalcata, accompagnata da un tappeto dark, si fa epica. E quando il ritornello esplode, il sospetto che questa canzone del semi-sconosciuto Josef Salvat sia il migliore brano pop dell’anno diventa una certezza. Questione di tempo, e non saremo più in pochi a pronunciare il suo nome.

Menzioni speciali (ovvero quelle che non ce l’hanno fatta, ma per pochissimo):

Neneh Cherry – Across the Water; Cloud Nothings – I’m not part of me; Warpaint – Love is to die; Jamie T – Love is only a heartbeat away; Omake – Florida; Lykke Li – Love me like I’m not made of stone; Dawn Landes – Home; Sharon van Etten – Everytime the sun comes up; James Bay – Let it go; J Moon – The Window; Delta Spirit – The Wreck; Hannah Miller – Promised Land; Federico Albanese – Queen and wonder; SIA – Chandelier; Blank Realm – Bell Tower;  Against Me! – Black me out; Silversun Pickups – Cannibal; Strand of Oaks – Shut In.

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CAT: Musica

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