‘Vascolandia’. E Don Nicolò

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2 Giugno 2023

Una manciata di minuti. E forse anche meno. Lo scorso inverno i 24.000 biglietti per la ‘Data Zero’ del nuovo tour di Vasco Rossi – in cartellone il 2 giugno – si erano volatilizzati in un amen. E Rimini, sede scelta per la prima ‘messa laica’ 2023 del Komandante, aveva iniziato a sognare. Da qualche settimana, con l’arrivo dei primi tir allo stadio cittadino, sbarcati per montare il palco del ‘Blasco’, un’astronave da mille punti luce con cento fari motorizzati, tre schermi ad altissima definizione giganteschi – due quadrati e uno a triangolo rovesciato – una ‘curva’ di amplificatori a costruire il ‘muro sonoro’ adatto a trascinare gli ‘adepti’ al rito rock, Rimini è diventata ufficialmente ‘Vascolandia’. E in queste ore, se possibile, ancora di più.

Attorno al ‘Romeo Neri’, epicentro della ‘Vascomania’ – dove sono state montate pure una ventina di tende a mo’ di hotel da inguaribili appassionati – è da giorni tutto un via-vai di fans e semplici curiosi. D’altronde ogni pomeriggio, al termine delle prove che hanno scaricato nell’aria decibel più che ‘familiari’, il rocker di Zocca non si è sottratto all’affetto della gente assiepata fuori dallo stadio tra selfie, due chiacchiere, un autografo. Ieri, in attesa dello show di questa sera, la prima apoteosi con il soundcheck per 16.000 iscritti al fan-club del Vasco nazionale. Una ‘fiumana’, accolta a braccia aperte dai riminesi. A due passi dallo stadio un bar ha tirato fuori, nel dehor, spillatori di fusti di birra degni dell’Oktober Fest, il vicino fruttivendolo una bella distesa di angurie da tagliare a fette e il ‘piadarolo’ all’angolo i tavoli su cui appoggiare piade e ‘cassoni’ da passeggio. Sui terrazzi della case affacciate sull’impianto sportivo, c’è chi ha preparato brandina e tavolino per una serata rock difficile da dimenticare.

Già. Perchè il ‘Blasco’ e la sua combriccola non si sono affatto risparmiati. La prova generale della ‘Data Zero’ ha snocciolato quasi tre ore di ‘riff’ graffianti, alternati a ballate struggenti mettendo in scena i grandi classici di un repertorio infinito. Con il pensiero rivolto anche all’alluvione che si è abbattuta in ‘sti giorni, sulla Romagna. “Ciao a tutti… Benvenuti, ben arrivati, bentrovati – ha gridato Rossi aprendo le danze -: questa sera portiamo un po’ di gioia, a questa terra, ferita, orgogliosa, e fiera, straordinaria e generosa. Viva e forza Romagna che non molli mai. Siete fantastici, ce la farete tutti”.

Fuori dallo stadio, riminesi di tutte le età – bimbi, genitori, nonni – arrivati a piedi o in bici, per fermarsi sulla discesa del Palazzetto dello Sport e alla nuova rotonda di ‘Bigno’, a cantare a squarciagola, con ‘religioso’ trasporto.
E il termine religioso, affiancato a Vasco, non stona affatto se c’è chi di religione se ne intende – come il vescovo di Rimini, monsignor Nicolò Anselmi – gli ha inviato, alla vigilia dei concerti, una bella lettera aperta.

“Caro Vasco, mi permetto di darti del ‘tu’ – scrive il prelato – perché, pur senza averti mai incontrato personalmente, ti sento quasi come uno di famiglia. Sono anni che, con amici e ragazzi, cantiamo le tue canzoni intorno al fuoco, sulla spiaggia, sotto la luna, fra le tende. Mi chiamo Nicolò, e sono il vescovo di Rimini. Sono nato a Genova, ho vissuto nel centro storico, e insieme alle tue canzoni spesso le chitarre intonavano le note del concittadino Fabrizio De Andrè”. Ora, aggiunge in un altro passaggio della missiva, “migliaia di giovani e adulti ti attendono, alcuni accampati da giorni fuori dallo stadio. Su molti di loro tu eserciti un’influenza potente. In questi giorni tanti ragazzi e giovani si sono generosamente coinvolti nell’aiutare le popolazioni alluvionate della tua, nostra regione. Tutto il mondo ha visto la loro bellezza interiore. Se puoi, incoraggiali a continuare così, ad essere generosi sempre, attenti verso chi soffre, verso i malati, verso chi è straniero e fatica ad inserirsi, disponibili a tenere compagnia ad un anziano, ad aiutare un bambino in difficoltà con lo studio, a stare vicino a chi si sente solo e vuoto. Se vuoi, invitali a non spegnere mai quel desiderio d’infinito che si trova nel cuore di ogni uomo”.

Parole cui Vasco non ha mancato di replicare. Da par suo.
“Io sono qui per portare un po’ di gioia, di carica, di solidarietà – scrive a sua volta – i miei due concerti saranno ‘dedicatissimi’ a questa terra che io amo, ci sono nato e so che si rialzerà. Io non sono un gran parlatore, mi esprimo con le canzoni. La mia ‘combriccola’ è diventata un ‘popolo’ sì, ma sempre tutta di gente a posto con dei valori, hanno dei sogni. E poi il duro scontro con la realtà. Io mi limito raccontare loro quello che ho imparato, che ‘le stelle stanno in cielo, i sogni non lo so, so solo che son pochi quelli che s’avverano’. A me credono perché sanno che sono sincero e dico solo la verità. Che la realtà è meno dura di quello che uno immagina, meglio affrontarla, guardarla in faccia”. E poi, a concludere, “benvenuto, ben arrivato bentrovato, caro Don Nicolò… e grazie per il tu”.

TAG: #vascorossi, Musica, vasco rossi
CAT: Musica

Un commento

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  1. andrea-lenzi 10 mesi fa

    Assurdo come la superstizione religiosa ed i suoi sedicenti rappresentanti stiano sempre in mezze, a sproposito, ed in modo ridicolo.
    Nel caso specifico il prete di turno chiede di spronare i ragazzi alla tolleranza e ad altre amabili virtù, che sono esattamente il contrario di ciò che è scritto nella bibbia, e messo in pratica sia dalla parte conservatrice della chiesa cattolica stessa, sia da ogni partito che abbia al suo centro “valori” religiosi: non a caso i conservatori/destra italiana supportano leggi razziste contro gli immigrati, omofobe (impossibilità di matrimonio egualitario; impossibilità di adozione da parte delle coppie gay; impossibilità di maternità surogata; ddlZAn negato) e maschiliste (aborto ostacolato in mille modi e criminalizzato; fuori legge la maternità surrogata per le donne con tumore all’utero).
    In sintesi, per essere “buoni” non serve alcuna superstizione religiosa, mentre ogni religione è da sempre ed ovunque il terreno fertile per l’intolleranza verso il diverso, cioè gay, donne e non credenti a quella specifica religione.
    Meglio un vasco, che un don

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