Canova, l’urgenza di essere sé stessi nella normalità

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13 Gennaio 2017

L’anno scorso è stato ricco di novità per l’indie italiano. Addirittura il pop è stato contaminato da questo macro stile musicale, entro cui far ricadere tanti diversi estri creativi. Il pop da classifica, quello delle grandi star, si trova in un momento di stagnazione, senza riuscire a rinnovarsi nemmeno con l’aiuto dei talent. La spinta al cambiamento giunge da artisti slegati da quelle logiche e fra Calcutta e Cosmo, hanno fatto breccia i Canova.

La band ha tagliato trasversalmente la scena musicale prendendosi nelle classifiche di fine anno il giusto merito (vedi Rolling Stone). Avete Ragione Tutti è il titolo del primo full-length, un disco che posa sulla melodia, le batterie e una dose sempre a fuoco di malinconia alternata a gioia. I Canova si divertono a fare quello che fanno, se ne percepisce a pelle la sincerità, l’urgenza e la voglia di comunicarlo.

Spesso ci si chiede perché un gruppo scelga di darsi un taglio pop: il primo motivo potrebbe essere quello meramente economico, il secondo la voglia di condividere al maggior numero di persone le emozioni scritte. La musica in primis è due cose, all’avviso di chi scrive: urgenza e condivisione, unite nell’atto creativo.

Il gruppo suona sabato 14 gennaio al Mame club di Padova, in apertura della Pietro Berselli band, la quale festeggia l’uscita del primo disco Orfeo L’ha Fatto Apposta (lavoro sui cui torneremo prossimamente!)

Ascolta:
Avete Ragione Tutti
Orfeo L’ha Fatto Apposta

Ho posto qualche domanda ai Canova per conoscere meglio i dettagli dietro il loro album

La vostra musica a differenza dei colleghi ha la capacità, a mio avviso, di parlare di un disagio esistenziale riguardante la precarietà del lavoro e dei rapporti. Quali sono le urgenze che più vi hanno spinto a scrivere l’album?

Il disco non è stato pensato come un concept, lo vediamo più come una raccolta di canzoni. Così è stato, abbiamo selezionato i pezzi che ci piacevano di più e li abbiamo registrati. Viviamo delle vite normali, ma nella normalità di solito non ci sono realtà in cui sfogarsi (se non sui social ma è una cosa che noi non facciamo). Abbiamo la fortuna di poterlo fare con la musica, quindi dentro ci mettiamo tutto, tra cui le molte insoddisfazioni o debolezze, come capita a tutti.

A fronte di testi agrodolci trovo un arrangiamento carico, riferendomi in particolare alle parti di batteria. Sembra dicano “va male ma diamoci da fare”. C’è effettivamente una connessione fra i due aspetti?

È bello che tu abbia notato questa cosa. In effetti, da noi la batteria rientra pienamente nella composizione. Nasce proprio con voce e testo. È l’osso, è il binario della melodia, può esprimere qualcosa come fosse un testo. James Brown diceva alla sua band di suonare tutti pensandosi percussionisti. Se ci pensi è un po’ così perché in una band tutti gli strumenti devono incastrarsi con gli altri, quindi, alla fine, tutti suonano uno strumento ritmico.

Quale pensi sia il ruolo di scrivere testi di qualità come i vostri in una realtà dove il contenuto trova sempre meno spazio e valore?

Dipende tutto da quello che cerchiamo. Se cerchiamo contenuto allora l’avremo oppure il contrario. Oggi con internet tutti hanno tutto davanti al naso quindi sta ad ognuno capire cosa fare. Comunque ultimamente è cambiato tanto, le generazioni nuove sono molto in gamba, quindi siamo fiduciosi.

Addentrandomi nei brani, trovo abbiate degli schietti rapporti con la fragilità, la sensibilità e la solitudine, caratteristiche che riscontro di rado nel quotidiano. Quanto è difficile trovare La Felicità con quell’indole che manda “a puttane” la propria Vita Sociale?

Non è facile, ma è giusto che ognuno trovi la propria felicità, che magari ha un gusto totalmente diverso da quella di un altro. La vita che conosciamo non è così bella e facile di come la si leggeva una volta, cresci in una società così e ti rendi conto di quanto non sia tutto solo pane e acqua. I rapporti tra le persone sono molto complicati e noi, in qualche modo, cerchiamo di capirli.

Sono incuriosito di chiedervi da quali spunti narrativi sono nate Manzarek e La Festa. Li potete raccontare?

Manzarek è una canzone basata su un ricordo. Non è una canzone d’amore ma ha dentro la malinconia del ricordo, che è diverso. È un aspetto più lucido e reale di quello che potrebbe essere il contenuto di una canzone d’amore.

La festa non è proprio un brano come gli altri, dura due minuti ed era perfetta per chiudere l’album. È nata di notte, dopo una festa in cui siamo capitati a Milano. C’era un matto che puzzava di erba e una ragazza che raccontava di voler partire per l’Africa, e questo suo discorso aveva creato quasi un legame, perché quando qualcuno parte lascia sempre qualcosa, sembra che ti manchi già.

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CAT: Musica, Padova

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