La “belle histoire” di Michel Fugain, tragico eroe hippie

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15 Maggio 2022

L’amore non ha uno scenario predefinito, e sboccia nelle situazioni più impensabili – per esempio tra ospiti di un campo di prigionia fascista. I frutti di questo amore, però, sono probabilmente guidati da un destino speciale, e non possono avere una vita con una traiettoria qualunque…

Quando la Francia si spacca per l’invasione tedesca del 1940, Pierre Fugain è uno studente di medicina, nella Savoia. Lascia gli studi e va sulle montagne con i partigiani comunisti. Lo acciuffano subito e lo incarcerano, ma nel campo di concentramento in cui finisce la situazione è drammatica, nemmeno i carcerieri francesi hanno a sufficienza da mangiare e da curarsi – sicché lo nominano medico del campo. Gli assegnano una giovane infermiera, una giovane partigiana italiana, arrestata sulle montagne al confine. I due, in una branda d’ospedale, festeggiano un matrimonio senza preti e senza fedi, da cui, poche ore prima che finisca la guerra, nasce Michel.

PIerre Fugain nel 1945, alla fine della guerra

Voi non ci crederete, ma Michel trova “piccolo-borghesi” i propri genitori. Scampati alla guerra, infatti, i due si sposano, e Pierre finisce gli studi e diventa medico di campagna, sereno e felice della pace riguadagnata. Una pace che il figlio non conosce: dopo il liceo scappa a Parigi, vuole diventare attore o cineasta, il suo mito è il grande Michel Piccoli. Non ha niente in mano, è secco come un chiodo e non ha i soldi per pagarsi gli studi. Per campare suona in strada, davanti ai bistrot, e fa amicizia con Michel Sardou – che non è ancora famoso, ma un altro mendicante di paradiso.

Sicché Michel scrive un paio di canzoni per Sardou, per la sua amica Dalida (che invece è famosissima), e comincia a guadagnare. Ma quando prova a cantare da solo lo fischiano, perché si divincola ed ha un tono di voce troppo flebile. Lo chiamano per la leva militare, lui fa finta di essere pazzo e passa qualche settimana nel manicomio di Grenoble, prima di essere restituito alla famiglia. Lui resiste solo pochi mesi, poi scappa di nuovo.

Caterina Caselli e Michel Fugain cantano la versione italiana di “Una belle histoire”

Torna a Parigi, dove vive di espedienti, sperando di trovare il regista che lo scopra, ma trova solo ruoli da comparsa. Con i soldi che ha guadagnato dai primi diritti d’autore si iscrive all’Accademia, ed incontra un nugolo di disperati come lui. La Francia dei primi anni Sessanta è un pentolone di pozione magica di Panoramix, i cui invasori romani sono i politici, i magistrati, i prefetti e gli imboscati vari che sono sopravvissuti dalla repubblica fascista di Vichy. I Galli invincibili di Michel Fugain hanno un piano: mettiamo in scena il musical hippie in francese! Ispirati da Hair e Jesus Christ Superstar si mettono a scrivere canzoni, disegnare vestiti sfarfallosi e colorati, ad imparare passi di danza. Pensano: su di noi gireranno un film e finalmente saremo stelle del cinema!

Le cose vanno altrimenti. Al musical, che si chiamerà Big Bazar, lavorano personaggi sul punto di diventare famosissimi come Marie Laforêt, Roger Marouani, Michel Sardou, Nino Ferrer, Eddy Mitchell e Pierre Delanoë. La crema dei cantautori francesi. Quest’ultimo, Pierre Delanoë, insieme a Michel, scrive “Une belle histoire”, il brano che deve introdurre la storia del musical: due ragazzi tornano dalle vacanze, uno dalla Bretagna, l’altra dalla Provenza, e si incontrano a metà strada. Si amano follemente per una giornata, come se non ci fosse un domani. Poi risalgono in auto e tornano a casa – per non incontrarsi mai più. L’unico amore accettabile, non guastato dal matrimonio borghese.

Il brano ha un successo mondiale di tale portata da stravolgere tutto. Fugain ed i ragazzi del Big Bazar fanno un tour in Brasile, il brano viene tradotto in oltre 20 lingue (in italiano lo scrive Franco Califano, lo cantano dapprima gli Homo Sapiens, poi Caterina Caselli e Mina). Michel ottiene una trasmissione propria in TV, diventa cantautore nazionale ed entra nella schiera dei giganti della Chançon Française. Non vende l’anima: organizza un festival in strada di musica e saltimbanchi nella città di Le Havre, finge di fare il contadino insieme a sua moglie Stephanie – insomma, trasforma la sua immagine hippie in un mestiere.

Una moglie? Contadino? Una vita che è una metafora di “Viaggio di un poeta” dei Dik Dik… e chi se ne importa: gli anni 60 non sono stati meravigliosi per motivi politici o ideologici – sono stati una sarabanda folle di colori sgargianti, di canzoni indimenticabili, di ragazzi che hanno gettato la saggezza al pozzo e, nonostante questo, sono stati costretti a crescere. Come Fugain, spezzato dalla morte della figlia Laurette, che ha portato con sé anche il suo matrimonio. Avevano trovato la vera pozione magica, quella per la felicità. Anche questa, purtroppo, improvvisamente esaurisce il suo effetto.

 

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CAT: Musica, Parigi

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