Pur di riavere la Dc, Renzi dichiara amore ai rottamati
Ci siamo fatti due risate con gli amici di «Stati» pensando alla lunghezza chilometrica di ogni votazione per il Colle, in questo caso iniziata alle 15.17 e conclusasi solo a tarda sera (e la prima “chiama” e poi la seconda “chiama” e poi lo spoglio infinito con una spruzzata di Sabelli Fioretti nella parte della fu Cicciolina), lunghezza che per la sua macchinosità fuori dal tempo non può che precludere all’elezione di un ottuagenario o giù di lì, non certo di un fresco cinquantenne collegato con Cupertino. E il punto in questione è prima di tutto culturale: per sentirci pienamente rappresentati come popolo, c’è la necessità che il nostro presidente abbia anche un’età conseguente, molto strutturata, vicino al tramonto della vita politica attiva e dunque nel momento più propizio per unire esperienza a saggezza o tutte queste belle proprietà si possono trovare anche in una personalità di età inferiore, intellettualmente matura e persino saggio ed esperto?
Insomma: la carica di presidente della Repubblica è un fine vita o può esserne un autorevole passaggio?Nel caso di Mattarella, se poi Mattarella sarà, siamo nei pressi di una onorevole mediazione, le primavere sono settantaquattro e a questa età – l’ex democristiano ha solo cinque giorni in più di Riccardo Muti, entrambi del luglio ’41 – il cervello lavora a pieno regime e anche le forze fisiche sono bastevoli a grandi responsabilità. Sotto questo cielo, molti aspettavano uno scatto in avanti del nostro presidente del Consiglio, credendolo pronto a una decisione storica: portare un “giovane” sul Colle, abbattendo una tradizione secolare. Poteva essere, giusto per fare un esempio, la senatrice a vita Elena Cattaneo, scienziata accreditata, che ha poco più dell’età richiesta. Crediamo che Renzi sia stato sufficientemente responsabile nel non cedere a un certo giovanilismo imperante e a considerare il Quirinale come un approdo di portata certamente storica e dunque interpretabile soltanto da persone dalla vita densa, complessa e politicamente articolata. Il problema, semmai, è capire se la scelta del premier è rispettosa di quel 40% che lo ha votato alle ultime elezioni, e che in qualche misura guardava alla sua rivoluzione come a un passaggio storico della nostra società.
E la domanda semplice ma inevitabile che ne consegue è se Sergio Mattarella (o similia) possa mai essere compreso in questa evoluzione politica o ne rappresenti invece un agente di pura conservazione. Questa scelta di Renzi è un obbligato atto d’amore nei confronti della vecchia politica, alla quale mai avrebbe pensato di ricorrere se già non gli fosse toccato il salvatore Napolitano di questo ultimo scorcio. È anche un obbligato atto d’amore nei confronti di tutti i rottamati, ai quali in qualche misura restituisce dignità di appartenenza dopo averne strappato le mostrine sulla pubblica piazza. Ed è un obbligato atto d’amore nei confronti della vecchia politica, pur compostissima come nella vita di Mattarella, da cui l’ex sindaco di Firenze si era staccato, costruendo le sue fortune su una narrazione opposta. È un atto d’amore – questo sì molto, molto, meno obbligato – verso la Democrazia Cristiana, mamma adottiva, mai misconosciuta e sempre amata. E così dopo un “novennato” orgogliosamente di sinistra, grazie a Renzi la Balena Bianca (forse) si riprenderà il Colle. Obbligarsi a un atto d’amore così, è probabilmente l’unica fonte di consolazione di una serie di
scelte che non sono dipese interamente da lui
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