Barca, La Zanzara e l’incapacità della sinistra di sorridere di se stessa

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22 Giugno 2015

Ricordate quegli uomini politici che affollavano regolarmente il sabato sera televisivo del Bagaglino, facendo persino a torte in faccia? L’estrema malinconia del luogo, simbolo di un destro e debordante sgavazzo, conteneva però una straordinaria riflessione su un certo mondo, naturalmente ignota agli interessati. E cioè che il Potere, quando esce dalle sue sedi opportune e circola senza meta, perde progressivamente particelle di dignità sino a toccare felicemente la scintillante vetta dell’indecenza. Sotto questo cielo, la destra dei nostri tempi molto ha dato, trasferendo quel Bagaglino in ogni circostanza utile la facesse sentire al calduccio di casa. La sinistra, se possibile, ha sempre avuto il problema inverso. Il problema, semmai, di “liberarsi” un po’, di prendersi assai meno sul serio, non si arriva a dire di “bagaglinizzarsi”, questo no, ma di avere con il sorriso, l’ironia e persino (persino!) con la satira un rapporto un cicinin più lieve, insomma uno sbarco intelligente nel grande mondo dei diversamente sorridenti.

Chiunque abbia fatto il nostro mestiere, potrà testimoniare che i più grandi scassapalle sono proprio a sinistra, quelli che si offendono per una battuta, per una ricostruzione da cui non escano men che vittoriosi, quelli che esercitano la leva della cultura, che a sinistra rimane ancora un valore, per mettere pressione, per sottolineare una differenza. Il confronto della sinistra poi con il campo largo della satira è sempre stato molto accidentato, e se viene accettato è perché generalmente l’attacco proviene direttamente da sinistra, da un’angolazione comunque affine, da un fratello che sbaglia ma che con massima estensione misericordiosa possiamo perfino perdonare.

Sotto questo aspetto, il caso di Fabrizio Barca è spettacolarmente di scuola. Forse ricorderete la memorabile telefonata del febbraio 2014 in cui un finto Vendola de «La Zanzara» acchiappa il nostro dalle parti di Napoli, il quale senza soverchia sollecitazione comincia a raccontare il perché e il percome abbia deciso di non accettare qualunque offerta gli possa arrivare per un posto da ministro. È un fiume in piena, Barca, con argomenti che vanno dalla scarsissima stima in Matteo Renzi, “non c’è un’idea, siamo agli slogan” e dunque dove vai, al fatto che c’è “il padrone di Repubblica”, cioè l’ingegner De Benedetti, che lo sta tempestando di messaggini affettuosi perché lui si convinca. E che mi cerca, rivela, “senza neppure sapere cosa farò, e se poi faccio una patrimoniale da 400 miliardi?” Racconta persino che per interposta persona ha fatto sapere al presidente Napolitano la sua indisponibilità. “Vi prego di non farmi arrivare nessuna telefonata”. Il finto Vendola della Zanzara è del tutto marginale, mette lì qualche parola, ma sino alla fine c’è solo il monologo di Barca.

Questa telefonata, che potrebbe tranquillamente inorgoglire tutti i nipotini di nonno Fabrizio (un politico che rinuncia al cadreghino), viene presa malissimo dall’interessato che a caldo non nasconde  il suo malumore, riservandosi ogni azione possibile. Che si sostanzia in un ricorso al Garante per la Privacy, che sino a quel momento mai si era interessato ai plurimi scherzi della Zanzara. Il risultato è un provvedimento con cui si ordina la cancellazione dell’audio da ogni archivio o link, Radio24 ottempera ma al tempo stesso fa ricorso al Tribunale. E la recentissima sentenza del giudice Martina Flamini conferma l’impianto del Garante, sottolineando come «l’interesse pubblico alla conoscenza di fatti di rilievo collettivo va tutelato e perseguito nel rispetto del trattamento dei dati personali , e non può rappresentare un’esigenza superiore  in nome della quale acquisire e trattare dati personali in spregio delle regole che disciplinano l’attività giornalistica».

Adesso la Zanzara ricorrerà nuovamente, ma due cose si possono già dire. Intanto che gli avvocati del «Sole24Ore» non ci hanno capito molto, perché a fronte della falsa “identità di una determinata persona…. in rapporto privilegiato con l’interlocutore”, artificio vietato dalle norme, spiega Luigi Ferrarella sul Corriere, definiscono “altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa». Allora, cari avvocati, è utile che voi sappiate quanto segue: se richiamate il valore della funzione informativa del giornalismo, come diritto primario, questo diritto si eserciterà pienamente solo con la piena consapevolezza delle parti, mai attraverso una falsa identità. In soldoni: c’è ancora gente che acchiappa le notizie con nome e cognome.

Secondo aspetto, questo sì fondamentale per il prossimo collegio difensivo. Qui non è il libero giornalismo in discussione, bensì il libero, liberissimo, sacro, esercizio della satira. Gli scherzi della Zanzara sono esattamente questo, e se al loro interno possono anche capitare notizie giornalistiche, non saranno questi elementi collaterali a inserire quella telefonata rubata e scherzosa in un contesto prettamente giornalistico. Il tema è sempre il disvelamento di una parte nascosta di noi, ciò che non vogliamo mettere in mostra pubblicamente e che l’aiuto di una persona “terza”, che ci sia cara oppure no, è solo lo strumento giocoso per farla emergere. È come se l’inganno della Zanzara avesse una sua protezione di fondo, tutto deve finire in gloria, portare al sorriso, o a una riflessione. Nanni Loy con tutti i suoi nipotini (tra cui l’infame Cruciani) non può finire in un tribunale della Repubblica Italiana, certe cose si regolano possibilmente con le armi dell’ironia. E se qualcuno non ci vuole proprio stare, per esempio il prode Odifreddi che querelò la «Zanza» dopo essere cascato come un tonno nella rete di un finto Bergoglio, ci pensa una doppia sentenza di un giudice di Milano a sancirne l’insussistenza.

È semplicemente questo che Fabrizio Barca non ha capito. Guardiamo le cose a un anno e passa da quella telefonata: il nostro direttore generale dello stato è più sulla breccia che mai, e nonostante abbia parlato male di Renzi in privato (col finto Vendola) ma anche avendolo criticato in pubblico, oggi si ritrova nella stanza di comando del Pd, dovendo selezionare buoni e cattivi come il più esigente dei commissari tecnici. E poi caro Barca, giusto lei che deve riconoscere il lavoro degli altri: potrebbe mai dire che il lavoro di Giuseppe Cruciani e David Parenzo è fatto male? Tra lei che non ride mai e Renzi che ride sempre, nel Partito Democratico possiamo trovare un’onesta via di mezzo?

TAG: david parenzo, fabrizio barca, giorgio forattini, la zanzara, massimo d'alema
CAT: Partiti e politici

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