Gian Marco Centinaio (Lega): I valori rimangono quelli delle origini

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18 Aprile 2024

Gian Marco Centinaio nasce a Pavia nel 1971.

Nel 1999 si laurea in Scienze Politiche con indirizzo Economico Territoriale presso l’Università di Pavia, con la votazione di 100/110. A diciannove anni è già tesserato nella Lega Nord, diventando Militante nel 1994.

La sua carriera istituzionale inizia nel 1993 come Presidente del Comitato di quartiere Città Giardino e in seguito come Consigliere Comunale del Comune di Pavia fino al 2009. Nelle elezioni comunali del 2009 ottiene l’incarico di Vicesindaco e Assessore alla Cultura e Marketing Territoriale per il Comune di Pavia. Nel 1995 diventa Coordinatore Cittadino del “Gruppo Giovani Lega Nord Pavia, e dal 1996 Coordinatore Provinciale del “Gruppo Giovani Lega Nord/Movimento Giovani Padani”. Nel 1999, fino al 2005, è eletto Segretario Cittadino della Lega Nord Pavia e in seguito Membro del Direttivo Cittadino Lega Nord Pavia.

Alle elezioni politiche del 2013 viene eletto Senatore per la Lega Nord entrando nel gruppo Lega Nord e Autonomie XVII Legislatura dal 15 marzo 2013. L’8 luglio 2014 viene nominato Capogruppo al Senato per la Lega Nord e il 4 marzo 2018 viene rieletto Senatore per la Lega e Capogruppo.

Il 31 maggio 2018 viene nominato Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con Delega al Turismo nella XVIII Legislatura. Il 1 marzo 2021 entro nuovamente al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali in veste di Sottosegretario nel Governo Draghi.

Dopo le elezioni del 25 settembre 2022 assume l’incarico di Vice Presidente del Senato della Repubblica.

La Lega ha appena celebrato i suoi primi quarant’anni. Si presentò dapprima come un movimento separatista che lottava per l’indipendenza di una parte del nord del Paese, la Padania, poi virò sulla versione “partito federalista e autonomista” per diventare infine un partito nazionale di governo. Siete passati da Roma ladrona al ponte di Messina. A lei che ha vissuto in prima persona ogni fase chiedo: evoluzione o trasformismo?

Nella mia prima tessera, datata 1990, c’erano scritte tre parole: libertà, autonomia e federalismo. Su queste cose non abbiamo mai fatto un passo indietro. Ci siamo evoluti, è vero. Per noi scendere al di sotto dell’Umbria è stata una vera rivoluzione e di questo dobbiamo dare merito a Matteo Salvini. Ma non significa che ci siamo snaturati. I valori rimangono quelli delle origini, adesso li applichiamo anche ai territori del Centro-Sud e non solo a quelli del Nord. Con l’autonomia, che è il provvedimento che ha segnato la nostra storia e che ora finalmente stiamo per approvare, possono guadagnarci tutti.

Nel corso della propria storia la Lega ha avuto tre leader. Bossi, Maroni, Salvini. Tre visioni differenti e strategie politiche non sovrapponibili. Cosa ha consentito al movimento-partito di rimanere in vita e di non implodere?

Bossi ha avuto l’intuizione iniziale e la capacità di trasformarla in un progetto politico, a lui dobbiamo tutto. Maroni ha guidato la Lega in un periodo molto difficile e ci ha aiutato a trasformare il partito in senso più istituzionale, prendendo una direzione che condivido molto. Con Matteo, come detto, abbiamo fatto il grande salto verso un progetto nazionale e non più limitato al Nord. Non credo si possa tornare indietro da questo passaggio e non sarebbe nemmeno giusto. Il filo conduttore sono stati i nostri ideali e i nostri militanti, che restano la grande forza della Lega.

Ipotizziamo che la candidatura alle Europee del gen. Vannacci diventi ufficiale. Il sen. Centinaio, nel medesimo giorno e alla medesima ora, è invitato a partecipare a due manifestazioni elettorali. Vannacci a Roma e Pinco Pallino, sindaco leghista con trent’anni di militanza, a Brescia. A quale evento parteciperà?

Preferisco il secondo. Prima di tutto, perché è nella mia regione. E poi proprio perché credo che la forza della Lega provenga principalmente dai militanti e dagli amministratori locali che si fanno il mazzo sul territorio. Io ho iniziato il mio percorso istituzionale nel mio quartiere, poi nel consiglio comunale a Pavia e in giunta da vicesindaco. La politica locale è una grande scuola e penso che debba essere valorizzato chi fa questo tipo di percorso, piuttosto che andare a cercare all’esterno persone che non hanno mai avuto a che fare con la nostra storia. Anche Einstein prima di scrivere la teoria della relatività ha dovuto imparare le tabelline, penso che anche in politica valga la stessa cosa.

Il salto di qualità della sua carriera politica avvenne anche grazie a una precisa scelta di Matteo Salvini che vide in lei determinate potenzialità. Oggi che nel petto di Salvini batte un cuore nero e che la politica del segretario è divenuta decisamente di destra lei si trova ancora in sintonia con lui?

I nostri cuori restano sempre verdi. Con Matteo ci siamo sempre detti quello che avevamo da dirci senza problemi, sia quando c’è stata più sintonia sia quando non eravamo d’accordo su alcune cose. Credo che in questo momento in cui i consensi sono un po’ più bassi, il confronto interno e la possibilità per ciascuno di dare il proprio contributo siano aspetti da valorizzare. Ben venga quindi il percorso verso il congresso che lo stesso segretario ha già tracciato. Non riduciamo tutto a Salvini sì/Salvini no come fanno molti giornali. Parliamo di quello che possiamo fare tutti insieme per crescere.

Qualcuno definisce “effetto Papeete” quel curioso fenomeno che spinge un politico che non riesce a prendere il controllo di una coalizione a farla saltare. Il centrodestra, nonostante tutto, tiene. Oggi l’uomo del Papeete sembra essere Conte e il campo largo somiglia a Milano Marittima. Vedo che lei sorride sotto i baffi.

Non voglio mettere becco in casa d’altri. Però credo che nel campo largo ci sia meno da divertirsi rispetto a Milano Marittima. Il Movimento 5 stelle è fatto così, più si avvicina la campagna elettorale e più loro sparano a zero su tutti. Noi della Lega ne sappiamo qualcosa, ora lo sta capendo anche il Pd.

Pochi giorni fa lei ha partecipato alla premiazione degli Italian Political Awards, un riconoscimento simbolico assegnato ai parlamentari che si sono distinti per la loro attività in diversi settori. “So di essere impopolare, ma lo dico: è ora di smetterla con l’antipolitica”. Sono parole sue, che condivido. Ma non bastano i buoni princìpi per riavvicinare i cittadini alla politica, aiutandoli a tornare a votare con entusiasmo. Gli slogan (da “Roma Ladrona” sino a “apriremo i Palazzi come scatole di tonno”) lasciano il tempo che trovano. Qual è la buona politica che piace al vicepresidente del Senato?

Quella che ascolta le esigenze delle famiglie e delle categorie produttive e cerca di dare risposte. Se la politica si chiude nei Palazzi e parla di cose lontane dai cittadini, è normale che poi scatti l’antipolitica e aumenti l’astensionismo. Personalmente cerco sempre di impegnarmi in questo senso, ultimamente anche quando c’è stata la protesta degli agricoltori. Ho incontrato molti di loro, ci parlavo nelle chat, ascoltavo e provavo a capire cosa si potesse fare. Questo è il tipo di rapporto che secondo me la politica deve provare a costruire per guadagnarsi la fiducia dei cittadini.

Parlare con Gian Marco Centinaio impone di fermarci su due temi: turismo e agricoltura. Le risparmio il tema Bolkestein-balneari, ne parlammo insieme a lungo nel 2017 e il tema è ancora di attualità. Una valutazione dell’attuale politica del turismo nazionale però è d’obbligo. La campagna pubblicitaria “Open to Meraviglia” è naufragata in un mare di critiche, la titolare del dicastero vive un momento personale tribolato che di certo non aiuta. Per l’Italia il turismo è vitale, non si può sbagliare la programmazione. Lei come giudica il lavoro del Governo?

Al di là delle vicende personali, io credo che la ministra Santanchè stia facendo un buon lavoro. Viene dal mondo del turismo e si vede. Le veniva rimproverato di avere un conflitto di interessi, quando invece ha solo esperienza ed è quello che serve per lavorare bene. Troppo spesso in passato abbiamo creduto che i turisti in Italia arrivassero senza che ci fosse bisogno di fare qualcosa. Non è così, c’è tanto da fare per battere la concorrenza di altri Paesi che sono riusciti ad avanzare più velocemente di noi, in termini di accoglienza, servizi, destagionalizzazione e differenziazione dell’offerta. Per la prima volta questo governo ha elaborato un Piano specifico per il turismo e già questo è un importante cambio di passo.

 


La protesta dei trattori di qualche mese fa ha nuovamente portato le rivendicazioni del comparto agricolo in primo piano. A molti è sembrata una strumentalizzazione, altri hanno sentito invece levarsi un vecchio grido di dolore. Quali sono le rivendicazioni che lei condivide e quali le soluzioni che propone?

Parlando con loro, ho avuto la conferma di come la stragrande maggioranza degli agricoltori sia seria e concreta. Loro hanno ben presente il fatto che i loro interlocutori siano diversi: il governo, certo, ma anche le Regioni e soprattutto l’Unione Europea. A livello nazionale, grazie all’impegno della Lega, siamo venuti incontro alla categoria rinnovando l’esenzione dell’Irpef agricola. Su temi come il contrasto alla fauna selvatica e la burocrazia, serve l’impegno delle Regioni. Il vero cambio di rotta però deve essere fatto a Bruxelles, dove in questi ultimi anni si è imposto un ambientalismo ideologico che ha colpito in primo luogo proprio gli agricoltori. Anziché dare loro una mano a contribuire alla transizione ambientale e a proteggere il territorio, cosa che è già nel loro DNA, sono stati visti come nemici e ostacolati in ogni modo. Non voglio buttarla in politica, ma Socialisti e Verdi sono i principali responsabili di tutto questo e la presidente Von der Leyen ha avallato le loro scelte, cambiando idea solo in questi ultimi mesi, con i trattori per strada e le elezioni alle porte. Io da ministro mi opposi alla PAC così come si stava configurando, poi cambiò il governo e furono fatte altre scelte. Ma dobbiamo ripartire da lì se vogliamo veramente considerare finalmente l’agricoltura come un settore strategico, perché determina la nostra autonomia alimentare e stiamo vedendo quanto questa sia importante di fronte alle crisi internazionali.

Cosa si attende dalla nuova Europa che uscirà dalle urne a giugno? Abbiamo una politica dell’immigrazione e del lavoro che dovrebbero armonizzarsi tra di loro, due conflitti vicini ci impongono scelte riguardo la costruzione di una difesa comune, i tempi che viviamo sono delicati. Perché oggi un elettore dovrebbe scegliere uno schieramento conservatore e non uno progressista?

Ho già accennato al tema della transizione ambientale, che va affrontato in maniera non ideologica ma realistica, valutando bene i tempi e l’impatto delle misure su famiglie e imprese. Sull’immigrazione, il Patto approvato recentemente dal Parlamento Europeo fa qualche piccolo passo avanti solo in merito alla gestione dei migranti dopo che arrivano sul nostro territorio. Non fa nulla per fermare all’origine le partenze e non cambia il Patto di Dublino, per questi motivi la Lega ha votato “no”. Insomma, ancora una volta l’Italia è stata lasciata sola, nonostante il nostro governo sia riuscito a strappare qualche concessione sulle redistribuzioni, il cui obbligo può essere comunque facilmente aggirato dagli altri Paesi. Più in generale, questa Europa presta più attenzione a dirci quanto devono essere lunghe le vongole piuttosto che ad aumentare la propria autorevolezza e la propria centralità nello scacchiere mondiale. Lo stiamo vedendo in questi mesi, dimostrandosi incapace ad avviare o almeno a partecipare a un reale processo di pace sia nel conflitto russo-ucraino sia nel Vicino e Medio Oriente.

Gian Marco Centinaio e Hernàn Crespo

Incroci pure le dita per scaramanzia ma ci siamo. Il suo Parma torna in serie A. Ci vedremo a san Siro. Quest’anno i cugini interisti vinceranno la seconda stella, il prossimo anno toccherà a noi Diavoli, posso contare su sei punti sicuri vero?!

Mai dare nulla per scontato quando si ha di fronte il Parma. Non possiamo farlo noi tifosi per quanto riguarda una promozione che ancora non è certa, ma non devono farlo nemmeno i nostri avversari. Voi milanisti dovreste ricordare la Supercoppa europea di trent’anni fa, quando vinceste all’andata al Tardini per 1-0 e poi i gialloblù andarono a prendersi il trofeo a San Siro ai tempi supplementari, con goal di Crippa. Era un’altra stagione, vero, ma il passato può sempre tornare…

 

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CAT: Partiti e politici

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