Il dio delle piccole cose ha punito il Pd (non Verdini, ma la dignità)

6 Giugno 2016

La dignità ormai è molto liquida e pesca dove può e soprattutto quando l’occasione le è propizia. Sarà necessario prendere atto di un nuovo concetto di organizzazione sociale, ricomprendendoci anche i partiti, in riferimento alla considerazione che i cittadini ne hanno. Nessuno è più disposto ad assegnare preventive aperture di credito morali o etiche, nessuno può permettersi il lusso di votare il Partito X o il Partito Y prendendosi tutto il pacchetto a scatola chiusa. Non si vota più il Partito Democratico, per dire di quello più forte, per via del suo eventuale solido impianto (etico, organizzativo, sociale) ma solo e soltanto per le cose che fa, per come si comportano i suoi rappresentanti, per l’«impressione» che dà. E così tutti gli altri.

In questa tornata elettorale, il concetto di dignità ha restituito ai partiti, in termini di voti, ciò che i partiti hanno speso nel corso di questi anni. Sembra davvero che un’equazione matematica abbia sovrinteso alla decisione finale dei cittadini: dove i comportamenti sono stati irresponsabili se non criminali, il risultato finale è stato irrimediabilmente modesto. Che il concetto di dignità sia entrato, con tutto il peso che abbiamo visto, tra le opzioni politiche che possano spostare gli equilibri elettorali, è certamente buona cosa a patto che i soliti giustizialisti dell’animo umano non ne facciano un programma di governo. È semmai un concetto che dovrebbe restare sullo sfondo, diremmo persino una pre-condizione, se non fosse che le questioni che un tempo si consideravano banalmente scontate, oggi fanno addirittura la differenza.

Il Pd è quello che è perché ha messo sostanzialmente la dignità sotto le scarpe. I dirigenti più importanti del partito vivono come in una bolla, in cui considerare il decoro complessivo, fatto anche di gesti piccoli, come un fastidioso corollario alla vera vita di un partito che è tutt’altro rispetto a quello che ingenuamente penserebbero i cittadini. Lasciamo stare per un momento la questione Verdini, che generalmente viene esibita dai detrattori di Renzi come la punta massima dell’indegnità. Ma Verdini è una splendida arma di distrazione di massa, che comunque fa parte di una dinamica parlamentare e che semmai serve al presidente del Consiglio per giocare di sponda quando esibisce la riuscita di una riforma importante. No, non è per Verdini che il Pd è in questa condizione. Non solo, almeno. Per paradosso, la questione è molto più piccola.

A Roma, per esempio, i dirigentoni del Pd, i Guerini/Serracchiani per dire, pensano che la tragedia cittadina, che vede la Raggi ormai sindaco di Roma, sia da attribuire totalmente a Mafia Capitale. Pensano (e dicono) che dopo uno scandalo di quella portata, il ballottaggio di Roberto Giachetti sia già uno straordinario risultato, in cui sacrificio e nuovo senso del dovere hanno premiato il rinascimento del partito. Questi dirigenti hanno dimenticato le cose piccole, il dio delle piccole cose, che molto governa dei comportamenti umani, sino a modificarne tratti e decisioni. Moltissimi cittadini che non hanno (più) votato Partito Democratico non lo hanno fatto per Mafia Capitale ma, più “semplicemente”, per come il Pd si è comportato con Ignazio Marino. Per la dignità che è mancata, per la chiarezza che non c’è stata, per una codardia complessiva che è stata percepita in modo nitido, evidente, solare. Apoteosi di tutto ciò è stata quella straordinaria gita sociale, dove il commissario Orfini ha impacchettato 19 consiglieri Pd, più altri sette di altre forze politiche compreso lo stordito Marchini, e li ha portati di fronte a un notaio. Quel giorno tutti questi signori, per un senso di vergogna che evidentemente avvertivano su di sé, sono entrati in Campidoglio da una porta laterale! Cose di questo tipo, piccole eh, modestissime, davvero di scarsissimo peso, hanno cambiato il corso di questa elezione per il nuovo sindaco di Roma. Semplicemente la dignità, il decoro complessivo. Credete davvero che i cittadini non s’accorgano di nulla, che siano marionettine a cui date voce e rappresentanza quando vi garba?  Sveglia Serracchiani, scenda dal pero!

E sempre perché secondo voi le piccole cose non contano nulla, le piccole cose hanno portato Stefano Parisi a sfiorare l’impresa. E non è detto che non possa centrarla. Una gestione attenta di un certo decoro complessivo, lo sfuggire a certe immagini codificate, quando i ruttatori di professione volevano farsi un selfie con lui, quando la passerella era imbarazzante, quando di imbarazzante c’era qualcuno in lista, ecco, su quello il candidato della destra, che peraltro è un vecchio socialista, ha cercato di mettere una nitida linea di confine. Una strategia studiata a tavolino? Possibile, ma anche forse un’attitudine personale. Ciò che non è sopravvenuto alla mente di una malinconica Valente, che in momento di genio distruttivo si è fatta una bella comparsata napoletana con Verdini tra lazzi e sorrisi beoti, così da consegnarsi definitivamente allo sterminato cimitero dei dimenticati.

 

Immagine di copertina tratta da ansa.it

TAG: amministrative 2016, comunali 2016, milano, Pd, Roma, Torino
CAT: Partiti e politici

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