Non era facile resuscitare il M5S. Ma Salvini ce l’ha fatta

14 Agosto 2019

Pochi giorni dopo il grande strappo di Matteo Salvini, e appena un giorno dopo la mossa da pokerista all’ultimo giro della notte, giocata dal ministro dell’interno in parlamento, la situazione politica italiana, per quando in continua evoluzione, registra un paradosso degno di Escher: il coltello dalla parte del manico, fatta sempre salva la possibilità di fare harakiri, ma il destino della legislatura, ha un padrone, ed è il Movimento 5 Stelle.

Direte, giustamente: beh, son pur sempre il primo gruppo parlamentare, hanno pur sempre la maggioranza relativa dei parlamentari, e di gran lunga. Verissimo. Eppure, se solo tornassimo a due settimane fa, e ai lunghi mesi che hanno preparato le elezioni europee del 26 maggio e alle settimane che le hanno seguite, l’importanza dei numeri impallidisce rispetto alla forza politica. Quella, da mesi, era tutta in mano alla Lega di Matteo Salvini. Era il padrone incontrastato della maggioranza e dell’agenda, da ministro dell’Interno aveva trascinato dietro di sé, alle priorità dei suoi elettori, un intero governo. Basti ricordare che appena prima di buttare a monte l’intera partita, aveva chiesto e ottenuto il voto di fiducia proprio su quel decreto sicurezza che oggi il TAR ha iniziato a smontare.

Non sapremo mai esattamente – o forse sí – quale calcolo, prospettiva sicura o stanchezza, o confusione, ha condotto il capitano osannato nelle piazze e in riviera a far saltare il banco. Forse davvero, semplicemente, la certezza che non ci sarebbe stato spazio per la nascita di una nuova maggioranza parlamentare: e quindi, la certezza di tornare a votare e capitalizzare presto tutto il consenso. E invece, è bastato aspettare qualche giorno, per accorgersi che il piano inclinato non era poi così inclinato. Che i tempi del parlamento, per quanto forzati, non si possono accelerare oltre. E che il parlamento, che non appartiene nemmeno alla maggioranza assoluta, vede comunque la Lega e il centrodestra in minoranza.

Le controspinte, rispetto al voto, sono tante: alcune più alte, altre più meschine, come capita sempre nelle cose degli umani. Sta di fatto che di colpo, girano strane voci di una possibile – e impossibile, in un mondo appena normale – marcia indietro. Cioè, di un rilancio della maggioranza giallo verde che però, al solo pensarci, fa ridere a crepapelle. E quindi, chi ha la maggioranza del parlamento, cioè i 5 stelle “4 marzo 2018 edition”, pretenderebbe tante scuse e orecchie basse. Da parte del trionfatore di appena ieri. La pretesa avrebbe improvvisamente una forza, impensabile, che è data sempre a chi ha un’alternativa. Anche questa era impensabile fino a poco tempo fa, ma ormai di un’ipotesi di maggioranza 5 Stelle-Pd si parla tranquillamente. Si valutano i pro e i contro: anche questo, appena poche settimane fa, sembrava ridicolo. Tanto che quando, appena il 22 luglio scorso, la proponeva uno che conosce bene i palazzi, cioè Dario Franceschini, Renzi e Zingaretti facevano a gara a chi diceva “non esiste” per primo. Altri tempi.

E insomma, la morale della storia, per quanto assurda, è questa. I 5 stelle sono di nuovi padroni del loro destino, almeno in parlamento. Lo sono grazie a Salvini, che fino all’altro ieri li dominava. Tornerebbe a dominarli e a dominare tutti gli altri, probabilmente, se si andasse a votare a breve. Ma, appunto, non decide lui. Decide ovviamente il presidente della Repubblica. Nella formazione della volontà istituzionale, però, il parere più importante è tornato ad essere quello del Movimento fondato da Grillo e Casaleggio. Non sarà facile usare bene questo jolly, ma per chi segue la partita sembrava impensabile che la carta prediletta tornasse, proprio adesso, proprio in quelle mani.

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CAT: Partiti e politici

2 Commenti

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  1. dionysos41 5 anni fa

    Tutto giusto, ma … Se e ma, diceva Totò, sono particelle “scarupative”. In questo caso il ma è la piazza scatenata da Salvini. Sul piano istituzionale, a breve termine, parlamento e democrazia avranno la meglio, forse. Ma a lungo termine la piazza si vendicherà votando chi l’aizza. E allora i giochi si faranno duri (non che adesso non lo siano), e a perderci, comunque, in ogni caso, sarà proprio la democrazia.

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  2. ferdy 5 anni fa

    Come si dice,è andato per battere ed è rimasto battuto.chi troppo vuole, nulla stringe,e meno male ,perchè quando uno comincia a dire datemi più potere,si sa come comincia ma non si sa come finisce.Una bella ridimensionata non guasta.e quando si tornerà a votare,saranno molti i delusi che torneranno all’ovile.

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