Mariotto, Matteo e le occasioni perdute
Ti ricordi di Mario? Ma sì, Mario. Anzi, Mariotto. Il Segni, insomma. Dai che te lo ricordi, su. Sei vecchio abbastanza, no?
No? Non ti ricordi quando era il leader più amato, quando tutti nel 1993 pendevano dalle sue labbra referendarie? Quando persino Berlusconi, prima di prendere la via della politica, gli propose di essere lui a capo della futuribile Forza Italia, ricevendone uno sdegnoso diniego?
E ti ricordi cosa accadde quando, alle elezioni del 1994, presentò la sua lista, il Patto Segni? Come finì a vagare, da deputato semplice, per il Parlamento? E di come, nel 1996, si ritirò dalla politica (seppur temporaneamente)?
Che c’entra con l’oggi, dici? Niente, forse. Ma pensavo a lui, vedendo l’intervista al senatore semplice Renzi, ieri, da Lucia Annunziata. Vedevo Renzi e sentivo Segni. Lo sentivo parlare (ancora) come se fosse quello del 40% delle europee del 2014 e mi sembrava di sentir parlare il Segni dei tempi del referendum del ’93, quando tutta l’Italia stava con Mariotto (a dire dei giornali). E lui ci credeva.
Lo sentivo dare del bullo all’attuale Ministro dell’Interno e pensavo al suo atteggiamento da”leader” del Pd (atteggiamento che tiene anche ora quando ricorda i suoi, pochi e fragili, avversari interni). Certo, Segni era tutto tranne che un bulletto di periferia, ma anche lui aveva non pochi rancori irrisolti, negli anni successivi al 1993.
E la, giusta, confusione della Annunziata tra i due Mattei (Renzi e Salvini) spiegava meglio di mille parole lo stato di imbarazzo di chi lo ascoltava vantare meriti di difesa dei più deboli, dopo essere stato promotore e sponsor di politiche sull’immigrazione nei contenuti non troppo diverse da quelle odierne. Diciamo che Renzi (e Minniti) non ruttavano comunicati dai toni salviniani, ma certo il vantarsi di essere i primi a fare qualcosa sulla faccenda è appartenuto al governo Renzi (e Gentiloni) quanto a questo.
E non solo questo. Il vantarsi di essere i primi in tutto, gli efficaci, quelli che “prima di noi non si è fatto nulla” è tipica dialettica renziana, esaltata oggi da Salvini con i suoi toni da curva. Diciamo, mutuando uno slogan di epoca fascista, che Renzi ha scavato il solco che oggi Salvini difende.
E il solco, Renzi, lo ha scavato soprattutto (e sopra tutti) con una parte del paese che difficilmente si ritroverà dalla sua parte, che difficilmente risponderà alla chiamata alle armi contro l’invasore, lanciata da chi di fatto ha aperto le porte all’invasore, praticando politiche che hanno allontanato elettori “scomodi” in cerca di un consenso più docile che poi ha preferito dirigersi da altre parti, dove le parole securitarie hanno più forza.
Lasciandolo solo, leader che fu, senatore semplice e malmostoso, come un Mariotto qualsiasi.
Un commento
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Come ha detto il prof. Domenico De Masi, la credibilità di Renzi è scesa così in basso che anche quando fa affermazioni giuste non viene preso sul serio. Meglio così: un contaballe in meno. Sostituito da un altro contaballe: Salvini. D’altra parte, il popolo italiano non è risultato da una statistica di alcuni anni fa il più bugiardo del mondo? Purtroppo, a differenza di quelli di sinistra, l’elettorato di destra è molto più incline a bersi le balle del proprio leader, ed ha bisogno di molti anni per ricredersi (vedi il grande bugiardo Berlusconi).