Monza, la vecchia Italia fa sempre la stessa cosa, con sempre meno entusiasmo

23 Ottobre 2023

Nel seggio che fu di Silvio Berlusconi, al primo voto politico dopo la sua morte, e proprio per sostituire lui al Senato, non succede nulla di strano nè di imprevedibile. L’amico di una vita, Adriano Galliani, il Sancho Panza rossonero di chi fu tutto fuorché don Chisciotte, vince col supporto di tutta la destra la governo, e lo fa in scioltezza contro Marco Cappato, sostenuto da una lista unica dalle forze di opposizione unite. Il finale è nitido, molto prima che sia scritto dalla fine dello scrutinio. Galliani supera comodamente il 50% dei consensi espressi, Cappato si ferma sotto il 40%. Galliani conferma, e anzi rafforza di un poco, i termini percentuali della stessa coalizione di 13 mesi fa, mentre Cappato perde qualche punto rispetto alla teorica – molto teorica – somma tra centrosinistra, 5 Stelle e centristi di Calenda (senza Renzi, e senza Letizia Moratti, tornata di recente in Forza Italia). Escludiamo che siano l’assenza di Matteo e il ritorno a casa di Letizia la ragione di proporzioni più vantaggiose per Galliani. All’occhio salta tuttavia il più totale disinteresse della popolazione brianzola per l’appuntamento di queste elezioni suppletive, con affluenza registrata al 19% circa, rispetto al 71% delle politiche del 2022, quando peraltro a Monza si registrò una partecipazioni di nove punti superiore rispetto alla media nazionale. Era ovvio e aspettato, naturalmente, un calo dell’affluenza rispetto agli ultimi appuntamenti, ma questo 19%, per sporadico e casuale che sia, rafforza, evidenzia, rende clamorosa, una tendenza al disinteresse per la rappresentanza politica che continua a non interessare i rappresentanti, almeno fino a quando vengono eletti.

Nell’analizzare questo voto, nonostante l’esiguo numero dei votanti, e forse anche in forza di quello, vanno sottolineate alcune tendenze profonde che escono da questa scelta rafforzate. Il centrodestra sarà anche diviso e litigioso a Roma, come viene spesso raffigurato dagli analisti politici. Ma poi, quanso di vota, schiera sempre la formazione tipo, e nelle sue roccaforti non perde mai. Anzi, spesso vince anche fuori casa. Di contro, il centrosinistra, anche quando si unisce e diluisce i suoi simboli in unica lista, difficilmente fa meglio della somma degli addendi presi singolarmente. Abbastanza spesso, fa invece peggio. Il caso di Monza ha le sue particolarità, sia chiaro, può darsi che un candidato meno connotato su battaglie laiche e più interno ai reticoli relazionali dei potentati di territorio avrebbe fatto meglio di Cappato. È possibile che il mitico “voto cattolico” organizzato, che su questi numeri e in quella terra qualcosa ancora conta, abbia preferito Adriano al politico che ha accompagnato Dj Fabo a morire. È possibile, ma non certo, e comunque è un dettaglio, perché chiunque avrebbe perso contro Galliani a Monza, con la stessa misera affluenza di oggi, o con un’affluenza molto più alta. Avrebbe magari perso un po’ meglio, ma sempre sonoramente. Quel che resta dell’elettorato italiano, infatti, al momento  tende a perpetuare il proprio passato recente, e a fare la stessa cosa che ha fatto l’ultima volta e, molto spesso, anche la volta prima. Almeno per il momento, da Monza, per quel che vale, arriva una fotografia che qualcosa vale: nel cuore della regione più ricca d’Italia, in uno dei territori con il più alto tasso di ricchezza e aziende d’Europa, la maggioranza che regge il governo a Roma continua a essere lo specchio della società. Con sempre meno entusiasmo e partecipazione, affidando a un amico di Berlusconi il seggio che fu suo, ma continuando a non dare una possibilità concreta a chi si presenta come alternativo. È l’ultimo capitolo di una storia ultradecennale, che al momento non vede la parola “fine” all’orizzonte. Ma sembra, sempre di più, che gli italiani diano sempre meno importanza a quel che succede nelle urne, e a quello che può cambiare, dopo, grazie alle loro scelte. Gli 8 su 10 che sono stati a casa a Monza e provincia dicono questo. E pur senza correre a dargli ragione, sarebbe il caso, quantomeno, di prenderli sul serio.

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CAT: Partiti e politici

Un commento

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  1. dino-villatico 7 mesi fa

    “… può darsi che un candidato meno connotato su battaglie laiche e più interno ai reticoli relazionali dei potentati di territorio avrebbe fatto meglio di Cappato”. Ma sta qui la catastrofe – attiva da decenni -: che l’Italia non è un paese laico, non lo è nemmeno l’opposizione. E allora tanto vale votare la maggioranza, omologarsi. Sicuramente è più conveniente. Mi afferra una tristezza senza scampo.

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