Nudo senza meta, ovvero la probabile fine politica di Matteo Salvini

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27 Agosto 2019

Ok, non è una novità che il 1600 di Pennsylvania Ave si occupi del Belpaese e quasi giornalmente da Via Veneto partono messaggi e messaggeri, qualche volta sorprendenti ma sempre inequivoci nonostante noi non si abbia un buon udito. Ad esempio ricordo bene che il giorno dopo le elezioni che decretarono la avanzata di M5S  l’allora ambasciatore, credo fosse Mel Sembler, comunicasse ai giornali la sua soddisfazione per “un successo che avrebbe dato speranze ai giovani italiani” e nemmeno un paio di giorni dopo apriva le porte di Palazzo Margherita a Casaleggio e Grillo. Non che Casaleggio non conoscesse l’indirizzo o anche quello consolare o quello dell’USIS, per dire quelli di cui si può parlare con ragionevole certezza, ma un qualcosa di inequivoco se non proprio di paternità doveva disvelare ad attoniti giornalisti italiani la soddisfazione a stelle e strisce.
Ciò che è inusuale è la franchezza e la determinazione del tweet di The Donald a sostegno di Giuseppi Conte, perfettamente costruito per non lasciare spazio ad interpretazioni (l’endorsement invece sprizza da ogni sillaba): “(he) represented Italy powerfully” taglia le gambe ad ogni possibile accusa di “sottomissione” ai poteri forti europei e atlantici, Merkel e Macron in testa. “(He) works well with the USA” suggella l’idea che non ci siano stati e non possano esserci altri interlocutori per la amministrazione americana in questi mesi. Due messaggi che hanno un destinatario ben preciso: l’elettorato di Matteo Salvini.
Un elettorato da sempre convinto che The Donald fosse uomo della loro partita, amico quanto loro dei russi, populista di Main Street come di Legnano, sovranista anti-UE, amante dei rapporti bilaterali tra nazioni e nemico delle interconnessioni internazionali, campione dell’odio verso l’establishment obamiano e di conseguenza del variegato mondo italiano embedded con il profeta nero di Chicago.
Forse tutto vero eccetto una cosa: Trump non considerava Matteo Salvini un interlocutore utile perché troppo isolato nel panorama internazionale e lo si sapeva da tempo perché alla fine in America, diciamolo, si può essere avversari di Obama ma i russi rimangono russi anche se ti danno una mano. Anzi, tu che secondo il procuratore speciale Mueller li hai conosciuti da vicino forse ti fidi di loro meno di altri (ex post ,  le parole di Conte al Senato sui silenzi di Salvini circa i rapporti con la Russia:  frasi da rileggere sotto nuova luce). Molti furono i segnali, il più rilevante e definitivo fino a poche ore fa fu la dichiarazione emessa da Foggy Bottom, dove siede un uomo ex CIA e ex West Point (mica uno qualsiasi), esattamente il giorno dopo la visita di Salvini a Washington, dichiarazione che faceva letteralmente a pezzi la politica italiana mettendola sulla lista nera nel campo preferito da Salvini: l’immigrazione. Che The Donald, quello del muro col Messico e che vorrebbe abolire lo Ius Soli scaricasse l’Italia proprio sul tema che più poteva unire le due sponde era il segnale definitivo che solo in Italia, perché loro saranno anche bambocci ma noi siamo bambini ciechi e guelfi o ghibellini, non si capì.
Credo però sia capitato anche qualcosa di più per provocare una accelerazione così bruciante e il chiodo sulla bara sia stato piantato per l’accusa che gli italiani considerano sempre la più inverosimile ma che nelle cancellerie occidentali alberga con frequenza quando si parla del Belpaese: il fantasma del Fascismo. L’errore di Salvini, secondo diverse fonti diplomatiche, non fu solo  l’apertura della crisi senza averne la forza ma la esplicita evocazione politica e sintattica durante il suo discorso di Pescara sui “pieni poteri” di quello pronunciato da Benito Mussolini alla Camera il 16 Novembre 1922 dove il Duce del Fascismo evocava (e otteneva) appunto “pieni poteri” per “riformare lo Stato” (il discorso del “bivacco per manipoli”, famoso per quello e dimenticato per il suo vero significato politico).
Perché, veda il lettore, noi ci siamo perdonati, anzi, condonati dopo il ’45 perché il perdonare implica una presa di coscienza che non ci fu. Ma ciò non significa che chi ebbe a patire per il nostro errore abbia dimenticato. Generazioni si sono succedute, in Germania al segno del “non dimenticare”. In Italia le generazioni manco sanno cosa fu il fascismo, anzi forse fece anche cose buone, non lo sanno riconoscere e crescono in un ambiente, e ci ritorneremo, dove il senso delle istituzioni sparisce di fronte all’interesse del Particulare Guicciardiniano. Bene, da fuori hanno deciso di ricordarcelo nel modo più sorprendente e fulminante: hanno coperto il Belpaese con una apertura di credito (che dovrà in futuro guadagnarsi) al suo ex e futuro premier ma nel contempo hanno aperto una crisi di identità e politica, autentica e potente, all’interno del partito in parabola sì ma non si sa per dove. Oggi per la prima volta la Lega deve chiedersi se Salvini è e sarà ancora il suo leader perché chi ha un problema di legittimità politica, in una parola di appartenenza all’Occidente liberale, è la Lega e il suo “capo” (quello che decide e non si discute, parole di Giorgetti: vi dicono niente?) non l’Italia sempre prona al fascino dell’uomo forte: Salvini non è più l’uomo della Vittoria (elettorale) mutilata ma è l’uomo solo non più forte, nudo senza meta. E per la Lega non è un bel vedere.

TAG: Donald Trump, governo, matteo salvini
CAT: Partiti e politici

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