Pastorella (Azione): 25 aprile “il cessate il fuoco non deve essere ovunque“ 

25 Aprile 2024

Nata a Milano nel 1986, Giulia Pastorella è stata eletta alla Camera dei Deputati nel 2022 nella circoscrizione di Milano. E’ anche consigliera comunale a Milano dal settembre 2021.

Laureata in filosofia e lingue moderne a Oxford, ha poi studiato a Science Po e LSE dove ha anche conseguito un PhD in Affari Europei e ha insegnato come docente a contratto per tre anni.

Nel 2016 è stata nominata da Forbes tra i trenta Under 30 più influenti in Europa nel settore Law&Policy. Prima di diventare Parlamentare è stata responsabile delle relazioni istituzionali con l’Unione Europea per alcune importanti multinazionali della tecnologia e del digitale.

Insieme a Carlo Calenda è tra i promotori di Azione, di cui è Vicepresidente.

Siamo ormai prossimi alle elezioni europee. Azione ha deciso di andare sostanzialmente da sola anche se nel simbolo “Siamo europei” vediamo il logo di otto sigle d’appoggio. Ricordiamo brevemente le motivazioni che vi hanno portato a distinguervi dalla lista filorenziana di “Stati Uniti d’Europa”.

Le motivazioni che ci hanno portato a misurarci in queste elezioni (che sono, ricordiamoci, elezioni effettuate con il metodo proporzionale), sono state il frutto di una scelta di coerenza, di unità e di omogeneità della lista.

Non volevamo fare liste di scopo, non volevamo fare liste che si sciogliessero al sole il giorno dopo la proclamazione dell’esito, ma soprattutto non volevamo partecipare a liste che al proprio interno avessero come riferimento al Parlamento europeo gruppi diversi. Non  parlo dei singoli partiti, parlo proprio dei gruppi, quindi di ampi schieramenti diversi tra di loro.

Abbiamo scelto liberamente i nostri candidati, basandoci sulle loro competenze e sulla conoscenza ed esperienza delle istituzioni europee. Abbiamo candidati che sono stati alla presidenza dell’ALDE (*), abbiamo candidati che hanno già lavorato in passato al Parlamento Europeo, altri che vi lavorano tuttora, quindi abbiamo scelto dei profili che ci rassicurano sul fatto che andando in Parlamento potranno fare un buon lavoro.

Quindi massima attenzione alla coerenza e all’omogeneità e a una prospettiva di lunga durata che non si fermi all’8-9 giugno, ma che con quelle otto sigle che lei ha menzionato possa proseguire un percorso che comincerà il 10-11 giugno e andrà avanti nel tempo.

(*) ndr: Partito Europeo dell’’Alleanza dei Democratici e dei Liberali e per l’Europa (nel gruppo di Renew Europe)

“Stati Uniti d’Europa” ovvero +Europa e Italia Viva. Per lei è un progetto politico serio con cui dialogare oppure è una semplice “lista di scopo”, dove lo scopo consiste solo nel superare lo sbarramento del 4% a ogni costo?

Che sono un artificio elettorale che non durerà oltre alle elezioni non lo dico io, ma lo dicono loro stessi.

Io, proveniendo dalla storia di +Europa, avrei amato avere  +Europa all’interno della coalizione.  Perché siamo entrambi nell’ALDE, in quel caso si sarebbe mantenuta una coerenza di riferimento di gruppo, anzi addirittura di partito europeo, e una complementarità di posizionamento politico che avrebbe, secondo me, fatto bene al nostro elettorato.

Non auguro alcun male a questa “lista di scopo” ma ribadisco che un interlocutore così frammentato e un insieme che sta unito solo per interesse elettorale, non può essere veramente un interlocutore di lungo termine. Potrà essere un interlocutore, ovviamente, se entrambi riuscissimo a mandare degli europarlamentari a Strasburgo e a Bruxelles. Lì dialogheremo perché le nostre posizioni saranno molto simili, ma a livello di progetto politico le strade scelte saranno molto diverse e di conseguenza il dialogo sarà difficile.

Poi forse c’è anche un granello di sabbia nell’ingranaggio che è difficile da soffiare via e che si chiama Matteo Renzi.

Con Matteo Renzi c’era un progetto politico. O meglio più che con Matteo Renzi c’era con Italia Viva ma questo progetto politico, il famoso terzo polo a cui noi di Azione tenevamo molto, è naufragato. Quando il rapporto di fiducia si è rotto una volta è poi difficile ricostruirlo di nuovo, non è corretto neanche nei confronti degli elettori fare un tira e molla che poi confonde le idee.

A questo punto noi abbiamo deciso di andare per conto nostro, di misurarci anche con le difficoltà. Per il momento il responso che io sto vedendo è positivo. Ci sono persone che si avvicinano, amministratori locali, nuovi arrivi di cui preferisco non parlare al momento e tutto ciò dimostra che la coerenza paga.

Ho letto il vostro manifesto programmatico, composto da dieci obiettivi da raggiungere. Mi parli di quelli che lei sente più vicini al suo pensare e alla sua sensibilità personale.

Uno a cui tengo molto riguarda la politica estera. Abbiamo visto che il nostro fermo atteggiamento è quello che ci ha distinto in senso positivo, tanto che da tante altre forze politiche ci sono persone che si sono avvicinate ad Azione.

Un parlamentare e un europarlamentare dei Cinque Stelle si sono avvicinati convergendo sulla questione ucraina. Un consigliere comunale di Milano, Daniele Nahum, che adesso è candidato alle elezioni europee, si è avvicinato grazie al nostro posizionamento chiaro sulla questione “genocidio o non genocidio di Gaza”, trovandosi vicino a noi sulla necessità di evitare ove possibile le vittime civili.

Quindi il posizionamento estero è sicuramente qualcosa di cui vado molto fiera e credo che su questa linea si debba proseguire con coraggio. Io sono una convinta europeista e federalista, sono scesa in politica proprio per dire la mia sulla “questione Europa”.

Ritengo che si debba avere un approccio alla Costruzione europea molto realista e pragmatico, evitando semplicemente di dire “va tutto bene” andando avanti con i paraocchi. E’ necessario proseguire nell’integrazione europea ma con i dovuti caveat riguardo alcuni posizionamenti ideologici, tipo quello che abbiamo visto nel Green Deal o sulla governance, che non è perfetta e va migliorata, o sulla tassazione e sulla competitività.

La questione della difesa per noi è prioritaria, l’Europa deve diventare un attore anche militare per poter pesare sulla scena internazionale.

 

Dal 1 aprile in Germania è consentito  il possesso di 50 grammi di cannabis e la coltivazione di un massimo di tre piante per uso privato ricreativo. Le chiedo una riflessione su questo tema.

Le dico il mio pensiero, lo esprimo a titolo personale, perché nel nostro partito ci sono sensibilità diverse.

Io ho firmato la raccolta firme denominata “Io Coltivo”promossa da Meglio Legale. La raccolta firme si richiama a un modello tedesco, l’idea è di fare in Italia una legislazione simile.

Alla base di questa scelta ci sono delle motivazioni molto concrete, al di là del fatto che i giovani e una parte dell’opinione pubblica la condividono. Io penso soprattutto alla questione carceri, strutture che soffrono per il sovraffollamento, con situazioni drammatiche che portano a suicidi e a situazioni estreme che non dovremmo vedere in un paese civile. Questo sovraffollamento è anche dovuto al fatto che per piccoli reati, come il possesso di stupefacenti, si finisce in carcere con le forze dell’ordine che sono costrette a occuparsi di questa micro criminalità anziché concentrarsi su crimini di maggior spessore.

C’è poi la “questione mafia” ovviamente sappiamo bene che il traffico di stupefacenti porta alle mafie dei grossissimi redditi. Come sempre, il proibizionismo poi porta all’illegalità che genera anche un pericolo per la salute, Quello che viene venduto, l’erba che viene venduta, viene spesso tagliata con sostanze che poi sono nocive senza alcun tipo di controllo preventivo.

Se ci fosse un commercio legale e una possibilità di coltivazione, ci sarebbero anche meno  pericoli per la salute. Non è ovviamente un “liberi tutti”, non pensiamo che faccia bene, ma è il tentativo di sistemare una situazione che possa permette comunque ai più di sei milioni di italiani utilizzatori di  droghe leggere di farlo in sicurezza e legalità.  In modo che non siano nocive per loro stessi, per il nostro Paese, per l’economia sommersa, per le casse dello Stato.

Chiudo dicendo che, benché importante, non è questo il tema prioritario per il Paese. Per noi di Azione le priorità sono il sistema sanitario in primis, la scuola e tutto quello che tocca veramente tutta la popolazione.

Riguardo la liberalizzazione  sarebbe necessario un cambiamento che potrebbe essere fatto molto facilmente a livello legislativo, ma manca la volontà politica. Pur non essendo la priorità numero uno per il Paese, è qualcosa che potrebbe essere fatto facilmente, ma non vediamo una trasversalità di intenti. Anzi, vediamo un posizionamento molto ideologico dei partiti, sia di destra sia di sinistra e quindi non si procede

La Camera degli Stati Uniti ha approvato il pacchetto di aiuti da 60 miliardi per l’Ucraina dopo mesi di stallo dovuto alla resistenza del fronte interno repubblicano. La guerra proseguirà con vigore e nuove energie. Per lei e per Azione si tratta della giusta resistenza di un popolo oppure del prolungarsi della sua agonia? 

Mi stupisce che lei mi faccia questa domanda perché se c’è un partito che è stato sempre assolutamente chiaro su che cosa significhi la resistenza ucraina, è Azione. Abbiamo sempre detto che non è solo un loro diritto ma è anche una necessità per l’Europa e per quel mondo democratico che sta oltre i confini ucraini.

Quindi non è prolungare l’agonia, è evitare che l’agonia diventi un’invasione e l’appropriazione di un territorio, ma soprattutto evitare che la Russia agisca impunemente e pensi che, dopo la Crimea e adesso dopo l’Ucraina, possa procedere indisturbata verso altri confini. E’ fondamentale mandare un segnale molto forte, non solo per il diritto alla sopravvivenza e all’indipendenza ucraina, ma anche per dire ai regimi autocratici e autoritari che non possono fare quello che vogliono.

C’è un grosso dibattito in corso riguardo la necessità di sfilare in occasione del 25 aprile chiedendo un “cessate il fuoco ovunque”.

Noi abbiamo deciso di marciare, con la comunità ucraina in particolare, proprio per dire “no, il cessate il fuoco non deve essere ovunque“ perché cessare il fuoco in Ucraina significherebbe abbandonarsi nelle braccia di Putin, e questo non è accettabile. Come non è accettabile l’idea dell’hashtag e della scritta “pace” sul simbolo del Movimento 5 Stelle perché è una subdola strumentalizzazione.

Pace è una parola che ovviamente risuona anche nel mio intimo, per carità chi non vuole la pace? Però è subdolo il messaggio che si vuol fare passare: per raggiungere quella pace necessariamente bisogna alzare le mani, posare le armi e permettere che regimi autocratici o terroristici come Hamas possano procedere indisturbati nel loro percorso.

Questa è proprio una manipolazione dello spirito e della buona coscienza dell’elettore, che si riconosce ovviamente nella parola pace. Ma quello che c’è dietro poi è ben altro.

Quali sono a suo avviso le nuove frontiere della cybersicurezza e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sia in una prospettiva di pacifica vita civile sia in un’ottica militare sempre più, nostro malgrado, coinvolgente?

Non è più una questione di prospettiva, è una questione di utilizzo già nel presente.

Noi sappiamo che gli attacchi cyber terroristici compiuti da enti statali e parastatali stranieri oltre che da criminali anche nostrani, con l’aiuto dell’IA sono una realtà di tutti i giorni ed è per questo che il dibattito attuale a livello nazionale, che sto seguendo in prima persona, su quale debba essere l’agenzia italiana a implementare il regolamento sull’intelligenza artificiale europea è all’ordine del giorno.

Il governo propone l’Agenzia Nazionale per la Cyber Security, un’agenzia governativa che quindi può essere da loro meglio controllata.

Quindi secondo me la frontiera deve essere, dato questo quadro etico che ci fornisce l’Europa e che poi verrà rivisto regolarmente, il concentrarci su come convincere il nostro tessuto produttivo di piccole e micro imprese ad appropriarsi di una tecnologia che al momento sembra loro molto lontana, molto astratta. Se invece non cominciamo adesso a utilizzarla, e perché no anche a produrla, rimarremo inevitabilmente indietro.

E’ necessario  distinguere l’approccio normativo etico dall’approccio di politica industriale sull’intelligenza artificiale. Questo approccio è quello che, a mio avviso,  manca sia a livello europeo sia a livello nazionale e su questo aspetto il  Governo dovrebbe concentrarsi.  Anziché fare delle copie brutte copie del regolamento europeo ,come sembra essere il caso nella bozza che abbiamo visto del cosiddetto “decreto AI” che arriverà in parlamento a breve.

Quando ha visto Elon Musk utilizzare, o meglio non bloccare l’utilizzo del suo sistema Starlink in frangenti militari delicati, che cosa ha pensato?

E’ logico, etico, che un privato imprenditore possa mettere in piedi una cosa come Starlink e decidere quando e se utilizzarla, come utilizzarla, oppure a chi non farla utilizzare in un frangente di guerra.

Io penso che se chi opera è un’impresa privata, e se non è soggetta a regole di sicurezza nazionale, è ovvio che faccia quello che vuole. Questo ragionamento somiglia  un po’ a quando in molti si sono scagliati contro l’utilizzo o meno delle piattaforme social contro certi politici.

Nel momento in cui parliamo di iniziative private, che non sono soggette a controllo pubblico, per me sono libere di fare esattamente quello che vogliono. Quindi il ragionamento va spostato su “quando la politica deve intervenire con un set di regole per sottomettere questo genere di iniziative private all’interesse nazionale?”. Nel momento in cui la politica se ne disinteressa e non ci sono normative vincolanti…

Tutto quello che non è vietato è lecito.

Eh sì, da liberale per forza devo dire una cosa del genere. Quindi la questione è tutta politica perchè la politica, come sempre, è in ritardo sulle nuove tecnologie e soprattutto non le capisce.

Faccio nuovamente l’esempio delle piattaforme social. Da una parte c’è chi dice che devono essere semplici intermediari non deputati al controllo dei contenuti, perché non sono giornali e non hanno responsabilità editoriale – questo approccio è stato confermato nel Digital Services Act, l’ultimo regolamento europeo sul tema. Dall’altra però ci si scandalizza quando si cade in direzioni che non piacciono ai politici.

Quindi la scelta deve essere o fare una normativa, cosa che al momento non c’è, oppure smettere di sorprendersi  che facciano delle scelte che seguono l’estro di chi le ha fondate. E idem per la questione satellitare, in generale la regolamentazione dello spazio è qualcosa che sta facendo fatica a essere condivisa a livello internazionale e noi stessi stiamo aspettando la nuova legge sullo spazio italiano;  e vedremo come sarà articolata

Il parlamento europeo ha approvato una nuova direttiva, comunemente chiamata“Case Green”, finalizzata ad abbattere le emissioni degli edifici europei entro il 2050. Voto contrario di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e, udite udite, di Azione. Non trattandosi di un voto di schieramento significa che nella direttiva avete riscontrato un vulnus importante. Quale?

Assolutamente sì, noi non avremmo mai votato in maniera ideologica allineandoci poi a quella compagine. Abbiamo votato nel merito, il nostro responsabile energia, il professor Zollino che è un professore universitario di Tecnica ed Economia dell’Energia e di Impianti Nucleari (candidato alle elezioni europee), ha fatto un rapido calcolo di quante risorse e di quanto tempo ci sarebbero voluti per un paese come l’Italia, per mettere a norma secondo la nuova direttiva gli edifici nazionali.

I costi corrispondono a una somma che contiene diverse volte il costo del superbonus, un provvedimento che stiamo ancora quantificando adesso, con delle ricadute incredibili e negative sulla nostra economia. Quindi il nostro voto è stato negativo.

L’obiettivo da raggiungere è corretto, diamo però le tempistiche e anche il quadro normativo giusto, altrimenti sa cosa accadrà? Che, come sempre, si cercheranno le vie di fuga all’italiana. La direttiva andrebbe rivista con una maggiore razionalità e con dati e tempi di applicazione decisamente differenti.

Fonte: pagina Facebook Roberto Salis

Cosa ne pensa della candidatura alle Europee di Ilaria Salis? Un giusto modo di mettersi al riparo dalla tagliola della giustizia ungherese o una mossa azzardata? Qualora non venisse eletta le cose si farebbero ancora più complicate per lei.

E’ una candidatura, secondo me, volutamente provocatoria e simbolica.

Stiamo, se non sbaglio, ancora aspettando il responso su che cosa succederebbe nel caso venisse eletta e se l’immunità parlamentare potrebbe entrare in vigore anche a processo in corso.

Al di là dello schieramento politico al quale apparteniamo siamo giustamente stati sconvolti dalle immagini che abbiamo visto, siamo contrari al regime di Orbán e a come limita la libertà di stampa e al trattamento disumanizzante dei detenuti. Ci siamo mossi tutti in Parlamento perché le condizioni di detenzione di Ilaria Salis fossero migliorate, abbiamo fatto interrogativa al Ministro.

No, io non voglio che lei sia trattata come un animale in catene, ci mancherebbe, ma candidarla la eleva al ruolo di eroina della democrazia in delle circostanze in cui stiamo parlando di candidatura, stiamo parlando di rappresentanti eletti. C’è un mix tra giuste critiche e un’azione che però non è conseguente a un giudizio negativo che diamo anche noi sul regime ungherese.

Oltre che parlamentare nazionale lei è anche capogruppo dei Riformisti per Milano con Sala in Consiglio comunale a Palazzo Marino. In questa veste mi dice cosa ne farebbe dello stadio di san Siro? 

Noi come partito e come gruppo siamo sempre stati a favore della cosiddetta “opzione delle squadre”, quindi dell’idea di fare a san Siro uno stadio nuovo con tutti i crismi, a norma, nel rispetto degli standard internazionali.

Senza offesa per i tifosi, (io sono per metà una metà tifosa ma mi piace più giocare che essere tifosa) con quel progetto grazie all’operato del Consiglio Comunale, avevamo ottenuto  che le squadre riqualificassero tutta la zona intorno. Una zona molto ampia caratterizzata da un certo degrado, c’era tutto un progetto che oltre alla questione del verde o dell’urbanizzazione andava veramente ad incidere sul quartiere.

A noi ciò che interessa è il quartiere e il fatto che lo stadio resti a Milano. Questa era nostra opzione numero uno. La cosa importante da evitare adesso è che resti sul groppone della città di Milano uno stadio che è difficilmente sarebbe riutilizzabile per altri scopi.

Quindi nell’interesse pubblico vorrei che si trovasse una soluzione che permetta di riqualificare il quartiere e di far sì che lo stadio venga, se deve essere mantenuto quello, rimodernato perché non resti un peso morto. Siamo in una situazione di stallo, i negoziati potevano essere condotti meglio, nell’interesse proprio della città, del quartiere, dei residenti.

Anche di quei residenti della parte meno popolare e meno disagiata che giustamente hanno anche delle richieste riguardo l’utilizzo dello spazio, e la questione dei limiti sonori in caso di concerti. Mettere insieme questi interessi è un’operazione veramente impegnativa e ci dispiace la prima opzione, l’opzione delle squadre, per il momento sembra essere naufragata.

Certo, progetti in commissione e in Consiglio ne abbiamo visti, progetti di riqualificazione, di ricostruzione, progetti che includevano l’area, progetti che non la includevano, non mancano i progetti. Manca il disegno strategico e soprattutto l’accordo tra città e squadre per decidere che cosa fare. Io non ho mai demonizzato le squadre perché sono soggetti privati che giustamente fanno le scelte nell’interesse del loro business.

Quello che la città, la politica e noi stessi avremmo dovuto fare era riuscire a trovare un compromesso che rispettasse il loro interesse, facendone beneficiare anche la città. Non abbiamo trovato questo equilibrio.

Per chiudere questa intervista mi racconti, visto che l’ha citata, della sua esperienza come calciatrice.

Sono una giocatrice… si! Perché fin da piccola giocavo, poi ho ripreso all’universita’ e poi nella squadra del Comune di Milano e abbiamo fatto un sacco di partite, ci siamo divertite tantissimo e giocavamo in diverse.

Le due presidenti dell’otto e del nove (Municipi ndr), Pellucchi e Pirovano, sono bravissime. La moglie della Pellucchi è anche fortissima, anche se non appartiene al Comune, ma gioca comunque spesso con noi quando ci mancano i numeri. Abbiamo anche giocato a San Siro ed è stato davvero emozionante.

Sto cercando una squadra al Parlamento, ne esiste una male donne no! Possiamo fare delle partite miste? Neanche quello pare.

Peccato, cercheró sponde per creare una squadra femminile allora. So che la vice presidente Ascani era una giocatrice, vediamo!

 

TAG: 25 aprile, azione, Carlo Calenda, cybersecurity, elezioni europee, Giulia pastorella, liberalizzazione droghe leggere, ucraina
CAT: Partiti e politici

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