Storia della condiscendenza (quella di cui gode Renzi e che non ebbe Berlusconi)

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7 Settembre 2015

Condiscendenza è parola bellissima, e probabilmente perfetta, per definire un certo tipo di generosità. Una generosità preventiva e dunque non richiesta, inevitabilmente  poco spontanea, che nel caso del rapporto che lega mezzi di informazione a potere politico intenderebbe sostituire la più espressiva arte della ruffianeria con un tenue ma altrettanto significativo chiudere gli occhi di fronte a situazioni che meriterebbero – almeno – un’alzata di sopracciglio. Selezionando le interpretazioni di autorevoli dizionari, si ottengono espressioni luminose, che vanno dall’essere “incline a consentire agli altrui desideri” a, come sostiene l’autorevole Treccani, “facilità a concedere qualcosa, a compiacere, o a tollerare le azioni o i comportamenti di altri”. La condiscendenza non ha una stima fissa, varia a seconda delle stagioni politiche, si comprime e si allarga come una fisarmonica ma soprattutto è legata alla disponibilità umana a perdere il proprio equilibrio e la propria serenità in nome della serenità collettiva che avrebbe come stella polare la scritta che ognuno di noi ha visto ben stampata sui tram: “Non disturbare il manovratore”. Quando molta condiscendenza si aggrega sino a diventare un unico corpaccione indistinto, è ovviamente più difficile distinguersi, parrebbe persino una piccola cattiveria quella di precisare, sottolineare, sottoporre all’attenzione, non solo, si viene persino guardati un po’ male, giudicati eterni ragazzi che vogliono sempre rompere i coglioni anche quando materia ci sarebbe. In questi casi soccorre la memoria, non quella storica, lontanissima e consegnata ai libri, ma quella più recente, ancora tutta in discussione, materia viva e calda da mettere in parallelo con i fatti dell’attualità.

Nel ventennio berlusconiano non vi è stata alcuna condiscendenza, a differenza dell’oggi dove l’arte del chiudere (o dischiudere, se preferite) gli occhi è diventata quasi un’abitudine, la norma. Sulle questioni di stile, che comprendono anche l’universo femminile, i giornali si sono fatti autentiche enciclopedie quando il protagonista era un certo Silvio Berlusconi. Gli abbiamo contato tutti i peli corporei, interni ed esterni, mettendolo disteso sul tavolaccio della morgue perché da una pubblica vivisezione uscissero le viscere di tutto il malcostume di cui poteva disporre.  E ce l’abbiamo fatta, consegnandolo come lo Zozzone di stato che metteva in pericolo la nazione con le sue “cene eleganti”. Tutto nacque quella sera di Casoria, quando il nostro si presentò alla festa di Noemi Letizia, giovanissima ragazza di provincia, un blitz che scatenò ovviamente tutta una serie di considerazioni. Da quel giorno nulla fu come prima e per ogni passo (falso) del nostro amato Silvio, il pensiero dei più corse immediatamente alla povera Veronica, moglie svillaneggiata e offesa, al punto che oggi l’ex signora Berlusconi può legittimamente ascrivere a Noemi la sua deliziosa condizione di divorziata a cui il postino bussa un paio di volte al mese per consegnarle il milione e passa di euro di minima sussistenza.

Ecco, questo è esattamente un primo vero punto di divaricazione o, se volete, di collettiva condiscendenza. Ieri, a metà giornata, proprio nel momento in cui Matteo Renzi recitava la sua “lectio” di fronte al popolo del Pd, un sito come Dagospia, su certe cose generalmente “ben informato”, sussurrava la notizia, certamente succosa per gli appassionati del genere, che il premier, al summit degli industriali a Cernobbio, si era portato in elicottero la giovane parlamentare Ascani, la quale non era scesa con lui nello stesso momento ma aveva atteso cinque minuti in più, evidentemente con l’obiettivo di non farsi vedere. Con qualche ora di ritardo, peraltro, un dispaccio di agenzia riferiva che non meglio precisate fonti di Palazzo Chigi smentivano il viaggio di Ascani sull’elicottero. Dagospia tirava le reti in secco con la malizia del caso: nuova fiamma? A questo punto, il vero cambiamento sociologico rispetto alla nostra epoca, quando, a ogni possibile infedeltà, si immaginava una reazione eguale e contraria da parte della legittima consorte. No, in questo caso Dagospia bypassava allegramente la signora Agnese (Landini) per gettarsi a corpo morto sulla persona che considerava l’effettiva compagna del premier e cioè Maria Elena Boschi. Come se una moglie vera, anagraficamente accertata, non fosse mai esistita, come se tutto si risolvesse all’interno del Giglio Magico. Converrete, più di una stranezza. Ma ancor più condiscendenza doveva essere il fatto che un tale episodio, a differenza di quello di Casoria, non spingesse nè giornali nè televisioni ad occuparsi degli affaracci (presunti) del premier Matteo, come se appunto Dagospia vaneggiasse. Infatti, il giorno successivo sui grandi giornali nisba (e vedremo se domani qualcuno si sveglierà raccontandoci come è andata davvero). Ma se questo semmai poteva essere finalmente un passo in avanti culturale, considerando le eventuali questioni di letto e affini come appannaggio personalissimo dei suoi protagonisti, ciò non tornava per nulla con i comportamenti dei vent’anni precedenti, nè era stato annunciato da un editoriale alto e nobile dei direttori dei giornali che sancivano così l’auspicata rottura con il passato.

L’episodio è solo l’ultimo della lista “condiscente”, perché sulle questioni di stile, dalle case in prestito gratuito, alle telefonate con generaloni gentili, alle seggiole regalate agli amici e altro vario materiale, paragoni certo non se ne possono fare con il ventennio maledetto. Questo inizio di Renzianesimo è certamente costellato di benevolenza, che è la wild card che si deve a quelli certamente bravi in tutto, nelle relazioni e, in parte, anche nel governare. Perché Renzi lo ricorderemo per quel cambio di prospettiva che in qualche misura ha cambiato il modo incrostato di (non) agire all’italiana. E dunque non v’è la necessità di volgere altrove lo sguardo quando il tipo s’imbroda e s’impatacca come un bebè.

Ps. Nella condiscendenza di cui sopra abbiamo operato sconti pazzeschi di fine estate. Non abbiamo avuto cuore di mettere in parallelo il lavoro (o lavorio) della magistratura nei confronti del Caimano, centinaia e centinaia di magistrati, e le quattro cazzatelle polemiche che si sono scambiati Renzi e l’associazione magistrati su quella stronzata delle ferie e di altre questioni non esattamente epocali. Nè vogliamo esaminare, perchè il cuore non reggerebbe, la gara a mettersi in mostra di intellettuali, economisti, industriali, nei confronti del giovane toscano con l’atteggiamento di preventiva diffidenza dei medesimi verso il Cavaliere nero. Insomma, non ci sarebbe gara, ma nei giornali il risultato della partita non è ancora arrivato.

TAG: anna ascani, elicottero, festa del pd, Matteo Renzi
CAT: Partiti e politici

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