Sei berlusconiano?, Sei renziano? se la vergogna ci impedisce di dire la verità

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20 Febbraio 2016

Per molto tempo l’elettore berlusconiano non è stato in grado di esibire con fierezza il suo stato mentale. Se l’avventura è iniziata nel ’94, almeno fino al ’98 ha girato al largo, a domanda diretta faceva finta di niente. O addirittura negava. Un riflesso non esattamente nuovo ma per certe parti del tutto originale. La parte non nuova riguardava la Democrazia Cristiana. Noi ragazzi degli anni ’70 ci divertivamo a fermare le persone e piazzare il domandone secco: “Ma lei vota Democrazia Cristiana?” Forse uno su quindici opponeva un “sì” deciso, orgoglioso. I più si infastidivano (giustamente, ma che cacchio vuoi ragazzino), altri divagavano. Quel sondaggio all’amatriciana avrebbe naturalmente rimodellato l’Italia di quegli anni, facendo precipitare la Dc a percentuali ridicole rispetto alla sua vera forza. Ma, appunto, l’identificazione piena, netta, se non orgogliosa, con il potere, ha sempre spaventato gli italiani che messi alle strette negavano.

Con Berlusconi in un certo senso sono tornato ragazzo di quell’epoca. E ho posto per qualche anno la stessa domanda secca, con una lievissima ma non trascurabile variante lessicale. Non chiedevo “lei vota Berlusconi?” bensì “lei è berlusconiano?”, che se volete ha una punta di infamia in più. In questo caso, forse, uno su trenta rispondeva affermativamente. Ma temo di ricordare per difetto. In questa solo apparente mancanza di coraggio, ci ritrovo anche un pezzo di italiano buono. Quello che è perfettamente consapevole del “valore” del Potere, che generalmente governa la tua vita a suo e non a tuo piacimento, e che quindi va guardato anche con un certo sospetto. Questo italiano molto medio sa che stare con il potere non è materia da esibizione, nè da strombazzamento pubblico, anche perchè il potere non dà mai gli argomenti giusti per essere sostenuto. Se tu, cittadino medio, ripeti all’esterno gli imput comunicazionali che ti offre il potere, nella migliore delle ipotesi sei uno stanco replicante, nella peggiore un ruffianetto senza speranza. Sostenere l’uomo potente è operazione sopraffina, si direbbe per pochi e molto eletti, sostenuti dall’intelligenza e da una cultura, diciamo così, interdisciplinare. In epoca moderna, l’operazione è riuscita soltanto a Giuliano Ferrara e non per tutti gli anni del berlusconismo e per nulla nei due anni del renzismo. Quindi, regolatevi.

Cosa spostò gli equilibri nel caso del Cavaliere? La solita sinistra. Fu la solita sinistra, che s’occupò incessantemente del nostro cercando di azzopparlo solo per via giudiziaria e non per via politica, a (ri)legittimare l’orgoglio di proclamarsi berlusconiani. Fu proprio la pregiatissima sinistra a far uscire dalle case, dove sino a quel momento vivevano tappati, i suoi tifosi che cominciarono così a sentirsi fieramente popolo “contro” l’altro popolo giustizialista. La tragedia della sinistra fu esattamente quella, che consentì al Cav. di vivere più o meno allegramente il suo bel ventennio.

Anche con Renzi, il fenomeno della vergogna è palpabile, come fu per la Dc, come è stato per Berlusconi. Provate, nella cerchia dei vostri conoscenti, a domandare secco: “Ma tu sei renziano?” Sentirete il suono dell’arrampicata, specchi che si graffiano, evoluzioni e divagazioni sul tema, ma risposte dirette nisba. Ripetiamo: in questa incertezza, in questo imbarazzo c’è sicuramente una parte buona. La parte che diffida del potere e non vuole bollinature fastidiose nè patenti durature. Ma c’è anche chi vive quella domanda come un’offesa, uno sfregio alla propria onorabilità, un tentativo di sporcare un percorso, una strada, dei principi. Ma in fondo è solo una domanda, anche se molto diretta. L’ultima in ordine di tempo è stata Daria Bignardi, fresca direttrice di Rai3, che è scattata come morsa da chissà quale insinuazione: «Andatevi a rivedere la mia ultima intervista alle Invasioni», si è subito difesa. E così molti prima di lei. Gli unici  a opporre una renzianità non equivocabile sono gli amici stretti, quelli parlamentari e quelli variamente beneficati.

E poi dobbiamo intenderci sul nostro grado di renzianità. Scomodiamo la matematica.  Se essere renziani vuol dire essere d’accordo con lui 4/5 volte su dieci, siamo (abbastanza) tutti renziani, no? Ma, rovesciando l’assunto, essere in disaccordo con lui 5/6 volte su dieci ci vale il certificato di non renziano? Come vedete, se ne esce difficilmente. Ecco perchè non si capiscono proprio quelli che subito, come pizzicati a rubare la marmellata, si sentono offesi: «Io renziano, ma cosa state dicendo….» Sarebbe meglio, proprio perchè il potere è una gran brutta bestia, dare qualche risposta più motivata, che tenga conto di cose buone e cose cattive, che riconosca il meglio e il peggio, e soprattutto che in un tempo in cui la destra è morta e la sinistra non sta benissimo, comprendere che la vergogna del potere, quando non motivata, non ha motivo di essere esibita.

TAG: Matteo Renzi, silvio berlusconi
CAT: Partiti e politici

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