Sette mesi dopo il voto la Regione Calabria non ha ancora una giunta

21 Giugno 2015

ROMA – Matteo Renzi dice spesso di voler rilanciare l’Italia partendo dal Mezzogiorno. Peccato che da circa sette mesi c’è una Regione, guidata dal Partito democratico, che non ha ancora una Giunta. Incredibile, ma vero. Succede in Calabria, terra simbolo dello storytelling renziano. La terra del giovane sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, «un grande sindaco proprio come suo papà», ha detto qualche giorno fa all’Expo il premier. Ma la narrazione del premier quasi sempre si scontra con la realtà. E tocca riavvolgere il nastro per scoprire cosa non sia successo fino a oggi in Calabria. Il 23 novembre scorso, una data cerchiata in rosso dal Nazareno, Mario Oliverio, vecchio arnese della “ditta” di Bersani &Company, strapazza la candidata del centrodestra Wanda Ferro, sponsorizzata da Jole Santelli e dal duo “magico” Maria Rosaria Rossi e Francesca Pascale.

Non è il prototipo del renziano, il vincitore della tornata elettorale. D’altro canto, il suo ingresso in consiglio regionale risale al lontano 1980. Inoltre Oliverio vanta nel lunghissimo curriculum ben quattro legislature a Montecitorio. Curriculum a parte, però, è tutto un trionfo fra le fila dei democratici: in un solo colpo Renzi e i suoi conquistano una Regione a trazione berlusconiana e ostentano l’ennesima vittoria che consente al segretario di gongolare ed esternare successi. «È la vittoria del buon governo anche in Calabria» tuona con il solito piglio l’inquilino di Palazzo Chigi. E così, il neo governatore Mario Oliverio afferma: «Passo dopo passo vogliamo creare, così, le condizioni per ridare la speranza di un futuro alle giovani generazioni. Sbaglia chi si attarda nei vecchi vizi della politica. Si metta da parte, dunque, il politichese e ci si rimbocchi le maniche». Boom. Parole al vento perché di lì a poco il nuovo corso del neo presidente si trasforma in immobilismo. Come primo atto, «l’uomo nuovo di Calabria» – si definisce così – si intesta la modifica dello Statuto regionale per abolire il vincolo del numero degli assessori, in particolare, di quello degli esterni. Un modo come un altro, spiegano a taccuini chiusi, per non scontentare le liste che lo hanno sostenuto per la vittoria alle regionali. Adesso l’arcipelago di cartelli elettorali chiede il conto: assessorati, poltrone  nelle partecipate. «Un riconoscimento è necessario» ironizza un consigliere regionale di maggioranza.

In questo quadro il  Governatore nomina «soltanto» tre assessori. Tutti e tre del suo «cerchio magico». Come suo vice Vincenzo Antonio Ciconte, eletto fra le fila del Pd con oltre 12 mila preferenze, e poi  Carlo Guccione (delega al Lavoro) e Antonino De Gaetano (Lavori Pubblici). Proprio su quest’ultimo pende un particolare di non poco conto: nel 2012 la polizia voleva arrestarlo per i suoi legami con la cosca dei Tegano. Un nome, quello di De Gaetano, che impedisce a Maria Carmela Lanzetta, uscita nel frattempo polemicamente dall’esecutivo di Matteo Renzi, di tornarsi ad occupare di Calabria perché «non c’è chiarezza sulla sua posizione».

Nominati i tre, l’attività del nuovo corso può iniziare. Forse. «Entro gennaio completeremo la giunta». Anzi, no. «Entro marzo avremo la squadra di governo» promette Oliverio. Di mese in mese per il completamento della squadra, bisognerà l’approvazione della modifica statutaria, che dovrebbe diventare operativa il 2 luglio prossimo. Anche perché, da regolamento, le modifiche statutarie prevedono una doppia lettura. E fra una lettura e un’altra, deve trascorrere un tempo non inferiore ai 60 giorni. Solo a quel punto i cittadini calabresi conosceranno, forse, chi avrà il compito di guidarli nei prossimi quattro anni. Il tutto si innesta in un contesto di difficoltà per il centrosinistra calabrese: pesano infatti le recentissime sconfitte alle amministrative di Lamezia Terme e Vibo Valentia, e fra i comuni si registra il flop a Gioia Tauro, sede del porto, unico punto di sviluppo della Calabria. Al punto da far dire ad un alto dirigente del Pd, che «nel 2010 quando Scopelliti vinse le regionali, alla prima prova elettorale, fece piazza pulita in tutti i comuni al voto». Qui, però, il meccanismo si è inceppato, con i renziani che litigano su chi dovrà andare a rivestire il ruolo di assessore quando lo statuto sarà operativo. Scalpitano già per un ruolo in Giunta l’ex sindaco di Cosenza Salvatore Perugini, ed una donna di Reggio Calabria dal profilo «top secret».

Per non parlare di Forza Italia: la formazione berlusconiana, capitanata dalla pasionaria Jole Santelli e dall’ex fittiano Pino Galati, è pronta a chiedere e sostenere il referendum sulla revisione dello statuto regionale. Del resto, affermano con forza gli otto consiglieri regionali di Forza Italia, «le modifiche allo statuto volute dal centrosinistra non hanno l’obiettivo di rendere più snella la macchina regionale, ma – spiegano in una nota – servono soltanto a consentire al governatore Oliverio di risolvere i problemi della sua maggioranza, distribuendo incarichi e posizioni di potere che comporteranno soltanto ulteriori costi per i cittadini». Ma questo del referendum è il primo dei problemi del Pd calabrese, visto che il Consiglio regionale potrebbe essere dichiarato illegittimo. La legge elettorale con cui l’ex sindaco bersaniano di Cosenza Mario Oliverio ha vinto è al vaglio della Corte costituzionale dopo il ricorso della candidata del centrodestra sconfitta Wanda Ferro, arrivata seconda ma rimasta senza seggio. Senza trascurare che il governo nazionale, dopo un lungo braccio di ferro, ha già scippato la Sanità alla Regione nominando un commissario ad acta, Massimo Scura, di origine lombarda (Gallarata), e con una lunga esperienza nella sanità toscana. Insomma, a sette mesi dalle elezioni, la Regione più povera d’Italia continua ad essere governata dall’immobilismo e dal malcostume.

 

Twitter: @GiuseppeFalci

TAG: calabria, Carlo Guccione, giunta, mario Oliverio, Matteo Renzi, Pd, Vincenzo Antonio Ciconte
CAT: Partiti e politici

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