Theresa May Premier, il segnale più forte della sconfitta conservatrice

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13 Giugno 2017

L’8 Giugno si è votato nel Regno Unito per eleggere i membri della cosiddetta Camera dei comuni (la camera bassa britannica) con un risultato sorprendentemente positivo per il Labour, nonostante siano arrivati secondi ai conservatori e non abbiano la possibilità di formare alcuna maggioranza. Al contrario, per i Tories arrivati primi con una percentuale persino maggiore di due anni fa (42%), questa tornata elettorale rappresenta una cocente sconfitta se non addirittura una disfatta, e per comprendere le ragioni di queste affermazioni quasi paradossali è necessario fare un passo indietro e spiegare gli antecedenti di queste elezioni.

 

Fonte: theguardian.co.uk

Innanzitutto è opportuno notare che il termine naturale della legislatura era il 2020, e la scelta di elezioni anticipate è stata unilateralmente presa dal governo. La motivazione addotta dal primo ministro era la volontà di un mandato “forte e stabile” per contrattare l’uscita del Regno Unito dall’UE, il che potrebbe apparire sensato se consideriamo che non era lei il candidato indicato dai conservatori alle precedenti elezioni e che il partito dell’ex primo ministro godeva di una maggioranza parlamentare di soli 4 seggi, resa ulteriormente critica dalla spaccatura tra soft-brexiter e hard-brexiter interna al partito. La vera ragione che ha spinto Theresa May ad indire elezioni anticipate erano però i felici risultati delle amministrative ed i sondaggi sulle intenzioni di voto dei cittadini isolani: un esempio su tutti, un sondaggio pubblicato da YouGov il 19 Aprile dava ai conservatori il 48% dei voti contro il 24% dei laburisti, che tradotto in seggi avrebbe significato per la May portare la propria maggioranza parlamentare a ben oltre i due terzi. In altre circostanze chiunque avrebbe considerato sconsiderata la scelta di un leader che rinuncia alla propria maggioranza per un risultato incerto, ma la forza di tali numeri hanno spinto molti a credere che la scommessa della May fosse vincente.

I sondaggi prima delle elezioni vedevano la May partire favorita, per poi assistere ad una grande rimonta di Corbyn. Fonte: Wikipedia

In quest’ottica va dunque considerato il risultato delle elezioni, non tanto una vittoria del leader laburista ma una disfatta della May e del partito conservatore, il quale perde 12 dei suoi precedenti 330 seggi e dunque la maggioranza assoluta (di 326 seggi nel Regno Unito). Spiegare come sia stato possibile ribaltare quella che appariva come una condanna per il partito laburista è molto difficile, ma sicuramente molto va dato alla campagna incentrata sulle tematiche sociali di Jeremy Corbyn, leader laburista che è riuscito nell’impresa di canalizzare il voto dei giovani e di rendersi credibile agli occhi dell’opinione pubblica. Nel campo conservatore una campagna disastrosa e piena di inciampi della “robotica” May hanno ugualmente contribuito. Assieme alla May escono sconfitti anche i nazionalisti scozzesi che a causa del recupero dei laburisti si vedono rubare parecchi seggi, molti dei quali finiscono però in mano ai conservatori per via dell’uninominale secco britannico; lo stesso vale per l’UKIP, letteralmente disintegrato, mentre il Partito LiberalDemocratico resta stabile dopo l’insuccesso delle precedenti elezioni.

Fonte: New York Times

Non sorprende dunque la felicità dei supporter laburisti, che han visto aumentare i propri seggi significativamente e son passati dal 30% al 40%; così neppure la delusione dei conservatori, che han visto definire la propria leader “umiliata”, “screditata”, “scemata” da diverse testate giornalistiche britanniche. In un sondaggio uscito ieri, quasi il 60% degli iscritti del suo partito vorrebbero si dimettesse, ciononostante la May si appresta a formare un nuovo governo con il gruppo di estrema destra nordirlandese, il Partito Unionista Democratico (DUP). Com’è possibile, dunque?

Quasi i due terzi dei membri del Partito Conservatore vorrebbero le dimissioni della May. Fonte: dailymail.co.uk

La risposta è in realtà semplice. In questa fase chiunque potrebbe soffiare il ruolo di leader all’interno del partito conservatore e tra questi troviamo in prima linea Boris Johnson (ex sindaco di Londra, capo della fazione dei pro-Brexit nel partito conservatore sin dai tempi del referendum), Amber Rudd (ministro degli interni inglese, che si è quasi vista soffiare il posto alle ultime elezioni, ex-remainer), Davis Davis (ministro per la brexit, fortemente euroscettico) e Michael Fallon (soft-brexiter, attuale ministro della difesa). Ciononostante non si vedono i segni di una sanguinosa lotta interna al partito, e la ragione di ciò è che nessuno vuole governare in queste condizioni. Il ruolo di primo ministro è sicuramente ambito da molti, ma governare con una maggioranza incerta, in coalizione con un partito estremista e con di fronte le trattative più difficili della storia del Regno Unito, sarebbe un suicidio politico pressoché per chiunque. Per questo la May si appresta a formare un nuovo governo, per quanto la riuscita di questa impresa sia tutt’altro che certa. Eppure il fatto che non ci sia nessuno che sgomiti per il ruolo politico più importante del paese è il segno più evidente della lacerante sconfitta conservatrice.

Fonte: metro.co.uk; edited by: PA Graphics

A complicare ulteriormente il quadro, è la situazione in Scozia ed in Irlanda. In Scozia la rimonta dei laburisti a favore dei nazionalisti scozzesi ha favorito i conservatori, i quali son riusciti ad eleggere numerosi parlamentari approfittando della contesa tra gli altri due partiti di centrosinistra. Questo ha fatto sì che l’unica vera vincitrice nel campo dei conservatori fosse Ruth Davidson, leader del Partito Conservatore e Unionista Scozzese, la quale ha acquisito molta forza all’interno del partito e potrebbe persino ambire alla più alta carica del paese. Favorevole ad una very soft brexit ed omosessuale, la Davidson vede di cattivo occhio un’alleanza con il DUP per via delle loro posizioni anti-abortiste, anti-LGBT e creazioniste, e fonti affermano che potrebbe persino star pensando di rendere i conservatori scozzesi autonomi dalla sede centrale. Contemporaneamente anche la partecipazione del DUP al governo è problematica: il Sinn Féin (partito indipendentista e socialdemocratico dell’Irlanda del Nord, principale contendente del DUP) lo accusa di mettere in discussione l’Accordo del Venerdì Santo così facendo, il che è in parte vero prevedendo questi la neutralità dei governi del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto alle questioni interne nordirlandesi. Se consideriamo che furono quegli accordi a risolvere la questione nordirlandese e garantire la pace nella zona, l’accusa è di un certo rilievo e mette in difficoltà gli unionisti.

Ruth Davidson, leader dei conservatori scozzesi

Dalle parti di Jeremy Corbyn il clima è invece tutt’altro che negativo, da queste elezioni è uscito rafforzato sia all’interno del suo partito che nel paese. Un suo approdo al numero 10 di Downing Street non è impossibile, tanto che il sito di scommesse William Hill lo dà come favorito alla successione di Theresa May con un pagamento di 11/10. Immediatamente dopo di lui, Boris Johnson viene pagato solo 5/2. Che i conservatori potrebbero volersi liberare della patata bollente di un governo debole e incerto è un’ipotesi credibile secondo molti.

Jeremy Corbyn alla sede centrale del partito laburista subito dopo la conferma dei risultati. Fonte: dailymail.co.uk

Che succederà, dunque? Innanzitutto esiste la possibilità che la May riesca a formare un governo con il DUP e diventi primo ministro, ma le probabilità di sopravvivenza di un tale esecutivo appaiono risicate, tanto che George Osborne (ex braccio destro di Cameron) l’ha definita una “morta che cammina”: la Gran Bretagna avrebbe l’esatto opposto di una guida “forte e stabile” di cui la May affermava giustamente di aver bisogno per portare avanti le trattative per la brexit e tenersi al riparo da sgambetti parlamentari, tutt’altro che improbabili. D’altra parte, Jeremy Corbyn che diventa primo ministro alla guida di un governo di minoranza appare ugualmente improbabile, sia perché i numeri difficilmente glielo consentirebbero, sia perché nel Regno Unito rappresenterebbe uno sgarbo istituzionale che il secondo arrivato diventi primo ministro. Dalla sua avrebbe però che la coalizione comprendente il Partito Nazionale Scozzese, i liberaldemocratici ed altri partiti minori (i 4 seggi del Plaid, partito socialdemocratico gallese, ed il seggio dei Verdi) avrebbe un’ampia maggioranza del voto popolare (55%) e che il suo partito ha fatto della soft brexit uno dei suoi punti programmatici. Questo scenario è verosimile solo nel caso in cui nel partito conservatore ritenessero che andare al governo finirebbe solo per indebolirli e volessero far naufragare un eventuale governo Labour ad elezioni anticipate. Sembrerebbe ugualmente inverosimile che un conservatore voglia un passaggio di testimone assumendosi le responsabilità di guidare una maggioranza così malconcia, mentre qualsiasi altra coalizione appare impraticabile, avendo tanto i LibDem quanto i nazionalisti scozzesi chiuso le porte ai conservatori.

Le probabilità di nuove elezioni entro l’anno secondo i maggiori siti di scommesse. Fonte: oddschecker.com

Al netto delle possibili alleanze, lo scenario di nuove elezioni entro un anno appare forse il più probabile, così anche secondo i siti di scommesse e numerosi opinionisti e politici, tra cui un ministro in anonimato e lo stesso Jeremy Corbyn. Nel frattempo i conservatori hanno la possibilità di scegliere se far logorare la May, se disarcionare quest’ultima per preparare un nuovo leader, oppure passare il testimone ai laburisti. Molto dipenderà dagli equilibri interni ai conservatori e per ora May ha superato il primo test importante, quello della “Commissione del 1922” dei conservatori. Il secondo passaggio sarà il voto in seguito al discorso della regina, quando annuncerà le leggi che il governo vuole approvare entro l’anno. Doveva essere il 27 Giugno, ma il protrarsi delle trattative tra DUP e Tories rende molto probabile una posticipazione. Essendo la situazione molto instabile ed in continua evoluzione non ci sentiamo di fare previsioni, ma è tutt’altro che impossibile che la politica inglese ci regali qualche altra sorpresa inaspettata nelle prossime settimane.

TAG: Jeremy Corbyn, politica internazionale, Regno Unito, Theresa may
CAT: Partiti e politici

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