Il “trionfo” di Meloni non esiste, ma fa comodo ai dirigenti del PD

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28 Ottobre 2022

La mattina del 26 settembre tutti i giornali raccontavano il trionfo di Giorgia Meloni. Eppure, dati alla mano, la destra guidata dalla neoeletta Presidente del consiglio non ha trionfato. Al contrario; la coalizione ha perso 100 mila voti rispetto alle precedenti elezioni del 2018. Il trionfo di Giorgia Meloni, in realtà, è la catastrofe di Enrico Letta e dei dirigenti democratici che, però, preferiscono assecondare la narrazione secondo cui Meloni ha stravinto le elezioni per non dover rispondere dei propri errori.

I 12 milioni 300 mila voti raccolti dalla destra il 25 settembre sono il secondo peggior risultato raggiunto dalla coalizione

Nessuno sembra essersene accorto, tutti impegnati a raccontare la storia della prima donna Presidente del Consiglio più a destra dai tempi di Benito Mussolini. I numeri, però, raccontano che i 12 milioni 300 mila voti raccolti dalla destra il 25 settembre sono il secondo peggior risultato raggiunto dalla coalizione sin dalla fatidica discesa in campo di Berlusconi nel 1994. Peggio di oggi fece soltanto l’alleanza PdL-LN-FdI nel 2013, fermandosi sotto i 10 milioni di voti. Nel 2018, la coalizione a trazione salviniana tra FI, FdI, Lega, e “Noi con l’Italia”, col suo al 37,00%, superava i 12 milioni 410 mila voti. Ancora meglio fece il Cavaliere prima di portare l’Italia sull’orlo della bancarotta nel 2011 con Tremonti e Bossi:

 

Al 60% dei seggi vinti corrisponde un ben più misero 43% dei voti espressi da poco più del 63% degli aventi diritto: solo un quinto degli italiani ha votato i partiti che da questa settimana ci governano. Eppure ovunque, anche e soprattutto nell’opposizione, si è accettata la narrazione della ‘landslide’ di Giorgia Meloni. Perché se riconoscesero che non c’è stato alcun trionfo, allora, i dirigenti del PD dovrebbero riconoscere di aver abbandonato in partenza una partita che poteva essere vinta. Quei 12 milioni di voti presi dalla destra inchiodano alle loro responsabilità Enrico Letta e chi ne ha assecondato le scelte perché poco meno di 12 milioni sono anche i voti raccolti da centrosinistra e M5S.

Rompendo col Movimento 5 Stelle il PD ha rinunciato a giocarsi una partita ampiamente contentabile.

Rompendo col Movimento 5 Stelle, iinvece, il Partito Democratico ha rinunciato a giocarsi una partita ampiamente contentabile. Le motivazioni di questa rottura, poi, sono talmente inverosimili (il “tradimento” di Draghi) che non vi crede nemmeno chi crede ancora a Babbo Natale. Si fa piuttosto strada il pensiero che la situazione del Paese sia così disperata che il PD abbia voluto lasciare che Giorgia Meloni andasse a schiantarsi contro le difficoltà del prossimo inverno, per poi tornare nella stanza dei bottoni presentandosi come l’unica forza responsabile in grado di farsi carico del governo del Paese. Da luglio sto provando a cercare una spiegazione più logica e verosimile di questa e non l’ho trovata.

 

Del resto, non si capisce come nel PD – e nel resto del centrosinistra – nessuno si sia ancora dimesso. Letta, Speranza, Fratoianni e Bonelli sono ancora segretari dei rispettivi partiti e partitini. Malpezzi e Serracchiani erano presidenti dei gruppi PD nella scorsa legislatura e sono state confermate in questa. Tinagli, Provenzano e tutta la segreteria dem è rimasta al suo posto. Ci si prepara alle primarie che incoroneranno il prossimo segretario, un nuovo “primus inter pares” che si guarderà bene dal toccare Franceschini, Guerini, Orfini, Orlando, De Luca, Emiliano, capicorrente e “notabili” con le loro liste di vassalli, valvassini e valvassori.

Sarebbe bastato un piccolo sforzo unitario – ostinatamente rigettato dai dirigenti del PD – per scrivere un’altra storia.

Perché, invece, nessuno si è ancora dimesso? Perché, nel PD, si sentono solo le critiche di Marcucci e di chi vorrebbe un partito sdraiato sotto i piedi di Renzi? Perché nessuno chiede conto a questo gruppo dirigente della rottura coi cinquestelle? Perché nessuno s’è ancora scusato e dimesso dai propri incarichi? Sarebbe bastato un piccolo sforzo unitario – ostinatamente rigettato dai dirigenti del PD – per scrivere un’altra storia. I dirigenti dem non hanno più alcuna credibilità per guidare (o anche solo fare) l’opposizione: con le loro decisioni si sono resi a priori responsabili morali dell’arretramento che maggioranza e governo imporranno al Paese. Se non si faranno da parte, in fretta, tutti quanti, trascineranno a fondo con sé non solo il PD ma l’idea stessa di centrosinistra messa insieme da trent’anni.

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CAT: Partiti e politici

2 Commenti

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  1. evoque 1 anno fa

    All’interno del Pd si discute, anche troppo e poi si fanno i congressi, io direi di aspettare il congresso prima di dire questo non si è dimesso quell’altra nemmeno. Gli altri partiti, nessuno escluso, che cosa fanno? La ola per il capo-branco…

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  2. antonio-casella 1 anno fa

    Ottimo articolo.
    C’è un errore di battitura nella locuzione “una partita ampiamente contentabile” anziché “una partita ampiamente contendibile”.

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