Vincono Conte, Zingaretti e Di Maio, nell’autunno difficile di Salvini e Renzi

21 Settembre 2020

Tanto tuonò che, alla fine, non cadde neanche una goccia.
I risultati delle elezioni regionali che va consolidandosi in queste ore restituisce al domani un’Italia che assomiglia molto a quella di ieri. Con equilibri però più solidi, un governo che esce rafforzato e la sostanziale certezza che la legislatura durerà almeno fino alla prossima elezione del presidente della Repubblica, cioè fino all’inizio del 2022.

La partita, lo sappiamo, si giocava sulle regioni che presentavano un esito più incerto, la Toscana e la Puglia. Nella prima, con il governatore uscente non ricandidato, il candidato del centrosinistra Eugenio Giani aveva il compito di difendere la regione rossa per eeccellenza dall’assalto della centrodestra, guidato dalla canidata leghista Susanna Ceccardi. La partita è stata a lungo raccontata come incerta, ma in realtà il centrosinistra si afferma con un discreto margine di sicurezza, anche se di una misura esigua rispetto ai fasti che furono. Resta che anche qui, dopo l’Emilia, l’assalto è stato respinto. Diversa, e per certi aspetti più significativa, anche perché certamente più sorprendente, l’affermazione netta di Michele Emiliano nella sua Puglia. Lì la partita sembrava davvero apertissima, complice lo storico radicamento del M5S, che correvano soli come del resto in tutte le regioni, e una candidatura solida per il centro destra, come quella di Raffaele Fitto.
Questi due successi, insieme alle scontate e comode conferme di Luca Zaia in Veneto, Vincenzo De Luca in Campania e Giovanni Toti in Liguria, e alla vittoria del candidato di FdI Acquaroli nelle Marche, compongono un quadro la cui cornice è il successo del sì al referendum confermativo.Proviamo ad analizzare vincitori e sconfitti, di oggi ma soprattutto di domani, alla luce di questi risultati.

Conte, il suo governo e la sua presa sul governo escono sicuramente rafforzati. Accortamente, il premier ha evitato di esporsi in prima persona sia nelle campagne elettorali locali che in quella per il referendum. Ha lasciato che fossero i partiti a vedersela, rafforzando così l’immagine di leader istituzionale più che politico. Ma è chiaro che da un risultato referendario che premia anzitutto il Movimento 5 Stelle, e da un esito elettorale regionale che invece vede tenre il pd e uscire ridimensionato il centrodestra, almeno rispetto ad alcune aspettative, ha tutto da guadagnare. Anche perché, se mai ce ne fosse stato bisogno, adesso sarà a tutti chiaro che a questa maggioranza non c’è alternativa.

Zingaretti e la sua leadership silenziosa, mimetica, a tratti invisibile, segnano un punto a proprio favore. Un punto importante, se si considerano le premesse. Soprattutto in Puglia infatti, il candidato del Pd Emiliano vince contro il centrodestra, i 5 Stelle e la candidatura di testimonianza di Italia Viva, che aveva puntato su Ivan Scalfarotto per provare a rompere le uova nel paniere. Soprattutto, con la doppia affermazione di Puglia e Toscana e nonostante la sconfitta marchigiana, il segretario respinge diversi assalti che erano pronti a essere lanciati alla sua leadership dall’interno del partito. Bonaccini scalpitava, Gori chiedeva il congresso, un ipotetico fronte del nord che arrivava anche al sindaco di Milano  chiedeva discontinuità? Per il momento Zingaretti resta al suo posto, e piuttosto tranquillamente.

Luigi Di Maio e il Movimento 5 Stelle raccolgono le solite briciole alle elezioni amministrative, rafforzando la sensazione di essere in una fase discendente per il partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.Tuttavia, possono ragionevolmente rivendicare la vittoria del referdum sul taglio dei parlamentari come una vittoria propria, e tanto basterà a farli sedere al tavolo delle trattative politiche con una certa forza. Per un movimento che nasceva per essere forte nelle piazze e digiuno dei rituali di palazzo non è male.

Salvini ha imboccato il viale del tramonto? Presto per dirlo, ma dall’estate del Papeete per il Capitano sono state più che altro amarezze. Ma se la grande impresa sfiorata in Emilia Romagna, poi rimasta a Bonaccini, poteva ancora dare il senso di una forza e di un carisma in espansione, questi risultati invece sembrano consolidare la fine della fase espansiva. Della Toscana abbiamo detto. I risultati leghisti al sud sembrano confermare che il piano per trasformare la Lega in un partito compiutamente nazionale è fallito. Ma soprattutto, a far pensare, è il Veneto. Terra leghista per antonomasia, conferma Luca Zaia con circa tre quarti dei voti validamente espressi. Il punto però è un altro: la lista Zaia prende tre volte tanto, circa, i voti raccolti dalla Lega. Non è la base per un dualismo o per una sfida per la leadership nazionale che Zaia per il momento sembra del tutto disinteressato a lanciare. È piuttosto la fotografia dei rapporti di forza su un territorio senza il quale, tuttavia, per la Lega non c’è futuro.

Giorgia Meloni non può cantare vittoria, a fronte di questi risultati di coalizione, ma puó rivendicare di aver l’unico presidente che strappa dalle mani del centrosinistra una regione storicamente radicata, come le Marche. Francesco Acquaroli vince sulle macerie di un modello di sviluppo tutto da ripensare, e conferma che il centro Itallia è ormai la vera terra di conquista possibile per la destra italiana. Di certo, tra le forze di opposizione non è lei a uscire ridimensionata, anzi.

Matteo Renzi si ritrae festante con Giani e De Luca (!), provando a cavalcarne i successi come propri in virù dell’alleanza tra Italia Viva e Pd in Toscana e Campania. Tace, ovviamente, sulla Puglia, dove aveva spiegato tante volte che la scelta di candidare autonomamente Scalfarotto era stata motivata dalla testardaggine del Pd che aveva riproposto Michele Emiliano. La scommessa è stata ampiamente perduta, e per il momento l’ambizione di fare di Italia Viva un ago della bilancia della politica italiana sembra relegata al campo delle velleità. Anche questa, a ben guardare, è un’assicurazione sulla vita per la legislatura e il governo Conte. Dopo il voto, i parlamentari a disposizione dell’ex premier, saranno sicuramente meno di oggi. Sempre a patto di averne qualcuno.

 

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CAT: Partiti e politici

Un commento

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  1. evoque 4 anni fa

    Pare che Renzi voglia ritornare nel Pd..La pecorella che torna all’ovile?

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