Ma quelli di sinistra sono (stati) inevitabilmente più onesti

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22 Novembre 2014

Ha sbagliato decisamente tempo e scelta di tempo, Maurizio Landini, e neppure una retromarcia patetica e affannata lo ha sottratto a una figuraccia planetaria. Su questo ha ragione il direttore de «Gli Stati Generali», sono uscite che possono spostare voti, innervosiscono sino all’orticaria, ti fanno dire: ma che razza di sindacalista è uno che la mette ancora sulla Morale, su quella divisione antica che portava il Pci a considerarsi moralmente superiore, più per una questione culturale che per fatti puramente materiali (finanziamento sovietico e altro)? Una visione del mondo e dei propri simili che è stata alla base del grande fallimento di una certa sinistra, i cui guasti, come ci raccontano le cronache, non si sono ancora estinti.

È un dramma che un sindacalista molto esposto come Landini se ne esca con una leggerezza da scuola elementare, rovinando soprattutto la storia di un popolo (del popolo di sinistra). Da autentico dilettante allo sbaraglio, introduce una novità sostanziale rispetto al passato, perché parla dell’elemento disonestà all’interno del circuito stesso della sinistra, un esperimento mai tentato prima neppure dai più avventurosi e spericolati moralisti. Perché molti di quelli che votano e voteranno Matteo Renzi sono di sinistra, convintamente di sinistra, e poco vale inquinare il pozzo di quelli che ci credono con la litania che Matteo Renzi è un destro. Perché se lo votassero solo i destri (la parte a cui piace), l’ex sindaco di Firenze non vincerebbe.

Ma è soprattutto un dramma perché una dichiarazione così sventata rischia di offuscare una verità storica. E cioè che quelli di sinistra sono (stati) sì più onesti. Qui il giochino, caro a qualche terzista in servizio permanente effettivo, sarebbe quello di specificare più onesti di chi. Sappiamo che è un giochino a cui molti sono affezionati, ma non cambia i termini del problema. Semplificando male, si potrebbe concludere: tutti quelli che di sinistra non sono (stati). Ma sarebbe riduttivo.

La realtà è che per il popolo di sinistra essere stati più onesti degli altri non è stata una vocazione, come la visione del Pci voleva imporre all’esterno, ma più semplicemente una costrizione del pensiero (e delle opportunità). E questa differenza sostanziale ci riporta alle radici del sentimento dell’onestà: è davvero un’inclinazione dell’animo umano, si direbbe sentimentale, o piuttosto una pura e semplice tecnicalità, che abbiamo appreso e che ci è stata tramandata dalle nostre famiglie, da un certo modo di pensare la società e il mondo, dall’aver frequentato i nostri simili? Con il che forse concludere che l’onesto non è affatto più virtuoso degli altri, ma semplicemente più stratturato in quella condizione (condizione naturalmente a cui si può sfuggire).

Quelli di sinistra sono (stati) più onesti perché l’accesso alle pari opportunità (sociali ed economiche) è risultato sempre più difficoltoso, perché una certa condizione di vita sembrava essere un destino ineludibile, perchè in quella condizione di vita, spesso faticata e tecnicamente umile, si potevano ritrovare sussulti di orgoglio e di dignità che probabilmente in altri orti, in altri giardini, erano più rari, se non inesistenti.

E giusto per non fare l’anima bella, anche le diverse condizioni economiche hanno fatto. E qui, su questo aspetto tormentato delle condizioni economiche, la primazia morale della sinistra è stata evidente soprattutto per costrizione. Si potrà eccepire (ed eccepite pure): ma si può considerare più onesta, più virtuosa, una persona che non può infrangere la legge solo perché non ne ha la possibilità tecnica? Questo è certamente un bel dilemma da dibattere e che coinvolge i governi, le società che si sono succedute in questo mezzo e più secolo di sviluppo. Perché queste società, che hanno partorito questi governi, hanno creato le condizioni «prime» perché una certa fetta di cittadini, quella economicamente più vocata, potesse accedere felicemente a  quel bivio fondamentale per cui porsi la domanda fondamentale: voglio essere onesto o disonesto? Perché per essere disonesti, ci volevo un terreno di coltura e tutti i governi ne hanno creato le condizioni migliori, alimentando disordine e lassismo, e così segnando quella linea netta di demarcazione che è l’immensa evasione fiscale che abbiamo sotto gli occhi.

Il paradosso è che questa opportunità il popolo della sinistra non l’ha avuta (e se l’ha avuta è in minima parte). Per questo è stato più onesto. Magari anche per costrizione, ma è stato più onesto.

 

TAG: berlinguer, Matteo Renzi, maurizio landini, questione morale
CAT: Partiti e politici, Politica

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