12 Giugno 2015
“Il modo in cui si vive diventa una soluzione biografica a contraddizioni sistemiche” (Beck).
“C’è quindi una forte domanda di singole grucce su cui gli atterriti individui possano appendere collettivamente, anche se per breve tempo, le loro paure individuali” (Bauman).
Così, Beck e Bauman – tanto per citare due tra i tanti “giganti” – descrivono la condizione postmoderna. Individui che hanno perso le proprie certezze e le proprie appartenenze (sociali, politiche, culturali) e che si trovano soli, spaesati, a vivere una quotidianità “piena” (di informazioni, “momenti” ed emozioni), ma una vita “vuota” (di certezze, progetti e prospettive).
Tocqueville – per citare un altro gigante – sosteneva che liberare le persone può renderle indifferenti e che l’individuo (la persona liberata da tutto) è il peggior nemico del cittadino. Perché l’individualizzazione – risultato inevitabile e “necessario” della modernità – porta alla fine di ogni senso di comunità. Se non quelle effimere e fragili, per lo più generate da paure e ansie collettive.
E come esce un insieme di individui (non una comunità) da queste paure? Aggrappandosi ad altri individui, ovviamente. Le “singole grucce” di cui parla Bauman. La vicenda di mafia capitale lo sta dimostrando appieno: nessuno si affida ai partiti, allo Stato, alle regole, per cercare la “svolta culturale” della società. Tutti si affidano a Cantone, a Sabella (l’incredibile “assessore alla legalità” di Roma Capitale. Incredibile la formula, non la persona), a Pignatone (il Procuratore senza macchia e senza paura), a Marino (per coloro che credono alla sua capacità di “fare pulizia”), a Gabrielli (per chi, invece, non crede a Marino) e così via.
Eccola dunque la dimostrazione plastica della “sentenza” di Beck: “contraddizioni sistemiche” – perché pare fin troppo evidente quanto fosse sistemico quel meccanismo – affidate a “soluzioni biografiche” (magistrati VIP e un Sindaco-Chirurgo chiamato a “curare” Roma).
Inutile sottolineare che, in una fase storica in cui la politica ha la legittimazione sotto i piedi (record di sfiducia nei partiti e nel Parlamento), tali individualità eroiche devono prima di tutto avere un pedigree a-politico (magistrati in primis), se non anti-politico. Il che spiega anche la crescita del Movimento 5 Stelle, che ancora non ha presentato un nuovo candidato a Sindaco della Capitale, ma anche lì farà fede la “soluzione biografica” per trasformarlo subito in una gruccia individuale: un “cittadino” incensurato, pronto a tagliarsi lo stipendio, sarà inevitabilmente competitivo.
Competitivo per cosa però? Quale sarà la conseguenza di questo “gioco al massacro”, in cui la classe politica si è infilata per demeriti propri e per aver inseguito un mutamento sociale e culturale che chiede “eroi” e “capri espiatori” come scorciatoie cognitive per (far finta di) risolvere i problemi? Sarà, inevitabilmente, un effetto “palla di neve”. I problemi collettivi aumenteranno e le soluzioni individuali saranno sempre meno in grado di risolverli. Davvero crediamo che un “cittadino” messo in Campidoglio dall’oggi al domani sia in grado di guidare una città da 3 milioni di abitanti (e 4 milioni di city users), 1300 km quadrati di superficie (9 volte Milano), 24 mila dipendenti (oltre 50 mila con le municipalizzate), 15 miliardi di debiti, ecc.? Il cittadino di cui sopra può essere la persona più moralmente integra della Terra, ce lo auguriamo tutti. Ma quello è un prerequisito. Poi tocca governare una macchina che dire “complessa” è un eufemismo. E di sicuro non basta tagliarsi lo stipendio, o urlare “onestà, onestà”, per governare.
Tuttavia, questo è un altro tratto tipico dell’homo politicus dei nostri giorni: il potere di cambiare le cose si riduce e di conseguenza aumenta l’appello al volontarismo (volere è potere). Ma, come dice Salmon, “se questa potenza non ha più i mezzi per esercitarsi, il volontarismo non produce alcun effetto. Occorre dunque che cresca esponenzialmente d’intensità, che si manifesti con ancora più forza per recuperare credibilità, manifestazione che contribuisce ad accentuare il senso d’impotenza dello Stato. È la spirale della perdita di legittimità”.
Ergo, oggi più che mai servirebbero lo Stato, i partiti, le comunità, la “sfera pubblica”, per affrontare razionalmente – e non emotivamente – un cambio di paradigma necessario quanto lungo e complesso. Ma ho chiaramente evocato cinque concetti ormai fuori moda e fuori tempo massimo.
Ci toccherà saltare di gruccia in gruccia, assistendo alla morte della politica (in diretta e in mondovisione) e continuando a invocare un nuovo Cantone (o un nuovo Pignatone) che ci liberi dal male.
Amen.
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