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Fisco

O di riffa o di raffa

di Federico Gnech
16 Ottobre 2019

So bene che l’argomento è ormai archiviato e che nessuno ha chiesto a Giggino perché, invece di ridurre il numero dei nostri rappresentanti, non si sono ridotte del 36,5% le indennità dei novecento attualmente previsti. Figuriamoci. Il sorriso smagliante del nostro ministro degli esteri ha sancito la storica vittoria grillina e il popolo è soddisfatto, quindi perché ritornare a parlare del “taglio dei parlamentari”? È presto detto. Lo schema retorico del governo, già proposto tante volte in passato, prevede uno Stato che si fa più virtuoso ed è quindi nella posizione di pretendere un cincinin di virtù in più dai propri cittadini; Così, ora che la maggioranza giallorossa ha fatto risparmiare ai Tagliàni ben cinquantesette milioni di euro (un caffè all’anno a testa), in occasione della legge di bilancio 2020 ai suddetti Tagliàni viene chiesto, per l’ennesima volta, di non evadere le tasse. Si chiede di fare come il povero stronzo del sottoscritto, lavoratore dipendente che raggiunge i millecento euro con due part-time e che tuttavia deve restituire soldi all’erario – pagando oltretutto di tasca sua gli errori del sostituto d’imposta, essendo appunto un povero stronzo. Si chiede ad esempio di battere tutti gli scontrini evitando di scaricare l’iniquità del fisco, il rischio d’impresa e le asprezze del mercato su tutti gli altri contribuenti. Si chiede di accettare pagamenti con carta anche a certi pittoreschi ristoratori che nei nostri centri turistici acconsentono a un solo tipo di “strisciata”, quella della coca che li ha resi incapaci di distinguere il pesce fresco da quello putrefatto. Si chiede insomma di diventare un paese adulto – la civiltà è bella che sepolta, non si arriva a pretendere tanto. Ma in che modo lo si chiede? Con le buone, naturalmente, perché il tagliàno ricorda il cuore della canzone di Lucio Dalla, “è come un bimbo libero/appena dici che non si fa/lui si volta e si offende”, e va quindi ammansito, blandito, al limite anche circuito – l’operazione che riesce più facile al legislatore – e soprattutto gli si deve chiedere cento per avere dieci, a voler essere ottimisti. L’ideale sarebbe rendere il triste obbligo fiscale divertente come un gioco – meglio ancora se gioco d’azzardo, un’attività per la quale i Tagliàni spendono cento miliardi di euro l’anno: tre manovre pari a quella che ci attende. E infatti, tra le “misure radicali” annunciate qualche settimana fa da Giuseppi, ritroviamo proprio la cosiddetta “riffa degli scontrini”, un’idea diffusa altrove da decenni – nella ridente Malta, ad esempio – che il governo Gentiloni ha approvato tre anni fa senza poi attuarla. In sostanza, il cittadino-consumatore dovrebbe essere incentivato a chiedere lo scontrino, poiché esso costituisce un vero e proprio biglietto di lotteria. Cifra stanziata per il montepremi: settanta milioni di euro, ossia tredici milioni in più della cifra risparmiata tagliando i parlamentari. Ecco, io trovo che tutta questa vicenda sia meravigliosa e che non abbia davvero più senso infastidire le persone con le solite fantasie di riforma di un paese irriformabile. È tutto bellissimo e si vince pure qualche cosa, coi numeri buoni. Se posso permettermi soltanto un’ultima, unica critica al governo: quei tredici milioni di differenza, quel tredici…non si potrebbe cambiare? Noi tagliàni siamo pure un poco superstiziosi, abbiate pazienza.

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