Governo
Giorgia Meloni e la strategia del nemico
Da Elly Schlein a Romano Prodi, passando per Maurizio Landini, George Soros, Roberto Saviano e le élite europee, la Premier ha costruito una narrazione basata sul “confronto” con gli avversari
Da quando è diventata Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha spesso fatto riferimento a una serie di “nemici” – politici, mediatici, ideologici – come parte centrale della sua narrazione. Non sempre con la parola “nemico” in senso letterale ma con un uso retorico che chiarisce chi – secondo lei – ostacola il suo progetto di sovranismo, identità nazionale e trasformazione delle istituzioni. Si tratta di propaganda, non è una novità ma forse, manca un po’ di sobrietà.
Vediamo chi sono i soggetti che Meloni ha citato in questi anni come avversari, con citazioni e contestualizzazioni, (2022-2025).
I nemici “nominati” da Meloni
Elly Schlein: la nemica politica per eccellenza
- Un nome ricorrente nel discorso di Meloni è quello della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. Sul palco di Atreju nel dicembre 2024, Giorgia Meloni ha definito Schlein come uno dei suoi “nemici” politici.
- In un intervento parlamentare del 2025, la premier ha accusato Schlein di “gettare ombre e fango sull’Italia”, mettendo in dubbio la qualità della democrazia italiana.
- Sempre rivolta a Schlein, Meloni ha dichiarato: «difendiamo i lavoratori meglio della sinistra al caviale», contrapponendo il suo governo alla sinistra “ricca” e criticando la retorica dell’avversaria.
Romano Prodi e la “vecchia élite” del centrosinistra
- Meloni ha indicato anche l’ex premier Romano Prodi come nemico. Nel discorso di chiusura di Atreju (dicembre 2024), l’ha menzionato parlando di “insulti isterici” lanciati da Prodi nei suoi confronti, dai quali, ironicamente, lei “ha brindato”: “ogni patriota deve essere fiero di avere gli improperi di Prodi”.
- L’attacco a Prodi è parte della critica di Giorgia Meloni verso una élite “moderata” che a suo dire riveste ruoli chiave nel centrosinistra: per lei Prodi rappresenta un simbolo di quella corrente che ostacola la discontinuità politica.
Maurizio Landini e il muro contro muro con i sindacati
- Il leader sindacale della CGIL, Maurizio Landini, è un altro obiettivo dichiarato da Meloni. All’evento di Atreju, ha parlato di un “muro contro muro” tra il suo governo e Landini.
- In un momento di polemica, Meloni ha risposto a Landini che la definiva “cortigiana” (termine con una forte valenza simbolica) accusandolo di essere “obnubilato dal rancore”. Gli scioperi organizzati ultimamente, per la Palestina e per i laboratori contro la manovra economica hanno accentuato lo scontro.
George Soros: l’avversario simbolico della finanza globale
- Forse uno dei “nemici simbolici” più importanti nel discorso di Giorgia Meloni: George Soros. La premier lo ha più volte indicato come una figura che esercita un’influenza politica e finanziaria potenzialmente pericolosa.
- In particolare, Meloni sostiene che Soros finanzia partiti, associazioni e figure politiche, configurando una minaccia per la sovranità nazionale: «non va bene che uno usi risorse per condizionare governi», è un tema che lei ha ripetuto.
Roberto Saviano
- La figura di Roberto Saviano, scrittore e giornalista sotto scorta, è stata evocata come nemica simbolica. Dal palco di Atreju, Meloni ha affermato che “storie da raccontare nessuno le racconta, forse perché i camorristi fanno vendere molto di più” e ha accusato chi fa narrazione antimafia come lui di “monetizzare” la criminalità.
- Saviano ha replicato sui social: «Dimmi chi ti attacca e ti dirò chi sei».
- Giorgia Meloni ha affermato che “il pulpito di New York” di certi intellettuali internazionali (alludendo anche a Saviano) serve a dare “lezioni di moralità” all’Italia, ma “a pagamento”.
- In un discorso su Caivano, ha detto che le forze dell’ordine hanno liberato il territorio dalla criminalità: “non sono io il nemico, io sono una persona perbene”, contrapponendosi a ciò che definisce la narrazione mediatica di Saviano.
Media, cultura e “sistemi di potere”
Giorgia Meloni ha criticato in più occasioni quello che definisce un “sistema di potere culturale” radicato nei media, nella Rai e in parte del mondo culturale italiano. Secondo lei, questi contesti sarebbero storicamente orientati verso posizioni progressiste e ostili ai governi di centrodestra. La Premier ha promesso più volte di “liberare la cultura italiana da un sistema intollerante”, denunciando presunte distorsioni mediatiche e una rappresentazione ritenuta pregiudiziale nei confronti dell’esecutivo.
Le élite europee e il “globalismo” burocratico
Nel suo discorso Meloni ha più volte evocato una battaglia contro le élite europee, presentandole come burocratiche, tecnocratiche e distanti dai popoli. Al Circo Massimo (Atreju), ha avvertito che “molti tifano contro la nazione” e lavorano per frenarne la sovranità. Questo concetto si inserisce nella sua critica a un “sistema di potere globale” che, secondo lei, monopolizza risorse e decisioni politiche a discapito degli Stati nazionali.
Magistratura: tensioni e precisazioni
Il rapporto con la magistratura è più sfumato. Giorgia Meloni ha dichiarato di non considerare i pubblici ministeri suoi nemici, pur criticando alcune decisioni giudiziarie percepite come politicamente orientate. In alcune uscite pubbliche ha chiesto se “non siano alcuni magistrati a considerare il governo un nemico”, mantenendo così un equilibrio tra la necessità istituzionale di rispetto reciproco e una retorica di difesa nei confronti di possibili interferenze.
Perché Meloni costruisce sempre un nemico? La chiave retorica e la strategia dell’outsider
Nonostante sia al governo, Meloni adopera una retorica tipica dell’outsider, parlando come se fosse ancora contro un establishment costituito da élite politiche, mediatiche e finanziarie. Non tutti gli avversari sono semplici rivali politici: alcuni (Soros, le élite burocratiche, Saviano) servono come simboli di potere astratto, “globalista” o culturale.
La visione sovranista
La critica a Soros e alle élite europee si inscrive nella visione politica sovranista di Giorgia Meloni: lo Stato nazionale, pensa lei, deve difendersi da ingerenze esterne che limitano la libertà di scelta degli elettori e la sovranità. Attaccare figure come Landini, Schlein e Prodi le permette di delineare una base competitiva interna chiara: la sua destra contro una sinistra “ricca”, un establishment politico “moderato” e un sistema di potere stabile.
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