Legislazione
Blindare l’Italicum?
«La fiducia sull’Italicum? Tecnicamente si può fare, è stato già fatto, ma è prematuro parlarne perché lavoriamo per evitare il voto di fiducia che poi è l’extrema ratio». Così si è espressa il ministro Boschi in un incontro che si è svolto alla Luiss il 9 aprile. La dichiarazione ha evidentemente assunto un certo rilievo politico, soprattutto per la minoranza del Pd e per le opposizioni. D’altronde, come non leggere in queste parole un palese invito ad evitare di frapporre inutili ostacoli, pena il taglio di qualsiasi discussione o modifica al provvedimento in esame? Ma la fiducia rappresenta anche un mezzo per evitare sfaldamenti della maggioranza, per accelerare l’iter, per condurre in porto una nave che rischia di non rispettare la tabella di marcia. Ma i dubbi che porterebbe una tale manovra sono molteplici. Sotto il profilo quantitativo, il governo Renzi sta facendo un vero e proprio abuso del voto di fiducia. Dalla sua insediatura (22 febbraio 2014), lo ha utilizzato per ben 31 volte, una cifra considerevole che fa pensare ad un rafforzamento dei poteri del Premier e del suo governo. In un’indagine pubblicata da L’Espresso veniva tratteggiato un quadro veramente particolare, che non trova forse precedenti (se non nel caso del governo Monti, che presentava però delle peculiarità a tutti note) nella storia politica italiana degli ultimi venti anni.
E’ interessante riportare il passo di questo articolo: “Il canovaccio è quasi sempre lo stesso e prevede di liquidare in appena un paio di giorni e mezzo la discussione in Aula: si inizia il martedì pomeriggio e si vota il giovedì mattina. La frequenza è ormai tale che la capogruppo di Sel a Palazzo Madama, Loredana De Petris, ha tracciato un sarcastico parallelo con la tradizione gastronomica romanesca: «Ormai in Parlamento il giovedì c’è la fiducia, come gli gnocchi». Del resto il sincronismo è a volte davvero perfetto, come mostra il doppio salto mortale incrociato cui il governo ha costretto il Parlamento ad agosto: lunedì 4 fiducia sul decreto Competitività alla Camera, martedì 5 sul decreto sulla Pubblica amministrazione al Senato. Mercoledì 6 e giovedì 7 copione identico ma a parti inverse”. Ma le perplessità maggiori riguardano la natura del provvedimento interessato. Non una legge qualsiasi, ma la legge elettorale, quella che dovrebbe prevedere il meccanismo per trasformare i voti in seggi. Un atto quindi di grande rilievo, che deve essere scritto sentendo i pareri di tutte le forze politiche e per il quale la Costituzione vigente prevede espressamente il ricorso alla procedura normale di esame ed approvazione (art. 72, comma 4, Cost.), senza scorciatoie o salti a piè pari. I dubbi però si infittiscono guardando l’altro provvedimento attualmente all’esame in Parlamento, la riforma costituzionale.
In essa la materia elettorale è circondata da una serie di cautele. Si prevede, ad esempio, che la legislazione elettorale (ad eccezione della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni, che può essere disciplinata con provvedimenti provvisori con forza di legge) sia il frutto dell’esercizio della funzione legislativa congiunta delle due Camere. Inoltre, per essa si esclude anche la c.d. corsia preferenziale, ossia la possibilità per il Governo di chiedere alla Camera di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge ritenuto essenziale per l’attuazione del programma di governo sia inscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione, con possibilità di differimento di quindici giorni. Infine, la riforma prevede che la legislazione elettorale, entro dieci giorni dall’approvazione, su richiesta di almeno un quarto dei componenti della Camera o almeno un terzo dei componenti del Senato, possa essere sottoposta ad un giudizio preventivo di legittimità della Corte costituzionale, la cui pronuncia di illegittimità non ne permette la pubblicazione. Insomma, sono previste in questo disegno di legge costituzionale una serie di cautele e di attenzioni che manifestano una certa indifferenza nei confronti della tempistica e che sono favorevoli ad un attento ed approfondito esame, anche per ciò che attiene eventuali vizi di incostituzionalità.
Ed allora, se la riforma in atto mira ad innovare radicalmente la Carta fondamentale, è forse il caso di assegnare al testo all’esame in Parlamento anche una funzione di orientamento culturale che segni una netta cesura nei confronti del passato. Ove il Governo si ritrovasse in questo progetto e nei valori che esso incarna, dovrebbe, anche in assenza di un testo definitivamente approvato, evitare l’utilizzo di strumenti che limitino la discussione ed il confronto in Parlamento. Sarebbe questo un nuovo modo di concepire il confronto parlamentare ed un segnale molto forte verso il Paese del nuovo corso che questo Governo sta iniziando lentamente a percorrere.
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