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Legislazione

La “pistola fumante” e la riforma dell’art. 586 c.p.c.

di Biagio Riccio
7 Novembre 2020

“Pistola fumante” è un’espressione che fu utilizzata nell’inchiesta dello scandalo “Watergate “, negli Stati Uniti d’America, come la prova regina del coinvolgimento della ”Casa Bianca”. Infatti, prima che venisse indetta la procedura dell’Impeachment contro il Presidente Nixon, egli consegnò  i nastri che dimostravano il suo coinvolgimento e si dimise. Quei nastri erano “la pistola fumante”.
Nella strategia militare l’espressione assume anche un altro e diverso significato: privare il nemico dell’arma con la quale può ancora mietere vittime.
Se infatti gli viene sottratta la “pistola fumante”, lo si defrauda del “mezzo di attacco” più veemente.
Ed è il caso dell’art. 586 cpc che la magistratura di regime,
1- al servizio delle banche,
2- contro i debitori,
3- in oltraggio incipiente all’art.3 della Carta Costituzionale, interpreta in malo modo.
La norma attuale è di questo tenore: il giudice può sospendere il processo di vendita forzata – ed impedire, dunque, altre aste ed incanti – anche in sede di aggiudicazione, quando si accorge che il prezzo offerto sia non giusto, iniquo, al di sotto di quello di mercato.
Il problema sta nel fatto che la norma conferisce una facoltà, non impone un dovere. Ed i Magistrati, che propendono sempre per le banche, non vedono ciò che è trasparente alla mente, ciò che anche un cieco constaterebbe: molte aste si celebrano per beni sottostimati, sino al punto che il ricavato conseguito consente solo di soddisfare i crediti prededucibili dei professionisti d’accatto: custodi, consulenti tecnici, commercialisti, curatori, avvocati venduti.
Neppure i creditori privilegiati vengono a volte tacitati, con la conseguenza che la pendenza resterà per una vita intera.
Ecco che urge una riforma semplicissima: sostituire nella norma al verbo potere, il verbo dovere. Ed i Magistrati di livrea saranno privati della pistola fumante.
Se il magistrato, giudice dell’esecuzione, deve sospendere la vendita, la sua discrezionalità non declinerà nell’arbitrio.
Il dovere gli imporrà di motivare le ragioni per le quali consente (come avviene oggi) una vendita al di sotto dei valori di mercato: e questo non potrà più succedere, perché le sue ordinanze saranno impugnabili facilmente.
Si ponga mano alla riforma dell’art. 586 cpc: si sostituisca al verbo potere il verbo dovere.
Terminerà un massacro sociale.

giustizia magistrati
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