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Partiti e politici

Il No non è un partito, il Pd sì: è troppo chiedergli di fare politica?

di Marco Cappato
5 Dicembre 2016

Errare è umano. Che Renzi abbia voluto usare il referendum costituzionale per legittimare se stesso e il proprio governo è più comprensibile, vista la genesi del suo esecutivo e l’importanza da lui attribuita alla riforma, molto oltre il merito della riforma stessa.
Perseverare, però, nell’attribuire al fronte del NO una soggettività politica, è non solo diabolico, ma anche pericoloso, per tutti. Io che ho votato un personalissimo NO l’ho fatto per ragioni di merito in buona parte opposte a quelle di un’accozzaglia che era effettivamente tale. La natura stessa del referendum è questa: unisce ragioni e obiettivi diversi su un’alternativa secca. Questo è, ma non altro.

Secondo Renzi spetterebbe ora al fronte del no mettersi d’accordo su una legge elettorale. Non è così. Il no non era un partito, anche se lui ha fatto di tutto per farcelo diventare. Che Renzi a questo punto faccia un passo indietro, visto il significato da lui stesso attribuito al referendum, è un atto coerente, che Renzi sta compiendo con dignità e senso delle istituzioni. Ma questo vale per Renzi. Dire invece “io c’ho provato, mi avete detto no, adesso fatela voi la riforma” sarebbe una reazione puerile.
Renzi non è un partito. Il Pd, invece, è il partito di maggioranza relativa. Il Pd deve innanzitutto scegliere se restare attaccato al proporzionale con premio di maggioranza (che sia al partito o alla coalizione può interessare i partiti più che gli elettori) oppure proporre l’uninominale di collegio, nella direzione dell’accordo con Cuperlo. E magari oltre. A proposito di impegni, c’è anche quello preso in extremis con Radicali italiani per la realizzazione di un referendum act che potenzi gli strumenti di iniziativa popolare e referendaria.
Certo, sono impegni assunti nella prospettiva della vittoria del sì. Ma ora è responsabilità del Pd decidere se il contenuto di quegli impegni è comunque da difendere, oppure se abbandonarsi a una sorta di vittimismo istituzionale e consegnare il pallino della proposta a un partito che non esiste, facendo persino come se avesse il 60% dei voti.

Matteo Renzi
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