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Partiti e politici

Il partito delle ZTL oggi è quello di Calenda, non più il Pd

di Paolo Natale
13 Ottobre 2022

Non tutto il male vien per nuocere. Si potrebbe dirla così, per far digerire meglio la pillola al Partito Democratico. Perché se la concorrenza interna all’area di centro-sinistra si è fatta più accesa, grazie al discreto successo dell’alleanza Azione-Italia Viva, impedendo allo stesso Pd di migliorare la sua posizione delle scorse politiche, c’è anche un conseguente parallelo lato positivo: quella mancata crescita ha penalizzato il Pd soprattutto nelle aree centrali delle grandi città, togliendogli almeno provvisoriamente quell’antipatica etichetta di “partito delle ZTL”, oggi appannaggio dell’accoppiata Calenda-Renzi.
Nel Municipio 1 milanese, ad esempio, luogo-simbolo dei cosiddetti “vincenti della globalizzazione”, il Pd perde quasi 20 punti dalle ultime europee, politiche e comunali, ed il primo partito risulta appunto quello di Calenda. Se guardiamo dunque le mappe del voto metropolitano, vediamo oggi una distribuzione del voto dem molto più equilibrata, rispetto agli ultimi anni, con scarti minori tra centro e periferie; certo, questo è un effetto indotto in parte dallo scarso seguito del cosiddetto terzo polo nelle aree più decentrate, ma ciononostante potrebbe indirettamente favorire un possibile ritorno di attenzione nei confronti delle fasce più deboli della popolazione, ora che quelle più forti stanno trovando nuovi referenti politici.
È stata questa di fatto la vera altra sorpresa uscita dalle urne, accanto all’egemonia Meloniana dell’area di destra-centro: la sfida che la coppia Azione-ItaliaViva sta ponendo al Partito Democratico. Le speranze di Calenda e di Renzi di “fare il botto”, di raggiungere cioè un risultato almeno in doppia cifra non si sono realizzate, fermandosi un paio di punti sotto quella soglia. Eppure, già questo risultato non sarebbe certo insoddisfacente, se non ci fossero state aspettative così elevate e difficilmente raggiungibili. Inoltre, forse per la prima volta in occasioni elettorali, l’unione di due forze politiche in un unico soggetto ha visto crescere (anziché diminuire come accade quasi sempre) i consensi, andando oltre la somma dei due partiti presi singolarmente.
Era comunque un compito piuttosto difficoltoso raggiungere il 10-12%, soprattutto perché la proposta di Calenda andava a sollecitare un elettorato abbastanza simile a quello del Pd; effettivamente, i flussi di voto delle città elaborati dall’Istituto Cattaneo, oltre ad un altro paio effettuati da me, ci indicano come una parte significativa degli elettori di Azione-ItaliaViva provengano proprio dal Partito Democratico, tanto che la composizione attuale del nuovo partito è fatta per oltre la metà di ex-votanti Pd, o genericamente di centro-sinistra, unitamente ad una quota comunque significativa di ex-elettori di Forza Italia (per un terzo circa). La sfida continuerà evidentemente nei prossimi mesi, ma il dato proveniente da Milano, una delle poche roccaforti rimaste al Pd, è certo un segnale piuttosto significativo di come la sfida di Calenda possa avere in futuro riscontri positivi.

Università degli studi di Milano

Calenda Pd renzi
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