Partiti e politici
Io non ci sto!
Era il 3 novembre 1993, sembra archeologia, quando Oscar Luigi Scalfaro pronunciò il suo mantra: Io non ci sto! Sembra che le sue orme oggi siano seguite da Tajani, che vota coll’opposizione sul canone Rai, io non ci sto!
Certo, se Forza Italia si smarca dalla maggioranza di destrissima qualcosa significherà. Un segnale che non si può dire sempre di sì? Dubito che sia per qualcosa che va a vantaggio del cittadino, anche perché tutto ciò che è venuto fuori da quel partito, non dimentichiamolo mai, era Silvio pro domo sua, dalle leggi ad personam allo strapotere che tutti conoscono, ormai è storia.
Anche se Meloni e Salvini minimizzano perché vogliono mantenere una facciata (dietro la quale, però, c’è ben altro che l’armonia, come fosse una quinta cinematografica sul burrone) la frattura sembra esserci. In genere la destra vota compatta, compattissima, qualsiasi cosa. Il votare coll’opposizione, stavolta, può avere un significato ben preciso: guardate che se non ci siamo noi la maggioranza non c’è.
Vuoi vedere che prima o poi Forza Italia si unisce ai progressisti? Ne abbiamo viste talmente tante che potrebbe anche succedere, abbiamo visto confluire nell’ex PCI perfino le frattaglie della Democrazia Cristiana, rimesse su dall’estetista per renderle presentabili, per cui Forza Italia, dove la chirurgia estetica è di casa, potrebbe essere imbellettata da qualcosa di apparentemente progressista. Nel cercare di non far morire di stenti il partito del fu Cavaliere la metamorfosi è di certo una possibilità e magari è l’occasione di prendere, o, meglio, di mostrare al pubblico di prendere, le distanze dagli psicofascisti, le cui fiamme non sono una scenografia così indispensabile per la Forza Italia post equitem. La quale, obtorto collo si è trovata in compagnie imbarazzanti colla nuova Lega sempre più alla deriva verso l’ultradestra e col fratellame d’Italia (che al confronto sembra un partito di colombe, sempre mannare, eh, non allarghiamoci) in posizione predominante ma non si sa fino a quando. I segni di cedimento ci sono anche se sono nascosti da sorrisi e siparietti, e faccine, specialità della casa, perché si vede che Meloni mal sopporta il suo vice leghista che, pur di superarla, si è imbarcato nella Grande Crociata ancora più psicofascista della sua.
Sembra che queste siano le vere occupazioni del governo, fare a gara a chi reprime di più, chi cancella più diritti, chi dice più minchiate.
E gli eredi Berlusconi, che vorrebbero ricominciare ad avere un ruolo un po’ più importante, come quando c’era Lui, alzano la cresta. Anche perché, da quando c’è Lei, Giorgia catalizza tutta l’attenzione e questo crea problemi di invidia, vizio assai diffuso in politica.
Prima o poi, in un campo che potrebbe diventare larghissimo, ci sarà un confronto col fronte progressista dove chiederanno di entrare, o qualcuno glielo chiederà, a Forza Italia: suvvia, abbandonate i nostalgici, vi garantiamo che qui di comunisti non ce n’è rimasto nemmeno uno.
Il fenomeno culturale e sociale del partito del Silvio nazionale è essenzialmente mediatico, effimero, basato sul terziario. Non c’è nulla, se non aria fritta, che il Cavaliere abbia lasciato al Paese. Non ci sono grandi opere come una biblioteca, un teatro, una città della scienza, come a Parigi, ma Mitterrand era un’altra cosa. Non gli passava nemmeno per l’anticamera del cervello a Supersilvio di essere ricordato per un teatro. E non avrebbe immaginato che gli avrebbero dedicato un aeroporto. Chissà se gli sarà venuto in mente di chiamare Berlusconia la sua Milano2. Ma forse non gli interessava poi così tanto, solo soldi, palanche, danè. E gnocca. Quello faceva i propri interessi per sé e i figli, si tuffava nei suoi giornali, i suoi negozi, le sue ville ovunque, le sue ballerine. Del paese che diceva di amare, in realtà, non gli fregava che una cosa: che gli elettori lo votassero perché lui era come un padre per tutti. E firmava contratti cogli italiani, esibiti ovunque, seppur farlocchi.
Il paternalismo, per gli italiani, è la chiave; se individuano una figura potente, che sia padre o madre, ne vengono sedotti e diventano dipendenti. È la sopravvivenza del cordone ombelicale. Se poi è una specie di Babbo Natale che porta i doni, allora è fatta.
Ma una cosa è se lo fa il Cavaliere colle sue doti di imbonitore, sviluppate in anni di pratica di vendita porta a porta, imparandosi a memoria il barzellettiere e aggiornandolo, un’altra sono i suoi scialbi eredi che difficilmente reggono il confronto con cotanto padre. E di tutti gli uomini del presidente, senza il catalizzatore, resta ben poco.
Se ci fosse stato Silvio questo strapotere della biondina non si sarebbe esasperato così tanto né il narcisismo nefasto di Salvini avrebbe avuto la lievitazione che abbiamo visto, perché di narcisi ce ne poteva stare uno solo, ed era lui, il Cavaliere d’Italia.
Ma sic transit gloria mundi e possiamo realizzare che le cose hanno tutte un inizio e una fine, nonostante le persone sbattano le ali come farfalle in una scatola, trafitte dallo spillo. Quest’agitarsi è il sintomo del malessere che la scomparsa di Supersilvio ha causato. Oggi mi viene un po’ di latino, fa chic, fa nostalgia per quello che un tempo era la scuola. E poi mi ricorda la famosa uscita di Supersilvio a Roma che raccontava al mondo la storia della nascita della civiltà latina, da Romolo e Remolo. Che bei tempi.
Non crediate che lo stia a rimpiangere, assolutamente! Noto solo che, poiché si era circondato di persone mediocri per potere emergere, tanto gli ordini li dava sempre e solo lui, adesso quelle persone mediocri si trovano a governare e, soprattutto, hanno dei compagni di squadra con cui fanno finta di andare d’accordo, e si vede e si sente.
Spero che nessuno, se si dovesse presentare l’occasione in futuro, accolga Forza Italia in un’alleanza democratica, perché allora il partito degli astensionisti arriverebbe ben oltre le cifre già raggiunte, sebbene i famosi comunisti che Supersilvio additava come i nemici più acerrimi (e come continuano a fare i surrogati Meloni e, soprattutto, Salvini, quando parla di zecche rosse, toghe rosse, senza mai guardare le zecche nere, di cui lui è il leader), non siano più all’orizzonte, anzi.
Ma lo spettro “comunista” ha sempre il suo effetto, perfino quando non c’è più, mentre ormai “fascista” è diventato quasi un complimento; c’è chi lo rivendica con orgoglio, sempre la solita Santanchè, un po’ in penombra ultimamente, afflitta da processi vari.
Ma nemmeno in un ipotetico centro, dove starebbero Calenda e Renzi, ognuno col suo piccolo orticello di votanti, Forza Italia sarebbe a suo agio. Bisognerebbe farlo capire agli eredi. Il Terzo Polo è un’aberrazione, i poli sono solo due, il Polo Nord e il Polo Sud, come ci insegna la Geografia. Azione e Italia Viva, che hanno voluto immaginarlo per forza, quel Terzo Polo, si sono sciolti per il cambiamento climatico. E le due cerbiatte, mannare anche loro, Gelmini e Carfagna, tornano all’ovile forzista, mica vogliono stare coi perdenti, quelle, il campo largo non fa per loro. Ma non è detto che, col trasformismo che caratterizza la politica italiana, non si ritrovino nello Stagno Largo senza volerlo: le ochette nel pantano vanno piano piano piano…
Che desolazione. Per favore, qualche cervello si faccia avanti: Habemus Pippam. Forse anche Pippas, al plurale.
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